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R Recensione

6/10

Dum Dum Girls

Too True

Passa anche tu al lato oscuro (cioè quello luminoso) degli ‘80s, quello patinato e graffiante, infilati stivaloni e strizzati in un vestito di pelle nera, atteggiati in pose provocanti in un immaginario edonistico e sali a bordo di una decappottabile, fuggendo verso il tramonto con “Like a Virgin” sparata a palla.

Così si è completata la metamorfosi delle Dum Dum Girls da ragazze da cameretta a sexy panterone ammiccanti (vedere copertina dell'esordio). Non che una certa fascinazione per i riflettori mancasse negli episodi precedenti che, in fin dei conti, condividono con questo “Too True” gli stessi difetti, ma non i pregi.

Il vecchio sound lo-fi non c’è più, al suo posto un timbro molto più pulito, un singolo d’impatto come “Bedroom Eyes” non è stato invece sostituito; “Rimbaud Eyes” è un pop rock aggressivo ma fin troppo ripetitivo, funziona meglio la sensualità voluttuosa di “The Lost Boys And Girls Club” con le sue chitarre acide e il suo passo avvolgente su una progressione melodica molto british. Gli episodi piacevoli non mancano, la tarantiniana “Cult of Love” con le sue chitarre twang o “Are You Ok?” che con la sua melodia lavorata e i synth malinconici dimostra che sarebbe bastato poco per evitare quella monotonia di fondo che caratterizza il disco, in particolar modo per quanto riguarda la batteria e il suo quattro quarti a rullante amplificato onnipresente.

Una certa aura dreamy avvolge ancora le canzoni, come il lento finale “Trouble Is My Name”, che un po’ come tutto l’album non riesce ad andare oltre la sufficienza.

Capitolo a parte per i riferimenti fatti dalla ragazza, Suede e Stone Roses, francamente irrintracciabili, ma si sa che questo tipo di dichiarazioni lascia il tempo che trova. Ben più centrati i nomi di Patti Smith, MadonnaPat Benatar, insomma, quel sound che da un’uscita Sub Pop difficilmente ci si aspetterebbe, ma questo è un altro discorso. Dal catalogo Dum Dum Girls tiriamoci fuori un best of e siamo tutti contenti.

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