V Video

R Recensione

6/10

Bjork

Biophilia

Il rischio con le operazioni di transumanza tecnologica come “Biophilia” è mangiucchiarsi a puro contorno il fine, schiacciato sotto il peso della sovrastruttura-interfaccia-mezzo e dei mille link di un perfido touch-screen. Il fine sarebbe il banalissimo ascolto di quei dieci-pezzi-dieci negli auricolari (“Headphones”). La fine quella ben nota del supporto audio “fisico”. D'altronde a Bjork Gudmundsdottir piace azzardare e fin dalla sua miglior stagione, che potremmo archiviare nella cartella-file “Un’Islandese A Londra”, dimostra un karma-killer da impavida trapezista circense. Nel mezzo un tribolato corollario di stalker psicolabili, crolli nervosi, il sadico Von Trier, l’incontro con il figo scultore multimediale Matthew Barney, un figlio, la grande fuga nella Grande Mela. E una lunga, compiaciuta, sterile fase di autismo artistico che avevi voglia di urlargli “tornatene fra i geyser insieme alle stradannate vocali aperte come il vulcano Grimsvotn e liberaci dalle tue cantilene.” Amen.

“Medulla” e “Volta” (già colpevole di una copertina traumatica) ambivano a estremizzare i suoni e le idee dei lavori “londinesi” con Nellee Hooper, Tricky, Howie B etc., crogiolandosi spesso nella loro voglia esasperata d'avanguardia per le masse e in un onanismo creativo degno di Nadia Cassini. Avete presente la pasta al pesto e pomodori? 400 gr circa di pasta, cento di pancetta, una confezione di pesto, pomodorini e sale. A me il pesto agita la parete intestinale. Qualche dolorino gastrico, ecco. Bjork era diventata una pasta al pesto cubica, variavi il peso degli ingredienti del suo proverbiale art-electro-pop-ancestrale e il risultato aveva sempre il gusto statico di un congresso annuale del PD, in un ciclico replay di suggestioni pagane e ricerca metafisica, biologia versus utopia naturalistica, scienza indagatrice dei misteri della vita e del cosmo, stupore, meraviglia, oooh e aaah per l’infinito universo in origine simile a un “cold black egg” (più vicini al Benigni ecumenico-dantesco che al sincero umanesimo malickiano).

Magari il prossimo lo chiama “Flora Et Fauna”, intanto Lei parla d’intensi processi educativi fra musica e natura neanche fosse ospite a Geo & Geo. Tuttavia “Biophilia” segna un timido scarto rispetto alle ultime prove, almeno in teoria. Tradotto: temo lo ricorderemo fondamentalmente perché primo album-app di un’artista globale, concepito sull’iPad attraverso un programma che muta in algoritmi fenomeni naturali quali solstizi, cristalli di minerale o virus infettivi (!), non-oggetto multitasking smaterializzato tra i pixel minimalisti dell’iMac mentre scaricate dall’iTunes Store immagini e giochi interattivi a 99 centesimi per traccia. San Steve Jobs che sei nei cieli ti ringraziamo anche per questo. Non bastasse ai tablet-maniaci cotanto hype hi-tech le note promozionali a margine della produzione di Bjork e dei smanettoni electro-dubstep 16Bit c’informano della bontà degli strumenti ibridati ad hoc per la mastermind nordica, segnalo alle future generazioni la mitologica “gamelesta” che unisce gamelan e celeste, una bobina di Tesla usata a mo’ di basso e pendoli disposti in modo da sfruttare il movimento terrestre, e che il quasi cageiano brano “Hollow” ha una complessa architrave armonica in diciassette-ottavi.

Ok, tutto interessante, tutto molto adeguato al profilo chic e neo-avanguardista che la signora Barney tiene dal 2001 del prezioso “Vespertine”, ma la scintilla, le “canzoni”, la polpa emozionale? I fiabeschi rintocchi acustici della Joanna Newsom folk-astrale di “Moon” (arpa di Zeena Parkins) e l’organo a canne che soffia droni mesti sulle superbe contorsioni di voci e vibrazioni digitali in “Thunderbolt” preservano una certa fascinazione e lo stesso singolo “Crystalline”, con trascurabile video del solito Gondry, non delude nelle sue voragini di beats schiumosi, campanelli e schegge drum’n’bass da “5 Years” in sedicesimo. Io, se proprio devo, scelgo una catatonica “Cosmonogy”, che disperde granuli di morbida Kate Bush e cori femminili tra gli abissi e le nebulose stellari, l’incedere gothic-tronico di “Sacrifice” e gli echi ectoplasmatici della scheletrica “Dark Matter”, che infatti è scritta con Mark Bell.

L’ordinaria amministrazione bjorkese vaga nel consueto limbo dell’eroina techno-pop di Reykjavik, con il podio minore occupato dall’incompiuta Nico Post-mortem di “Solstice” e da alcuni goffi rimandi al passato nel carillon manierista di “Virus” (commovente love-story fra un agente patogeno e lo sfigato ospite) e nell’urto pseudo-industrial che spezza la falsa quiete liturgica di “Mutual Core”. Piccole auto indulgenze, insomma, che non noteranno troppo gli avventurieri della strombazzata applicazione by Apple. Per tutti gli altri sarà dura provare l’entusiasmo fanciullesco di Cartman sul trenino ciuf ciuf del signor Jefferson.

V Voti

Voto degli utenti: 5,6/10 in media su 7 voti.
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Wrinzo 7/10
Teo 6/10

C Commenti

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Wrinzo (ha votato 7 questo disco) alle 16:29 del 24 ottobre 2011 ha scritto:

Un po' meglio di così...

Mah, non so. HO ascoltato Biophilia attentamente, e sinceramente non ci trovo più quella volontà di fare d'avanguardia. Bjork ha forse smesso di compere sul fronte delle avanguardie? All'alba dell'ennesimo album, ha forse smesso di bramare la perfezione?

Io, dalla mia parte, non la biasimo. Ha ormai raccolto un discreto numero di fan, che l'ascoltano anche se i suoi lavori non fanno impazzire la critica (vedi Volta). Aspettavo da tempo quest'album, non mi sento di dire che possa essere eccelso ma alcune tracce smuovono ancora quelle emozioni di quando ascolto i suoi grandi lavori. Smettiamo di guardare al suo passato e giudicare per ciò che ha fatto, cercando di essere oggettivi: Biophilia è un lavoro più che discreto. Aggiungete un 1/2 voto al 7.

salvatore (ha votato 6 questo disco) alle 12:34 del 29 ottobre 2011 ha scritto:

Beh confesso che con ripetuti ascolti è calato ancora un pochino. Continuo a ritenerlo il migliore dai tempi di vespertine (l'ultimo album veramente ispirato del folletto islandese, giunto dopo i primi tre capolavori). Un 6,5 direi, grazie soprattutto a brani come Crystalline, Moon , Cosmogony e Virus (sicuramente la mia preferita, con un'intuizione melodica degna dei suoi brani più ispirati) che si ascoltano con molto piacere e mostrano una Bjork ha ancora qualcosa da dire, con la speranza che la smetta di prendersi così troppo sul serio, ché malgrado tutte le stramberie tecnologiche e di fruizione dell'album - tutte cose che mi lasciano da sempre tiepidino e che non ho voluto nemmeno approfondire - biophilia resta un lavoro molto più semplice di quello che cerca di sembrare.

D'accordo quindi con Wrinzo: l'avanguardia ormai è più un'intenzione che una reale componente musicale

bill_carson (ha votato 3 questo disco) alle 21:27 del 30 ottobre 2011 ha scritto:

merda mediatica