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R Recensione

6/10

BOL&Snah

So? Now?

Prima che ve lo chiediate voi: sì, lo Snah che si accompagna ai BOL è proprio lui, Hans Magnus Ryan, storica voce e chitarra degli inossidabili Motorpsycho e dei Møster!. La Norvegia, anche se la sua scena musicale è florida e in continuo movimento, rimane pur sempre un paese piccolo: è facile conoscersi tutti in breve tempo. Le storie che si incrociano in questo progetto, poi, sono di lungo, se non lunghissimo corso: basti pensare che il tastierista dei BOL è quello Ståle Storløkken già anima dei Supersilent e dei Box (nonché ospite dei nostri psychonauti in “The Death Defying Unicorn – A Fanciful And Fairly Far-Out Musical Fable” e “En Konsert For Folk Flest”), mentre la squillante voce principale fa capo a Tone Åse, sua moglie, ex componente delle Kvitretten. Uscito inizialmente nel 2015 per Gigafon, con sola distribuzione norvegese (oggi divenuta finalmente internazionale), “So? Now?” è il primo disco dei BOL da “Numb, Number” del 2012, lavoro in cui Snah prestava già la sua chitarra, senza però essere integrato nel corpo della formazione come vero e proprio membro aggiunto.

L’ascoltatore occasionale, se messo di fronte ad uscite recenti come, poniamo, “Mannsverk”, “Here Be Monsters”, “Black Stabat Mater” e questo “So? Now?”, sarebbe tentato di legarle tutte assieme e, con questo, leggervi la rinascita prog del suono scandinavo. Ma è una prospettiva parziale, fallace: forse che mettendo in fila Møster!, Noxagt, Ich Bin N!ntendo e Staer si abbia un risorgimento noise? La verità è che tendenze e mode, lassù, non esistono, se non in un’ottica di sovrapposizione e continuità. BOL&Snah, dunque, prima ancora che riprendere un discorso interrottosi negli anni ’70, proseguono sulla scia inaugurata dai nuovi protagonisti, aggiungendovi il loro personale contributo. Che, in soldoni, può essere sintetizzato come segue: elegante prog rock d’antan, viziato da sporadiche storture funzionali alla causa e guidato, passo per passo, dalla maestosità lirica delle linee vocali, vero faro dell’intero progetto. I non retromani si fermino qui, senza procedere oltre. Snah c’è e si sente, ma il suo tocco caratteristico emerge solo in rari frangenti, come nei salti di tonalità del panzer fuzz di “#thatfeeling” (squadernato in un ritornello sussurrato che mette assieme Genesis e lo-fi novantiano), le dissonanze teatrali di “Briefing” (imbottigliate in una coda che imperla di sudore acido la fronte di un mellotron canterburiano) e il romantico assolo incastonato nel mezzo dell’“Epilogueneo-prog in coda alla tracklist. Tone Åse spadroneggia indisturbata – forse troppo – sin dalle iniziali rarefazioni di “The Sidewalks” (in un’alternanza scenografica di pieni e vuoti che, al suo zenith, si strozza in un accumulo statico di energia elettrica, per poi chiudersi coralmente): sembra di ascoltare Kate Bush nei frammenti più meditativi (i bridge di “#thatfeeling”, le strofe di “Reality”), Anneke van Giersbergen in quelli più movimentati (“The Sidewalks”, “Briefing”) e, naturalmente, Laurie Anderson nell’unico episodio realmente coinvolgente del disco, il recital performativo della title track (con splendida chiusura affidata all’organo di Storløkken).

There are sidewalks for everything, ci ricorda in apertura Tone Åse: marciapiedi per innamorarsi sugli alberi, per vendere conigli vivi e pellicce, per ospitare bande militari e per fare la doccia sotto pesanti tormente di neve. È la prima, folgorante immagine offertaci dal poeta ecologista Rolf Jacobsen, i cui versi – tradotti in inglese da Olav Grinde – sono stati utilizzati da BOL&Snah come liriche del disco. Ci sono marciapiedi anche per riunirsi ad ascoltare il prog: solo, non sono quelli cantati in “So? Now?”.

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