R Recensione

8/10

Apostle Of Hustle

National Anthem Of Nowhere

Gli Apostle Of Hustle, side project del Broken Social Scene Andrew Whiteman sono un pò delle riserve nell’affollato carrozzone indie pop canadese. Eppure, anche se non avranno mai l’esposizione mediatica di un gruppo come gli Arcade Fire, e benché dotati di un fascino più sfuggente e meno nitido rispetto ad artisti come Feist, Dears o Stars, dimostrano con questo secondo album, National Anthem Of Nowhere, di non avere nulla da temere dal confronto.

Attitudine eclettica, volontà di affrontare il disco prendendolo da più lati, passandogli intorno in giri concentrici che toccano registri e forme sempre diverse, un po’ come i Broken Social Scene stessi o, volendo uscire dalle fredde lande canadesi, i gloriosi dEUS. Non è solo una parentela sonora, ma una vicinanza di attitudine, in un disco che parte bene e finisce meglio, inanellando una sequenza di pezzi in grado di oscurare le prodezze del gruppo “madre”.

Abbandonando in parte la vena più freak, il gruppo si presenta, pur nella sua obliquità, un po’ più solido e quadrato che in passato: dimenticati in parte i flirt con gli aromi latini del passato, il gruppo parte con la pulsante indietronica, più indie che tronica, di My Sword Hand’s Anger, si dirige con passo fermo verso l’indie rock chitarristico della titletrack, reminiscenze dei dEUS dei tempi d’oro qua e là e quell’epica sommessa che ha fatto volgere le teste di tutto il mondo verso il Canada negli ultimi anni.

Per poi immergersi nelle atmosfere oscure di The Naked And Alone, recuperare un pò di esoticismi con l’eccentrico pasticcio tribale in salsa afro di Haul Away e infine tornare a un confortevole indie pop con Cheap Like Sebastian, con tanto di coretti stereolabiani e spruzzate di retrofuturismo.

Fino a qui gli Apostle Of Hustle ti hanno corteggiato, incuriosito, spiazzato … basta ancora poco a stenderti definitivamente: annunciato dagli incalzanti latino americanismi di Rafaga! e Fast Pony For Victor Jara e dal pop rock classico di Chances Are e A Rent Boy Goes Down, il gruppo decide che è arrivato il momento di costringerti a capitolare.

E lo fa con una Justine Beckoning più obliqua e cangiante che mai, indecisa tra le chitarre noise dei Dinosaur Jr e quelle latineggianti dei Kings Of Convenience prima, e con il post rock circolare della deusiana Jimmy Scott Is The Answer poi.

E mentre ti salutano sconsolati sulle note agrodolci di Nonono ti rendi conto, una volta di più, di come questi Canadesi camaleontici e brillanti, dal talento bizzarro e dalla fantasia smisurata, non puoi proprio fare a meno di adorarli.

V Voti

Voto degli utenti: 7,7/10 in media su 3 voti.
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REBBY 7/10

C Commenti

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ivanluprano (ha votato 9 questo disco) alle 20:09 del 24 maggio 2007 ha scritto:

grandi

2004 folkloric feel conquistò il primo posto nella classifica dei miei migliori dischi.ad ogni ascolto cresceva sempre di più il piacere che questo primo lavoro riusciva a darmi.oggi se pur con qualche innovazione piccola ma capace di diversificare i due album riscopro quello stesso piacere che si trova in quei dischi che crescono pian piano ascolto dopo ascolto.eccezionale!!