R Recensione

7/10

The Dykeenies

Nothing Means Everything

La Scozia, vedendosi invasa dall’arrivo di giovani band pseudo indie/rock della vicina Inghilterra, affila i coltelli e non resta a guardare, pronta a sparare le sue migliori cartucce: prima con i Franz Ferdinand, poi con band quali The Fratellis , The View che riescono bene nell’impresa di attutire i colpi dell’invasione British.Ora è tempo di riproporsi con l’ultima novita’ di casa Glasgow: i Dykeenies, che si presentano con un primo album, questo “Nothing Means Everything “, che guarda oltre il mercato discografico  Indie rock degli ultimi tempi concedendosi buoni spunti synth e (ovviamente) New Wave. L’album prodotto da Dave Eringa e Dimitri Tikovoi, gia’ al lavoro con Placebo e Goldfrapp, si apre con l’energica “The Panic”, uno dei pochi pezzi che segue la'inflazionata scia chitarristica e vocale di bands come Kaiser Chiefs e The Pigeon Detectives .

Gia’ “Waiting for go” è molto piu’ vicina ai The Killers, a dimostrazione di come la band voglia forse aprirsi al mercato statunitense, esponendosi anche con coraggiose e discrete ballads ,“Stitches” mette in luce l’ottimo stile vocale di Andrew Henderson, nei chorus sempre sostenuto dagli appoggi corali del resto della band. In “Clean Up Your Eyes” sono evidenti piccole aperture elettroniche che introducono le vivaci e ben lavorate melodie da potenziale singolo di successo. Stesso dicasi per “ Pick You Up”, molto piu’ sperimentale ma trascinata da una grande ritmica sia vocale che strumentale, che introduce al meglio la splendida “New Ideas”: pezzo che sancirà sicuramente il successo anche radiofonico dei The Dykeenies , canzone dal sapore agro-dolce dal ritmo ballabile e contaminata da ottime liriche Indie/rock contornate da belle aperture al pop davvero incisive.

Things You Cannot See “, consente al gruppo di sfoggiare una certa abilità anche alle tastiere e non mancano canzoni indie senza troppi fronzoli come “Symptoms”: la chiusura e’ affidata a brani dalle tonalità new wave che si alternano su basi elettroniche e ritmi serrati, come  “ Lose Ourselves” e il finale incantato di "Feels Like Sleep” .

Un album di debutto che mette "sul piatto" un’altra band discreta, in grado di scrivere canzoni che sono semplici senza essere eccessivamente scontate , facendo forza sull’ottima elaborazione creativa e compositiva dei pezzi, guardando in egual modo all'impatto rafiofonico e alla qualità dei pezzi: in altre parole, questo “Nothing Means Everything“ non avrà la stoffa del capolavoro, ma non dispiace comunque affatto.

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