R Recensione

7,5/10

Django Django

Born Under Saturn

L’originalità della proposta e il colpo di scena erano sicuramente due dei motivi che contribuirono a rendere il debutto dei quattro inglesi uno dei casi del 2013, motivi che valsero anche la nomina al Mercury Prize. Aggiungiamo una manciata di singoli ficcanti e danzerecci, con il loro immaginario western-folk-futuristico ed ecco che questo seguito, “Born Under Saturn” non poteva che essere uno dei dischi più attesi dell’anno.

Nati sotto il segno di Saturno” è la traduzione di un titolo di critica dell’arte molto diffuso nelle università anglosassoni, che propugna la tesi dell’artista come figura devota alla sofferenza. Niente di meno adatto ad un disco come questo, che riesce ad essere divertente senza essere schizofrenico, ma a loro piaceva il nome.

Diciamo subito che pur avendo apportato delle modifiche al suono, la proposta non si è spostata di molto e inizia a tratti a mostrare la corda.

L’elemento ritmico è ancora pronunciatissimo, ma messi da parte esotismi ed esuberanze percussionistiche, quello che emerge è una weird disco-music molto più compatta ed arrangiata. E le cavalcate nel far-west roteando il lazo in aria? Le troviamo ancora in “Shake And Tremble” e “4000 Years” ma molto più annacquate.

I cori, invece, quelli sono onnipresenti, più che nell’esordio; ed è qui che sta l’inghippo e al tempo stesso il punto di forza. Linee melodiche come quelle di “Shake And Tremble”, “Begin To Fade” (una lenta jam di pop psichedelico dal retrogusto vintage, con un incastro pressochè perfetto dei versi), “Pause Repeat” (diretta da un piano che fa tanto Scissor Sisters) restano ai livelli di una “WOR”, mentre altre canzoni tirate un po’ troppo per le lunghe, come “Giant” (il cui finale avrebbe meritato di arrivare prima) avrebbero beneficiato di un piccolo taglio.

I primi singoli estratti mostrano un legame più forte con l’esordio: “First Light” e “Reflection” (con il suo gustosissimo assolo di sax) si pongono come ponte, introducendo nuovi elementi alla già variopinta tavolozza: emergono insistenti batterie elettroniche di contrappunto e basi di synth (“Shot Down” più di altre), oltre che un lanciatissimo piano ritmico.

Meglio dell’esordio, se la cavano i pezzi lenti: “Begin To Fade” (dove la parentela con la The Beta Band diventa anche musicale oltre che genetica) o una “High Moon” dove le stratificazioni sonore raggiungono la migliore compenetrazione con una linea vocale quanto mai ricca.

Allora qual è il problema? I Django Django sono fisicamente incapaci di comporre una canzone meno che catchy, di fatti abbiamo un album composto da 13 potenziali singoli (chi più chi meno) che però fanno fatica a filare se presi tutti insieme. La colpa è forse di un appiattimento degli arrangiamenti e della presenza dei cori tutti armonicamente identici; tant’è che dopo i primi ascolti si fa un po’ di fatica a scindere le varie canzoni.

Non possiamo garantire che alla terza prova l’equilibrio rimanga stabile, fatto sta che per adesso i quattro studenti d’arte si sono lasciati alle spalle zigzagando con noncuranza la tanto temuta seconda prova. 

V Voti

Voto degli utenti: 6,8/10 in media su 3 voti.
10
9,5
9
8,5
8
7,5
7
6,5
6
5,5
5
4,5
4
3,5
3
2,5
2
1,5
1
0,5
Cas 6,5/10

C Commenti

Ci sono 6 commenti. Partecipa anche tu alla discussione!
Effettua l'accesso o registrati per commentare.

Cas (ha votato 6,5 questo disco) alle 11:22 del 17 giugno 2015 ha scritto:

Qui, a mio parere, si fa meglio che nell'esordio (che proprio non mi era piaciuto). Pezzi come "First Light", "Reflections", "Shot Down", tra insight melodici e strutture più articolate del solito (cenni di rave, balearic, dance), fanno la differenza. Per il resto, però, continuo a mal digerire il loro modus operandi: strutture compositive semplificate, basate su un motivo melodico ripetuto e un innesto ritmico, più armonizzazioni vocali a profusione (un pezzo come "High Moon", ad esempio, lo trovo davvero pedante). Continuo a considerarli (e probabilmente sbaglio) i cugini "sfigati" degli Alt-J...

Sor90, autore, alle 12:38 del 18 giugno 2015 ha scritto:

Il primo è da 7 per me, ma come ho detto al terzo album non potranno restare cristallizati in questa formula. Dissento su "High Moon" che secondo me è lavoratissima (l'altra faccia dell'essere pedante, forse ) e sui cugini sfigati degli Alt-J, (magari i punti di contatto c'erano più nell'esordio) dopo la cacata mollata l'anno scorso non meritano di avere cugini sfigati. Resto comunque del parere che preso in pillole quest'album sia davvero divertentissimo.

Sor90, autore, alle 12:41 del 18 giugno 2015 ha scritto:

Scusa il doppio commento. Volevo aggiungere che sono esterefatto dalla marea di commenti negativi sotto la rece del primo disco, anche da gente che non mi sarei mai aspettato. E che è ahahah

Cas (ha votato 6,5 questo disco) alle 14:34 del 18 giugno 2015 ha scritto:

già, era stato abbastanza sputtanato questo però secondo me può raccogliere più consensi

Gio Crown (ha votato 7 questo disco) alle 12:07 del 25 giugno 2015 ha scritto:

a me piacciono e anche molto! Mi era piaciuto tanto il primo...sarò un po' fissata ma mi riportano ad epoche lontane a cavallo tra '50 e '60. A qualcuno fanno venire in mente certi Beach Boys e altre band di quell'epoca, specie per i cori?

Tuttavia concordo col recensore...alla fine anche se meravigliosamente piacevole e orecchiabile, i suoni e i pezzi si confondono e anche le voci "...La colpa è forse di un appiattimento degli arrangiamenti e della presenza dei cori tutti armonicamente identici; tant’è che dopo i primi ascolti si fa un po’ di fatica a scindere le varie canzoni"

Peccato perchè secondo le potenzialità di fare qualcosa di diverso e di più originale ci sono tutte

Franz Bungaro (ha votato 7 questo disco) alle 12:49 del 14 settembre 2015 ha scritto:

Carino, ma il primo era molto meglio.