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R Recensione

7/10

Odd Couple

Yada Yada

Dietro una copertina stilizzata a mo’ di fumetto, l’ho appreso col tempo, spesso si camuffano dischi degni di essere ascoltati. Sorpresa non sorpresa, il teorema colpisce ancora. Davvero interessante questo full length dei berlinesi Odd Couple, “Yada Yada”, terzo in ordine di scrittura – lasciando volontariamente fuori la produzione su formati minori – dopo l’autoprodotto “It’s A Pressure To Meet You” (2015) e il sophomoreFlügge” per Cargo Records (2016): una testimonianza concreta dei profondi e coinvolgenti mutamenti che stanno interessando il garage contemporaneo, anche al di fuori del clamore mediatico e dell’attenzione critica che hanno recentemente interessato alcuni dei nomi più importanti della scena (Ty Segall e i suoi innumerevoli progetti, Mikal Cronin, i King Gizzard & The Lizard Wizard e le loro varie estensioni).  

Mai come in questo caso la generalistica etichetta di “garage” è flat, inadeguata ad esprimere la complessità delle trame di “Yada Yada”: che su quell’estetica sciattona e stralunata certo punta molto, ma solo ad un primo ed ingannevole livello interpretativo. Ben più ricco ed eterodosso, rispetto alla media del genere, è l’armamentario in dotazione al trio teutonico: sovrastrutture space, un certo gusto motorik per la reiterazione, non comuni capacità strumentali e una tensione continua all’improvvisazione. La metamorfosi si completa lungo la linea di basso su cui esplodono i synth accecanti della conclusiva “Westend”, ma significativa è già l’apertura di “Bokeh 21”, una “Rattlesnake” formato Can dissestata da stoccate stoner e abrasive divagazioni psych. Ancora, fra le granitiche dinamiche di “Vielfraß” – i Fu Manchu impregnati di fuzz – fanno capolino vocoder e imponenti rinterzi di tastiere: vieppiù espliciti sono il bordone futuristico di synth su cui si appoggia “Fangdannan” e l’anodina kraut-wave di “Gib Mir Das”. Non aspettatevi, pertanto, un singolo propriamente detto: persino le rasoiate digitalizzate à la Hellacopters di “Stiff” e la sfrontatezza di “Katta” – degli Hives sbrindellati, dei Quit Your Dayjob iperdistorti – assomigliano più ad un atto performativo, un autentico sberleffo r’n’r.

Divertente, divertito, originale e ben orchestrato: anche quest’estate, grazie a dischi come “Yada Yada”, può finalmente trovare il suo senso.

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