Split Cranium
I'm The Devil And I'm OK
Impossibile, e forse anche inutile, entrare nel merito e nel credito di tutte le uscite discografiche cui mette mano (e corde vocali) Aaron Turner, una delle personalità artistiche più poliedriche e prolifiche (di ciò che rimane dell)underground metal americano. Sia sufficiente mettere ordine tra la produzione di recentissima uscita: che, dopo Bonds Of Prosperity dei Thalassa, un live inedito dei suoi Isis risalente al 2010 e il doppio squillo dei Sumac dinizio anno (lo split con Keiji Haino e il live WFMU, ma attenzione al nuovissimo Love In Shadow previsto per il prossimo mese ), annovera la resurrezione di un altro supergruppo, i poco frequentati Split Cranium, fermi dal trascurabile esordio omonimo di sei anni fa e alle prese con un paio di aggiustamenti in line up (Tomi Leppänen per Jukka Kröger alla batteria, Nate Newton di Converge e Old Man Gloom per Samae Koskinen al basso).
Di tutte le sue incarnazioni, gli Split Cranium rappresentano senzaltro lanima più bellicosa e lineare della scrittura di Turner, qui coinvolta in un teso e sfiancante gioco crust al rialzo senza, per la verità, troppa fantasia. Qualcuno una volta scrisse che, conoscendo i fondamentali Discharge, Okkultokrati, Amebix e certi Extreme Noise Terror , si poteva dire di conoscere con buona approssimazione lintero genere: analisi severa ma corretta. Im The Devil And Im OK non nasconde nemmeno lontanamente la sua intenzione di venir marchiato come disco di genere: lunico, vago elemento di rottura della formula è costituito dai synth gelidi e sacrali di Faith Coloccia (moglie di Turner e con lui già coinvolta negli eterei Mamiffer), una sorta di contraltare al vortice incessante di riff e paradiddle che, a partire dalliniziale Evil Hands, si abbatte con tutta la sua potenza massimalista. Tra mancati anthem oi! amplificati a volumi insostenibili (The Age Of Embitterment), midtempo corali che sembrano sfaldarsi e tracimare nel noise (Ingurgitated Liquids), brutali monsoni di feedback frastagliati da rientri dark ambient (Pain Of Innocence), rovinosi tracolli nel metal (Death Bed-The Yellow Room) e melodie aliene a comparire tra uno stop&go e laltro (Heavy Daughter), due sono i brani chiave: il ko tecnico motörheadiano di Whirling Dusk Fennesz al commento dei loro grandi capolavori hardnheavy e la title track conclusiva che, pur durando un minuto di troppo, sviluppa alcune interessanti traiettorie emozionali.
Non dare la sufficienza sarebbe ingeneroso e scorretto, ma nulla in Im The Devil And Im OK suscita particolare interesse, nulla spicca chiaramente sul resto. La colonna sonora dei momentanei e virulenti accessi dira: questo rende forse lidea meglio di qualsiasi altra descrizione.
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