V Video

R Recensione

7,5/10

Woodkid

The Golden Age

Probabilmente tra i dischi più attesi di questo primo scorcio di 2013, The Golden Age è il primo lavoro su lunga durata del talentuosissimo e poliedrico Woodkid, trentenne artista francese all’anagrafe Yoann Lemoine.

Costruitosi ed affermatosi come regista cinematografico, di animazione e di videoclip (tra i tanti ha lavorato per Moby, Lana Del Rey, Katy Perry e Drake) nel 2011, Woodkid ha deciso di compiere un triplo salto mortale e di proiettarsi dalla produzione video a quella audio, pubblicando un EP intitolato Iron che ha immediatamente fatto breccia e creato un appassionato e numeroso flusso di commenti e riflessioni sul web.

Dopo circa due anni di meticoloso approfondimento, The Golden Age esce finalmente allo scoperto.

Non è semplice descrivere con serena persuasione la forma e la sostanza del prodotto.

Un concept album che tratta della costruzione e dello sviluppo di un adolescente incastrato in un periodo storico non molto felice e pieno di difficoltà e che avrà un epilogo decisamente tragico.

Un suono epico e maestoso fondato su orchestrazioni imponenti e grandiose, congegnate con numerosi strumenti ad arco, fiati, corni ed organi.

Al di sopra di tutto ciò la personalissima, calda e suadente voce di Woodkid, che ricorda quella del fantastico Anthony Hegarty; il pianoforte, autentico collante tra le sinfonie orchestrali e la singolare voce dell’artista francese; le percussioni, robuste, energiche, ipnotiche e quasi tribali che regalano ulteriori e singolari scenari ad una cornice sonora che si rivela davvero irripetibile.

Il disco, nel suo complesso, risulta curatissimo, colto e maniacale sotto tutti i punti di vista, anche nelle realizzazioni delle grafiche di copertina. A riguardo è indicativa la confezione della versione deluxe del cd, prodotta in un cofanetto contenente il disco ed un libro di 140 pagine con la descrizione delle tristi avventure del nostro protagonista.

I brani tendono ad avere, solitamente, un’introduzione molto soft, leggiadra dove è la voce del talento d’oltralpe ad imporsi per poi svilupparsi in un crescendo sonoro di impatto devastante, grazie alle percussioni ossessive ed al solenne telaio strumentale classico, pocanzi dettagliato.

La title-track che apre il disco esemplifica immediatamente il concetto.

I singoli promozionali trainanti, tutti corredati di videoclip assolutamente imperdibili ed ovviamente curati con meticolosa precisione dal nostro, sono Run Boy Run, che tratta delle difficoltà e delle paure che ostacolano i ragazzi nella loro fase di sviluppo e dove il rapporto percussioni/archi raggiunge vette elevatissime, Iron dove si aggiungono anche i fiati e I Love You dove la descrizione delle pene d’amore di gioventù è fatta immergendosi  in una totale essenza “hard” orchestrale.

Laddove l’uso dei ritmi ossessivi lascia spazio ad una dolcezza oscura è la voce di Woodkid a rapire per la sua attraente timbrica.

Boat Song con un finale strumentale sontuoso oppure la delicata Where I live ne sono testimonianza.

In Conquest Of Spaces, Woodkid cerca di articolare ancor di più il già forte impatto con repentini cambi di ritmo e con una diversa e più cupa timbrica vocale. Tra le fasi migliori dell’intero progetto.

Spazio anche a brani interamente strumentali quali Stabat Mater, Shadows e Falling che sarebbero adattissimi in utilizzazioni su documentari di vario tipo.

Di cowboy western misto a sonorità che ricordano film hollywoodiani d’altri tempi è strutturata la favolosa The Great Escape mentre è un sontuoso organo a riempire la mente nell’onirica Ghost Lights.

La valutazione finale non può che essere eccellente. Un disco ardito, folle ma di feroce complessità allo stesso tempo. Un disco maledettamente rock senza che siano presenti chitarre elettriche e basso.

Una piccola osservazione la si può sprecare nel rilevare una certa ritrosia di variazioni tra un brano e l’altro. Talvolta una certa ripetitività sembra insinuarsi tra le righe.  

In un periodo dove la musica d’ascolto tende ad essere sempre più semplice e sciolta, eccoci dinanzi un prodotto completamente diverso da ogni schema attualmente in voga.

Woodkid dimostra immediatamente di essere un talento multiforme realmente interessante e da tenere in seria e forte considerazione.

V Voti

Voto degli utenti: 7,1/10 in media su 5 voti.
10
9,5
9
8,5
8
7,5
7
6,5
6
5,5
5
4,5
4
3,5
3
2,5
2
1,5
1
0,5
mavri 7/10
rael 5/10

C Commenti

Ci sono 3 commenti. Partecipa anche tu alla discussione!
Effettua l'accesso o registrati per commentare.

bill_carson (ha votato 7,5 questo disco) alle 1:14 del 19 aprile 2013 ha scritto:

bel disco e bella rece. condivido soprattutto quando dici che riesce ad essere un disco rock senza ricorrere ad un sound chitarristico. la timbrica vocale ricorda Antony.

FumoS alle 12:52 del 19 aprile 2013 ha scritto:

disco ok, il recensore ha sicuramente letto questa recensione http://www.sentireascoltare.com/recensione/11274/woodkid-the-golden-age.html

insomma, tutto già letto

precogcris, autore, alle 13:59 del 19 aprile 2013 ha scritto:

Ciao Fumos. Non ho letto la recensione che menzioni. Pensa che questa rece l'ho inviata quasi un mese fa e per problemi tecnici ai server è stata pubblicata solo oggi. Avevo letto altre recensioni sul disco ma in inglese e francese, essendo Woodkid transalpino.