Jack O' The Clock
Night Loops
If you think therell be justice in the end / Youre an asshole, but its good to have a friend
Che qualcosa non vada, nella musica dei Jack O The Clock, lo si capta subito, inconsciamente, alla stregua di un dittero che scorga un minimo movimento fuori luogo. È una mosca (la compagna di Sam Raimi o di David Cronenberg?), o forse più di una, quella che si insinua tra i clangori metallici di una notte insonne, tra fischi sibili sussurri riverberi schiocchi eco e qualsiasi altra apparizione sonora in grado di essere assorbita dallo spettro acustico, dirompente nel suo tagliare subitamente la tela dellimmobilità. Si modula riccamente su bassi fuori controllo, come un soul passato in candeggina, Ten Fingers, il monologo teatrale di chi troppo ha bevuto e fumato, il delirio post-moderno di un Erofeev da metropoli formato Tuxedomoon: lalternarsi di quiete ed incoscienza, alterazione e stasi, la spoken music dei Dalis Car interpretata dalle Organ. La mosca, ancora, come uninsidia perenne, una spada di Damocle che aleggia su di un impalpabile sogno lucido a tinte forti.
Il quarto, autoprodotto Night Loops, col pretesto di inscenare la perfetta pantomima rock in opposition per luomo senza qualità e senza identità del secolo vigesimo primo, diventa così fondamentale tassello di un folk americano scuro ma non apocalittico, sviato ma non a bassa fedeltà, decadente ma non decaduto. Si ascolti Come Back Tomorrow: acustiche paraboliche in penombra, nascostamente intarsiate di archi e fiati come uno standard degli anni 60 e lambiccate sovraincisioni di slide guitar come una tragicommedia vittoriana sospesa tra barocco e teatro della crudeltà . Un grande episodio, che sottolinea leccezionalità (e lindispensabilità) della componente performativa nelluniverso tormentato dei Jack O The Clock: naturale è lapprodo al distonico, schizofrenico affastellarsi di voci e percussioni non convenzionali in How The Light Is Approached (i Residents annichiliti negli ultimi These New Puritans), coerente è la classica contemporanea di Salt Moon abrasa dal contrappeso ritmico art rock (lontane rimembranze dei Man Man), curiosa è la deviazione melodica della principesca Down Below (inconsueto ibrido tra Dirty Three e Long Fin Killie), struggente è il gioco crepuscolare di Rehearsing The Long Way Home (americana ottimamente arrangiata ed interpretata con enfasi glam).
Su tutto, il terrore atavico che qualcosa possa guastarsi, marcire, andare in pezzi, diventare preda delle mosche. La fobia della fobia, che spinge il candore irreale di Bethelem Watcher ad un passo dal baratro dark wave (basso sempre in primissima linea, bric-brac chitarristici cripto-prog, inquietanti organi goth che lievitano dietro le quinte). La paura dei riflessi, che costringe loperetta da camera As Long As The Earth Lasts ad avvolgersi su sé stessa, a precipitare a terra, in una scomposta planata tortile simile allincespicare di una giovane Laurie Anderson dotata di violino e pattini da ghiaccio (e quelle corde sono, in fondo, le stesse toccate da Life On A String). Langosciosa ossessione del contrasto, che trasforma Fixture in un intricato dedalo dada (con alternarsi alogico di archi, ottoni, vibrafono) scandito da spruzzi dacqua, pelli tese, flebili legni: i King Crimson degli anni 90 a cui sia stata staccata la spina. Qui, come già allora lì, nulla deraglia veramente, sebbene Furnace si affacci a tre quarti su miasmi industrial, e Familiar 2, Barred Owl sia una partitura ostakovičana ricolma di afasie e disturbi ambientali. Qui, come già allora lì, è piuttosto lignoto ad annidarsi, come un tarlo, e a partorire spontaneamente i propri fantasmi, spettri di un futuro temuto.
Mica male, per un quintetto di Oakland, California sponsorizzato da sua maestà Fred Frith in persona.
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