R Recensione

9/10

Sword Heaven

Entrance

Modern times.

2007: un anno come tanti, di questo Nuovo Millennio. Guerre, disuguaglianze sociali, ingiustizie ed ipocrisie varie, avvelenamenti assortiti, effetti serra, attriti socio/politici: la ricetta è, più o meno, sempre quella, da almeno tre decenni. Eppure, nonostante tutto, sebbene si sia acquisita una nuova coscienza, nel 2007 continuano ad essere prodotte delle opere riguardanti l’amore, i rapporti sociali, l’affetto. Soprattutto nel mercato discografico: quanti bei cd usciti quest’anno, delicati, soffusi, romantici, carichi di energie positive, tra scampanellii, strombettate, ispirazioni pianistiche, coretti, cantati morbidi e, quasi, timorosi di uscire allo scoperto. Quanti begli oceani di ispirazione artistica, nei quali perdersi per ore ed ore, salvo poi accorgersi che la realtà ha le sembianze di una ciminiera grigia e fumosa e il prato verde che sbucava nel tuo inconscio germoglierà, rigogliosamente, solo e soltanto nel tuo inconscio.

Gli Sword Heaven, invece, preferiscono non illudersi con piccole gioie momentanee e, anzi, decidono di affrontare di pieno petto le brutture della nostra epoca.

Dentro a questo nuovo “Entrance” non ci sono testi, non ci sono canzoni, non ci sono ritornelli, non ci sono chiasmi ritmici o palpitazioni armoniche, non ci sono soluzioni personali, non ci sono arrangiamenti, non ci sono cromatismi più o meno chiaroscurali. Oserei dire, anzi, che non c’è nemmeno una via d’uscita.

La copertina, nera e minimale, rappresenta alla perfezione quello che è il “suono”, se così si può definire, del duo dell’Ohio: questi trentatré minuti rappresentano quanto di più realistico si possa accostare, come in un’ipotetica soundtrack, al 2007 e, in particolare, agli ultimi dieci anni.

Questo, signori, è rumore.

Intendiamoci bene: non è il rumore che pensate voi. Sono sicuro che vi saranno venute in mente le sospensioni epilettiche di gruppi come volcano! e Parts & Labor, oppure la pesantezza claustrofobica dell’industrial metal o, al massimo, le esplosioni dinamitarde, eleganti e mai dispersive, di quel post rock tanto in voga oggi.

Niente di tutto questo. Gli Sword Heaven fanno solamente fracasso.

Grazie tante!”, potrebbe affermare qualcuno. In realtà, il discorso è molto più complesso di quanto si possa pensare. Violento, freddo, meccanico, assolutamente –e volutamente- inascoltabile, questo rumore ha in realtà un suo senso logico, dall’inizio alla fine. Immaginate Teseo che segue il filo srotolato da Arianna. Ebbene, la corda è ben direzionata e si srotola fra vari vicoli, ma è il labirinto ad essere completamente sigillato, assolutamente privo di pertugi o di aperture varie.

Così, spasmi incontrollati, che vibrano attraverso agghiaccianti sferragliamenti e inconsulte trapanazioni (“Town Hag”), squarciano un universo plumbeo e ferruginoso, un’autostrada dove un esercito di schiacciasassi si fa largo in un florilegio di scricchiolii e dissonanze elettriche varie (l’insostenibile “Skinned And Glued”, dieci minuti e mezzo di vero e proprio macello auricolare).

Magari accade che un certo grind di ispirazione americana (i Locust di “New Erections”? Gli Agoraphobic Nosebleed? I Pig Destroyer…?) si sfoghi in mezzo a vere e proprie praterie deserte, dove gli unici, devianti suoni sono i feedback tartassati da un noise caustico e ipercinetico (la particolarissima “Sights Not Long Gone”). E se ti trovi una chiusura come “Faceless Nameless”, tredici minuti di delirante incubo, fra Swans e silicio, decadentismo e lamiere contorte, tunnel lisergici e sfregamenti siderurgici di potenza incontrollabile, allora la scelta è quella di prendere o lasciare. Io, personalmente, prendo, e medito.

2007, “Entrance”, Sword Heaven. Mai come ora, il paradiso è stato un posto da cui fuggire.

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Voto degli utenti: 6/10 in media su 2 voti.
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REBBY 6/10

C Commenti

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Mboma alle 13:38 del 26 novembre 2007 ha scritto:

e bravo bisio!

I miei complimenti. Recensione perfetta, con particolare menzione per la adolescenziale frase "sfregamenti siderurgici" eheheheh