The The
Soul Mining
Chi pensa che il synth pop abbia prodotto, dopo la prima ondata di gruppi, dischi costantemente tutti uguali e poco ispirati, dovrebbe ripescarsi questo gran lavoro di Matt Johnson, alias The The. L' album in questione, "Soul Mining", è quello d'esordio della creatura del poliedrico artista, cantante sopraffino dalla voce particolarmente ispirata e melodica, e strumentista eccezionale, qui alla chitarra ma anche alle tastiere, al basso e all'armonica.
La musica presente in questo lavoro è una sorta di techno-pop oscuro ma danzereccio di derivazione New Order che si nutre di scorie progressive, elementi mutuati dalla classica e orchestrazioni di sapore barocco, in un perfetto calderone dove la somma delle pur diversissime parti crea un risultato eccezionale. La lezione di band come gli Human League e i Japan viene mandata a memoria dal gruppo, ma qui assume dei connotati più originali, spingendosi ad esplorare territori che nessun' altra formazione new wave aveva esplorato prima di allora, su tutti un certo gusto esotico e tropicheggiante, evidente in tracce come "The Twilight Hour".
Eppure la traccia d'esordio, "I've Been Waiting For Tomorrow", inizia sotto il segno della pura tradizione dell'epoca, nel migliore stile techno-pop, che però ha la particolarità di iniziare in sordina, e poi evolversi mano a mano che il brano ha il suo sviluppo, sino ad assestarsi su di un ritmo frenetico e ballabile che lascia presagire i fasti della techno e che attinge chiaramente alla fonte Soft Cell. In mezzo, numerosissime trovate sonore, come interludi pianistici improvvisi e sprazzi orchestrali (di tanto in tanto, in sottofondo compare pure un violino).
Con la successiva "This Is The Day" si entra propriamente nel pop più convenzionale, ma nel complesso è un pezzo che esalta le spiccate qualità melodiche di Johnson, teso a metà strada tra Beatles e New Order. Screziato da un'accattivante armonica di matrice folk, il brano ha quasi un'andatura gospel, con asse centrale nel ritornello e nei cori di sottofondo che lo accompagnano. E' in ogni caso una delle canzoni più belle in assoluto della new wave.
Da brividi l'energico giro di basso che introduce a "Uncertain Smile", una delle tracce che maggiormente comunica ottimismo e gioia di vivere, anche se le chitarre continuano a restare inchiodate alla componente dark della loro musica, tant'è vero che nella seconda parte, nell'assolo, sembra di sentire i Cure più sornioni. E' proprio questo contrasto, tuttavia, a testimoniare la grandezza e l'abilità degli artisti nel saper commistionare i più disparati elementi e saper trovare un equilibrio che ha del miracoloso. Sentire, infine, la qualità del finale assolo pianistico, un pò honky tonk, un pò progressivo, per convincersi di con che razza di musicisti sopraffini si ha a che fare.
Mescola techno e basso darkeggiante anche "The Sinking Feeling" che presenta un pulsare ossessivo liberantesi poi in una sarabanda di sintetizzatori e batterie elettroniche condita con effetti quasi lo-fi. Altro pezzo da novanta è "The Twilight Hour", David Sylvian trasportato a forza in un mondo esotico fatto di palme e tucani e costretto a cantare con la produzione di Jon Hassell. Ad accentuare ancor di più l'immaginario da isola deserta i continui effetti come gli strumenti e i fiati che imitano i versi di strani animali e le percussioni vicine nello stile ai tamburi Maori. Ma il cantato di Johnson non è da meno: trasognato, moderatamente passionale, è uno dei fattori che fanno di questo brano un vero masterpiece (e probabilmente il pezzo più rappresentativo).
Si lascia ascoltare anche la title-track, altrochè! Sempre immersa in un'atmosfera rarefatta, l'orecchiabilità del componimento perdura dall'inizio alla fine e non si fa mai sopraffare dalla solita inquietudine di fondo, nemmeno quando d'improvviso il brano prende a procedere con maggior energia, spinto dalle tastiere "liquide" e dalla batteria propulsiva.
Chiude l'album, almeno quello ufficiale uscito nell'83, "Giant" , caratterizzata da un crescendo di sapore malinconico sfociante nuovamente in un coro (e nuovamente un coro dal sapore gospel!) in cui la voce di Johnson si fa ora disperata, ora nevrotica, ora rilassata, in una costante ricerca di un punto di equilibrio.
Per chi scrive, "Soul Mining" è uno dei migliori esempi di pop mai apparsi sulla faccia della terra, un modello di fusione di ricerca, sperimentazione, convenzionalità, puro ed emozionale piacere d'ascolto, psicodramma e lirismo impegnato (più di una traccia attacca l'Inghilterra thatcheriana) rimasto insuperato. Discreta anche l'influenza esercitata su molte band brit-pop ed electro-clash del nuovo millennio, ma alla fine di tutto appare lampante che la bellezza vera di questo disco consiste nell' essere un universo a se stante, un astro luminoso avulso dall'universo pop e rock in generale.
Tweet