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9/10

Blur

Parklife

Trent'anni di tradizione pop condensati in sedici tracce: tredici delle quali eccellenti, due autentici capolavori, una mediocre...risultato? Un album imprescindibile per gli amanti della popular music.

Lanciato dai singoli spaccaclassifiche Girls & Boys e Parklife, quest'ultima arricchita dal guest talking in puro accento cockney di Phil Daniels (attore protagonista nel film Quadrophenia - the Who), l'album è un susseguirsi di citazioni e rimandi al passato riletti sapientemente dal quartetto di Colchester, uno sforzo tecnico e creativo non indifferente per uno dei tre dischi cardine del movimento brit pop e non solo. In Bank Holiday ad esempio, sostenuta da un forsennato quanto abile drumming di Dave Rowntree, si materializzano Sex Pistols e Buzzcocks nelle chitarre velenose di Coxon; in Trouble in The Message Centre i Jam duettano con i Damned su di un riff tastieristico molto Human League, i gioiellini London Loves e Tracy Jacks fanno rivivere gli Xtc dei primi tre album.

Beatles e Kinks ovviamente pervadono il disco nella sua totalità, in maniera ancora più smaccata negli intermezzi strumentali come lo pseudo-valzer The Debt Collector, la conclusiva Lot 105 è un divertente esercizio ska; Badhead una melodia sopraffina di scuola Postcard su cui il cantato di Damon Albarn si distende delicatamente; in Far Out -la voce solista è del bassista Alex James- un elenco di nomi senza nessun apparente significato riporta alla mente il nonsense in musica della Sun King di Abbey Road.

In Magic America il protagonista del testo è tal Bill Barret, forse un omaggio all'icona Syd Barrett, ma solo sulla carta, dal momento che il brano è un onesto pop con nulla di psichedelico se non un finale che potrebbe vagamente ricordare il pifferaio Syd. Sulla stessa falsariga Clover Over Dover, frizzante pop vagamente Morrissey, sostenuto da un ingegnoso lavoro di chitarra di Graham Coxon.

I due capolavori del disco sono senza ombra di dubbio This is a Low, uno slow tempo di grande tensione emotiva, impreziosito da uno sporco solo chitarristico di Coxon re incontrastato per gli amanti dell'antivirtuosità; e To the End, profumo nouvelle vague per una disincantata ballad quartetto d'archi e accordion nella quale è ospite alla voce Laetitia Sadier della band di culto Stereolab, l'egoismo uccide l'amore e le liriche di Albarn sanguinano sofferenza e rimpianto: ne verrà registrata anche una versione cd single con la chanteuse francese Francoise Hardy. Il booklet del cd con testi ed accordi per chitarra è la ciliegina sulla torta di un lavoro imperdibile, l'opera pretenziosa di una band che in cinquanta minuti pretende di condensare con freschezza e credibilità tre decenni di tradizione musicale, ed alla fine ci riesce davvero.

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Voto degli utenti: 8,3/10 in media su 42 voti.

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greg ranieri alle 14:59 del 27 aprile 2007 ha scritto:

è una pietra miliare del britpop, che altro dire. Fa parte di quegli album che si devono ascoltare

swansong (ha votato 7 questo disco) alle 11:23 del 22 settembre 2008 ha scritto:

Pensavo meglio!

appena passabile secondo me!

dario1983 alle 22:57 del 26 marzo 2009 ha scritto:

adoro quest'album... uno dei migliori album del britpop secondo me... bella recensione

Sor90 (ha votato 8 questo disco) alle 16:01 del 9 luglio 2009 ha scritto:

L'unico album davvero bello dei Blur nel periodo Britpop, dopo di questo solo l'omonimo mi dice qualcosa. Trouble in the message center e This is a low sono le migliori nonostante le altre non siano certo scarti. Dello stesso anno è anche l'esordio degli Oasis e per me fra i due vince quest'ultimo...

Utente non più registrato alle 19:41 del 11 dicembre 2009 ha scritto:

I blur proprio...

Roberto_Perissinotto (ha votato 8 questo disco) alle 21:35 del 21 febbraio 2010 ha scritto:

E' la perfetta sintesi di tutto il britpop alla maniera Blur: un disco un pò ambizioso, belle melodie, un pugno di caznoni da sogno. Per me sarebbe capolavoro, ma tutto l'album traspira un'aria modaiola che proprio non riesco a mandare giù e nel voto toglie almeno mezza stella.

DucaViola (ha votato 9 questo disco) alle 13:39 del 28 febbraio 2010 ha scritto:

Grande disco, grande band del britpop ed oltre.

madcat (ha votato 10 questo disco) alle 21:47 del primo aprile 2013 ha scritto:

pietra miliare, incredibile tra l'altro come a 20 anni dall'uscita le canzoni suonino come se le avessero scritte oggi, anzi domani

nebraska82 (ha votato 8,5 questo disco) alle 19:10 del 4 aprile 2013 ha scritto:

disco molto bello, "this is a low" è il miglior pezzo dei blur in assoluto probabilmente.

Lepo (ha votato 9 questo disco) alle 21:50 del 3 settembre 2013 ha scritto:

Perla di incredibile fattura, dopo circa vent'anni si può dire che rientri a pieno titolo nel novero dei classici del rock pop inglese. Una qualità di songwriting da far invidia a quasi ogni autore sulla faccia della Terra e un quartetto di musicisti estremamente capaci e dotati di gusto sopraffino (si pensi al drumming solido e metronomico di Rowntree o al basso estroso di Alex James, per non parlare di Coxon, senza dubbio uno dei chitarristi più geniali della sua epoca), coadiuvati da pregevoli e mai invasivi interventi orchestrali, fanno di "Parklife" un disco eccezionale, dotato di un eclettismo e di una capacità di assimilazione e re-interpretazione di stilemi vecchi e nuovi straordinaria, difficile da eguagliare per quasi tutti (per gli stessi Gorillaz di Albarn, invero!). A chi li taccia di essere un semplice fenomeno commerciale, costruito a tavolino e privo di reale spessore artistico, domando: quante band possono vantare di aver scritto pezzi quali Boys&Girls, Parklife, Tracy Jacks, To the End, This Is A Low, London Loves, tutti in uno stesso album?

Robinist (ha votato 8,5 questo disco) alle 22:09 del 18 febbraio 2019 ha scritto:

Secondo me gli Oasis se lo sognano un album del genere..

hotstone alle 18:50 del 22 febbraio 2019 ha scritto:

addirittura... non esageriamo dai

Robinist (ha votato 8,5 questo disco) alle 22:01 del 22 febbraio 2019 ha scritto:

Riconosco agli Oasis il talento di aver trovato una formula efficace e che difficilmente passerà di moda. Definately Maybe è una ventata di novità, è iconico ed ha uno stile forte. L'album successivo segue la stessa scia ed ha un pezzone immortale (inutile specificare quale). Hanno tuttavia due problemi, il primo è che con lo strumento non mi sembrano un granché, i loro assoli li trovo abbastanza dimenticabili e i riff (seppur spesso belli) non escono mai fuori dagli schemi. Il secondo problema è che sono decisamente carenti in fantasia, appunto hanno trovato la formula giusta e la ripetono all'infinito.

Parklife è altrettanto iconico ma non ha i due difetti di sopra. Se in quest'album ci fosse anche un pezzone alla Wonderwall credo che entrerebbe nella mia Top 5.

hotstone alle 18:02 del 25 febbraio 2019 ha scritto:

Rispetto il tuo parere ma non mi trovo d'accordo .

Mi spiego meglio , a me i blur e gli oasis non mi fanno impazzire , il punto era che hai scritto che gli oasis un disco così se lo sognano mentre ti posso dire che i primi due lavori degli oasis li trovo assolutamente superiori