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R Recensione

8/10

The Eye Of Time

The Eye Of Time

Dall'alto del moniker che si è scelto, il polistrumentista Marc Euvrie, getta il suo sguardo desolato sul mondo e sulla sua decadenza, partorendo tre lunghe composizioni strumentali tese a restituire l'immagine del crepuscolo osservato. Musicalmente ci troviamo in quelle latitudini in cui si sono espressi artisti come Tim Hecker, Autechre, Nine Inch Nails (o forse sarebbe più corretto dire il Trent Reznor solista), Thom Yorke (con riferimento al suo "The Eraser"). "The Eye Of Time", l'album, racchiude le tre suite scritte da Euvrie a partire dal 2005 e portate a completamento oggi con una cura maniacale per il dettaglio sonoro.

After Us, occupa l'intero primo cd, e si muove atmosferica fra disturbati drone e percussioni post-industriali, fotografando scenari di grande suggestione, ma anche di atterrita rassegnazione e inquietudine: Time Is Watching Over Me è pura rarefazione emozionale, My Hate Is A Gun... uno strano ibrido fra magniloquenza progressiva con un sontuoso organo ad incrociarsi con delle ritmiche che sembrano provenire dai Radiohead più elettronici, Don’t Cry Little Child... una lancinante ninna-nanna, che su un tenue fraseggio di synth innesta un marziale procedere di tamburi, intenti a scandire una cadenza apotropaica per tenere lontane le ombre incombenti. After Us è un lungo excursus fra geografie dark-jazz, increspate dalle profondissime correnti dell’incubo ma anche illuminato da un estro compositivo che porta ad individuare soluzioni che conducono le partiture verso territori di insondato fascino.

L’inizio del secondo cd, evidenzia come le tracce di più recente scrittura siano progredite nella capacità di dare maggiore coesione fra le cause e gli effetti: la suite Jail cattura Marc Euvrie completamente a suo agio nel combinare la propria indole più “contemporanea” e quella maggiormente rispondente alla sua anima da destrutturatore. Ciò che emerge è un quadro musicalmente completo e ricco di intuizioni sviluppate ben oltre il retaggio dal quale hanno tratto ispirazione: un esempio fra tutti è l’elegia di Once They Were Happy And Brought The Nothingness, in cui il tema tratteggiato dal piano è adagiato su altre e differenti strutture sonore, una sorretta da una evocativa prospettiva Kosmische, l’altra progettata attraverso vibrazioni volutamente nocive all’eleganza che l’insieme rischiava di raggiungere. Molto simile l’approccio della più maestosa The Distance Between You And The Rest, davvero un’ode alla trascendenza che cresce di intensità fino a raggiungere il cuore oscuro di qualche vorace buco nero: qui però il compositore francese, inverte il gioco e pone all’inizio la parte più intima e crepuscolare, per lasciarla poi dissolvere nell’apoteosi abbacinante dei minuti finali. È un artista più “comunicativo” quello che si congeda da noi nelle ultimi tre movimenti del lavoro, più prevalentemente inclini a fare delle ritmica il linguaggio espressivo primario: Begin, Wait, Watch, Play, Use Your Wings For What They Are e Monsters Usually Wear Uniforms, sono parte della suite Lily On The Valley e rivelano ancora una ulteriore dimensione dell’arte dalla personalità multipla di Marc Euvrie (ad opera sua anche le parti di pianoforte e di violoncello), che con l’intero progetto “The Eye Of Time” intende lasciare in eredità ai suoi ascoltatori delle “storie strumentali” tratte dalla sua dolente esperienza umana, con un occhio alle proprie intimissime battaglie personali e uno agli esiti di una società nei quali il musicista ha smesso di riporre la propria speranza. Tuttavia la sua musica lo tradisce e vive, come spesso accade, di vita propria: così sebbene il suo vuole essere uno sguardo sconfortato (e sicuramente ciò è palese in molti dei panorami offerti da queste composizioni), in realtà la propensione ad adottare manovre di lenta ascesi, lascia intravedere un orizzonte, forse lontano e forse ancora non illuminato da alcun sole siderale, ma certamente oltre la sfera della claustrofobia emozionale.

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