V Video

R Recensione

6,5/10

Bon Iver

22, A Million

È una nuova crisi a smuovere l’arte, il cantautorato di Bon Iver. Arte messa, nelle vesti solo, in cantina per un lungo lustro (2011), benché poi, Vernon, non si sia certo sprecato per progetti paralleli (Volcano Choir, ormai del 2013) e collaborazioni delle più disparate - non stiamo ad elencarle. Tempo, troppo; a creare nel pubblico e nella stampa generalista una qualche rappresentazione (la luce emanata da Emma è ancora accecante, passate otto stagioni) messianica dell’artista, padre di un nuovo corso per il pop tutto - e psiche collettiva figurarsi, con l’annuncio di “22, A Million”, gesta salvifiche. 

Questa crisi, sbrigata in Grecia e fuori stagione, è disorientamento, precarietà nei confronti dell’esistenza, del tutto (così, mentre aspetto in stazione, presto potrebbe essere finita, "22 (OVER S∞∞N)"), mesciata ai soliti temi sull'amore, la perdita ("Philosophize your figure/ what I have and haven't held/ you called and I came, stand tale through it all/ fall and fixture just the same thing"), retromania boniveriana sui suoi frammenti sentimentali e del passato. E quindi straniamento, destrutturazione, accumulo di simboli (la copertina) e visioni eteree, eterne, epiche, e in momenti normali (sharing smoke/ in the stair up off the hot car lot, "29#Strafford APTS") sprazzi di paganesimo postmoderno ("I find God and religions too.. staying at the Ace Hotel"). 

22, A Million” è lo sforzo radicale, il travaglio post tabula rasa di idee ed estetica (ma il passato, le nevrosi sempre emergono, nei sintomi, nel suono: come qui, di conseguenza) a firma Bon Iver: sforzo estenuante, si percepisce pieno (con il nostro, a gennaio scorso, sul passo di abbandonare tutto), quando angoscia e bellezza non sai come canalizzare nella forma. Quando ci si àncora e si parte su di un loop di beat, e nel flusso passivo di rumorismi e increspature ambientali, motorik/marce Roland, autotune ovunque ("10 d E A T h b R E a s T"), stati eterei, aspettare (godot) l’idea, il barlume che ispira. Che dia, nel mezzo, qualche risposta.

Falsetto autotune frontman (“715 - CR∑∑KS", scheletro e momento tra i più avvolgenti del lavoro), nei rivoli vocali sempre vocoderizzati, e così anche le distorsioni sugli strumenti (dai synth, alla drum machine, le poche ma fondamentali chitarre quando spuntano), nell’asse paradosso armonia/rumore, purezza/artificio. Paradossi (ying/yang, tornando ai simboli) che seguono l’autopoiesi, la genetica boniveriana senza, si diceva, forma data (rare le eccezioni compositive, tra queste “00000 Million”, purezza estrema e “29 #Strafford APTS”), la quale invero si crea e cangia all’interno dei singoli brani. 

In questi flussi random, sfuggenti, tra distese disarmoniche, gli squarci e melodie emergono. Eccome. “33 “GOD””, (dai moti “Bon Iver, Bon Iver”, ad esempio "Perth"), in blocco “29", l'estrema chiarezza di “0000 Million”, i vapori di “8 (circle)” - una “Beth/Rest” 2016? -, il sax di Colin Stetson (“21 M◊◊N WATER”). Ma non basta.

Non possiede (non ci si poteva illudere, per nessuna ragione), "22, A Million", l’intensità e lo slancio estetico di “Bon Iver, Bon Iver”, non la disperazione idealizzata di “For Emma, Forever Ago”; "22" è, in definitiva, disco in moratoria, di ricerca interiore e forme altre, bellezza (quella vera) casuale e fatica compositiva manifesta. 

E quindi no, non può bastare.

V Voti

Voto degli utenti: 6/10 in media su 12 voti.
10
9,5
9
8,5
8
7,5
7
6,5
6
5,5
5
4,5
4
3,5
3
2,5
2
1,5
1
0,5
Vatar 6/10
zagor 4/10
creep 7/10
zebra 8,5/10
Dengler 6,5/10

C Commenti

Ci sono 3 commenti. Partecipa anche tu alla discussione!
Effettua l'accesso o registrati per commentare.

OlioCuoreNero (ha votato 5 questo disco) alle 11:05 del 30 novembre 2016 ha scritto:

Analisi mirabile e alquanto complessa, complimenti, anche per l'equilibrio. Personalmente mi limito a pensare che il buon Justin abbia raggiunto uno status di santificazione tale da potersi permettere una solenne pippa in pubblico con celebrazione globale annessa. In sostanza, una gran delusione. Anche se, devo ammettere, qualche spunto di interesse e qualche lampo di bellezza cristallina, qua e là, tra un movimento della mano e l'altro, ancora lo si può trovare.

Vatar (ha votato 6 questo disco) alle 20:13 del 30 novembre 2016 ha scritto:

Dopo aver apprezzato molto l'album precedente B.I. attendevo con curiosità questo disco che purtroppo si è rivelato una delusione, come dice giustamente OlioCuoreNero qua e là qualcosa di buono c'è, ma niente di più, per non parlare poi del brano 29#... inascoltabile!

The musical box alle 19:06 del 17 gennaio 2019 ha scritto:

Credo che il tempo abbia aiutato almeno me ad apprezzare a fondo questa opera. Una visione diversa come solo vernon poteva offrire. Questo album è meraviglioso,,e lo è ancora di più perché non può essere messo a confronto con i due predecessori. Eppure riesce a mantenere L essenza inconfondibile del suo creatore.. disco che negli anni del digitale e delle canzoni prese a caso restituisce a tutti anche L album che ha senso nella sua interezza. Che deve essere ascoltato tutto capito assimilato e poi amato.