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R Recensione

8/10

Esben And The Witch

Wash The Sins Not Only The Face

Il miglior pregio di un disco, a mio parere, è quello di creare un’atmosfera, un immaginario; i dischi che ci riescono sono quelli che lasciano un’impronta più forte.

Wash The Sins, Not Only The Face” è uno di quei dischi. Gelido, roboante e allo stesso tempo intimo.

Potremmo definirlo dark wave, ma dal sound assolutamente attuale, dream pop, dei più scuri e shoegaze, per non dimenticare la coltre di chitarre che spesso ricopre le canzoni. Si potrebbe pensare ad altri gruppi dalla voce femminile (Siouxsie And The Banshees, Cranes) ma i riferimenti suonerebbero ingenerosi nei confronti degli Esben And The Witch, che alla seconda opera hanno maturato uno stile personale, nonché poco chiarificatori. Rispetto all’esordio, il clima si è fatto meno cupo, più aperto e la composizione ne ha guadagnato in solidità e ordine. Un caos che si è riusciti a imbrigliare. I riff di chitarra lampeggiano e si nascondono fra le nebbie, come nell’ipnotica “Slow Wave”; menzione speciale per il barbuto chitarrista in grado di tirar fuori riff e arpeggi immediatamente riconoscibili. I synth stanno sullo sfondo, riempiono gli spazi, mai invadenti e creano attesa (il passo felpato di “Shimmering”).

Non si pensi che questo sia un disco privo di muscolarità, la sezione ritmica è ben in evidenza e fende con forza lo strato sonoro. La batteria trae la sua forza dalla dirompenza dei pattern, protagonisti assoluti nella prima parte del disco (la cavalcata di “When The Head Splits”). I feedback graffiano e sferzano con la forza del freddo vento del nord sui paesaggi disegnati dai delay (“Iceland Spar” e “Despair”). Su tutto regna incontrastata la voce della cantante Rachel, intenta a salmodiare o a recitare dolci filastrocche, è sempre perfetta e suadente. I testi tracciano scenari oscuri e ammalianti, di angoscia interiore. Molte sono le citazioni, il titolo stesso viene da un’iscrizione in una chiesa di Istanbul. La fredda dolcezza di “Deathwalz”, in costante mutazione e con un cantato ricco di hooks, è il singolo più riuscito e segna la prima, praticamente perfetta, metà del disco.

La seconda parte del disco rallenta, sembra quasi di essere guidati, nel corso dell’album, lungo un sentiero mentre si è inseguiti dalla tempesta, fino a quando non si giunge ad un oasi di calma, una radura circondata da eco dalla quale si intravedono le stelle mentre beep inquietanti risuonano da chissà dove in “Putting Down The Prayer”.

Il momento di massimo raccoglimento è rappresentato dalla stupenda “The Fall of Glorieta Mountain”, dal cui nome ci si aspetterebbe un pezzo roboante invece di questa sommessa meraviglia, non troppo distante dagli XX. Gli ultimi tuoni in chiusura, nei 7 minuti ben costruiti di “Smashed To Pieces In The Still Of The Night”.

Quando un disco come questo finisce, è strano tornare al rumore di tutti i giorni.

V Voti

Voto degli utenti: 6,9/10 in media su 11 voti.
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rubiset 7,5/10
4AS 7,5/10
target 6,5/10
brian 6,5/10
REBBY 6/10

C Commenti

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benoitbrisefer (ha votato 7,5 questo disco) alle 17:09 del 20 settembre 2013 ha scritto:

Ottima prova, bella e puntuale la recensione, cuore, mente e orecchie soddisfatti!!

Gio Crown (ha votato 6 questo disco) alle 12:21 del 24 settembre 2013 ha scritto:

Ciò che apprezzo di meno di questo pur ben confezionato lavioro è la voce sottile della cantante...forse andrà bene per l'armonia dell'insieme ma la melodia portante perde la sua forza e sembra essere sopraffatta dagli strumenti. No, davvero, il confronto con Siouxsie and the Banshees non regge! Vogliamo paragonare la voce di Siouxsie Sioux e le sonorità artigianali ma potenti e incisive del vecchio gruppo con questa dolce e suadente colata di melassa, anche se piacevole e sicuramente ben arrangiata e orchestrata? Senza nulla togliere all'eleganza del prodotto finale manca proprio della vitalità dei Banshees

Direi azzeccato invece il richiamo agli XX ai quali mi sembrano fin troppo simili...stessa carezzevole monotonia

4AS (ha votato 7,5 questo disco) alle 14:31 del 24 settembre 2013 ha scritto:

Non ci sento forti somiglianze con Siouxsie. Tantomeno con gli XX (per fortuna). Sicuramente alcuni gorgheggi della cantante ricordano altri gruppi gothic, ma non trovo somiglianze spudorate. Mi piacciono molto i pezzi più eterei (Slow Wave, When That Head Splits e Shimmering sono formidabli) meno quelli più corposi, con qualche "schitarrata" sopra le righe. Nel complesso album godibile.

Dr.Paul (ha votato 6 questo disco) alle 14:40 del 24 settembre 2013 ha scritto:

anche io sento poco-niente di the xx, siouxsie molto di più, ma in dose più massiccia nel primo (migliore) album. in questo lavoro sono le composizioni a mancare....parere mio.

Sor90, autore, alle 18:00 del 24 settembre 2013 ha scritto:

Infatti, nel primo album si sentiva di più il fattore "Siouxsie", non a caso ho scritto che sono stati capaci di creare un suono personale. Il paragone con gli XX è riferito unicamente a "The falling of glorieta mountain", che nei momenti più vuoti a me ha ricordato "Angels", non ci allarghiamo

Dr.Paul a me il primo non ha entusiasmato, troppo monocorde (soprattutto il cantato) tirato per le lunghe... qui è evidente un avvicinamento a una forma canzone più compiuta, prendi Deathwalz, con cambi di ritmo e sequenza perfetti, un hook dopo l'altro. Anche i pezzi più rarefatti li trovo più composti, se così si può dire.