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R Recensione

6,5/10

Superchunk

I Hate Music

Chissà come fa Mac McCaughan (fresco quarantaseienne!) a conservare una voce puberale, orgogliosamente rinchiusa nel limbo dell'adolescenza, capace di tenere lontana qualsiasi pretenziosità.

E chissà come fa a scrivere ancora pezzi roventi dopo venti anni di carriera, anni in cui non ha praticamente mai modificato di una virgola il suo power pop dai contorni fumosi e sovraeccitati. Nei primi anni '90, praticamente, il ragazzino ha creato la scena indie di Chapel Hill, North Carolina, e ancora oggi calca i palcoscenici del rock con inalterata motivazione, con una grinta inossidabile, contornato dai fidi scudieri di sempre. Tutti ragazzini male in arnese, ragazzini cresciuti troppo in fretta, innamorati persi delle incertezze della fase della crescita (sembra quasi abbiano smesso di crescere proprio per documentarci la propria incompleta maturazione).

"I Hate Music" è un disco capace di sparpagliare nell'etere piccole gemme di punk infiammato, è un lavoro che annega le sue esili melodie nel rumore, pur moderando i toni rispetto alle cavalcate elettriche di "No Porky For Kitty".

Qui la formula si arricchisce di sfumature folkeggianti (l'introduzione di "Overflows"), oppure assume i contorni di un power pop d'annata, sempre piuttosto adrenalinico e carico di mordente ("Me & You & Jackie Mittoo").

Il sound scarnificato rivela che questi hanno davvero sposato il credo di Morrissey: "Si rimane vivi nella misura in cui si conserva lo spirito dell'adolescenza". Beh, se è così, i Superchunk sono arzilli giovanotti più vivi che mai: "Staying Home" è scalcagnato e stupido come solo il punk migliore, abbozza anche un assolo nella foschia delle chitarre, e funziona sin troppo bene. "Trees of Barcelona" mette sul piatto forse l'invenzione melodica più articolata, che non rifugge qualche lieve impennata di tono e discreti cambi di passo.

La conclusiva "What Can We Do", il pezzo più lungo con i suoi sei minuti, tendenzialmente più morbido, pizzica le corde giuste per non afflosciarsi. Il continuo movimento delle chitarre è puro e semplice punk-pop che non cede di un centimetro.

A dispetto della copertina innevata, questo è un lavoro perfetto per tracciare i confini dell'estate che se ne va. Tirato, senza respiro, appagante.

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