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R Recensione

8/10

Bad Love Experience

Rainy Days

I Bad Love Experience sono dannatamente rock 'n roll.

Ma non quel rock ‘n roll sudato, sporco e maledetto che tutte le rock star anelano ad incarnare. I Bad Love Experience impersonano il rock ‘n roll più fine ed elegante, figlio di un estro artistico tanto educato quanto volitivo e seducente. E questo per due motivi principali: primo perché i nostri sanno suonare bene, e tanto precisi risultano singolarmente quanto coesi e ben orchestrati appaiano di concerto. Secondo, e non meno importante, per una vena creativa ispirata e vividissima.

I Bad Love Experience vengono dalla Toscana più sanguigna e passionale, quella Livorno musicalmente florida che per l’occasione si veste di bianco, rosso e blu, trasformandosi nel miglior distaccamento possibile della Gran Bretagna più beat. Il nuovo disco del combo labronico, intitolato laconicamente Rainy Days, esce tre anni dopo l’esordio omonimo, e dopo una fugace apparizione nel film di Virzì "La prima cosa bella", nel quale partecipano alla colonna sonora e interpretano, in una breve comparsata, il più che calzante ruolo di un gruppo rock. Il nucleo storico della band è formato dal chitarrista e cantante Valerio Casini (autore delle liriche), dal bassista (e cantante pure lui) Emanuele Voliani e dal batterista Gabriele Bogi ai quali, per arricchire il sound di classe ed eleganza, si unisce l’estro del pianista Claudio Laucci, e per donare ulteriore varietà e graziosi orpelli, anche un’importante serie di strumentisti.

Il sound dei Bad Love Experience affonda le proprie radici nei sessanta più celebrati,  quando i quattro di Liverpool decisero che fosse giunto il momento di rendere l’Inghilterra il fulcro del rock, piantando la Union Jack sulla cima dell’Olimpo musicale. L’ammirazione per sonorità tipicamente british dei vari Beatles, Kinks, Who e compagnia,  frammista alla più celata passione per i dirimpettai a stille e strisce Beach Boys (pur senza disprezzare artisti più contemporanei) non fa si che i Bad Love si smarriscano cedendo in personalità. Tutt’altro. Fluorescenti e briosi, pur su uno spartito già ampiamento interpretato.  Indie classico lievemente psichedelico  saltuariamente “corrotto” dal punk più soft, che flirta ammiccante con il rock melodico più sofisticato, pur non disdegnando leggere derive  etnico barocche (come testimoniato dagli accattivanti interventi di violini, trombe, banjo, armoniche e congas). Ma tranquilli, ascoltando i Bad Love Experience non vi sembrerà di trovarvi a Londra nel 1960, ne in California dieci anni più tardi, e neppure in Italia ai (piovosi) giorni nostri. I Bad Love si posizionano in quel limbo deliziosamente ai confini del tempo e dello spazio, sublimando con impeccabile stile e sintesi puntuale una passionalità tutta italica, una meticolosa impostazione britannica e il chiassoso ardore d’oltreoceano.

Dodici tracce unite da un sottile filo invisibile che dona ad ognuna delle singole perle che compongono Rainy Days una nuance uniforme e coesa a costituire un’unica,  preziosissima, collana. Dodici micromondi tra i quali spiccano le adrenaliniche Break Away e The Day (la più “internazionale” ed esportabile del lotto), la meravigliosamente incalzante 21st Century Boy, la malinconica Somebody born to walk con il suo trasognante assolo di flauto, la cinematografica Walking on my feet e la splendida sfarzosa  ballata  Knowing all the things I’ve Known (la più beatlesiana di tutte). I Bad Love Experience si divertono giocando con melodie amabilmente gaglioffe, attirando con colori sgargianti e ritmo trascinante che rendono Rainy Days una delle uscite più interessanti dell’anno permettendo loro di ergersi, con merito, nel gota del panorama indie del bel paese (al pari dei campani A Toys Orchestra).

Dio continui pure a salvare la regina quindi, ci mancherebbe,  ma che abbia un occhio di riguardo anche per la Maremma, suvvia. 

V Voti

Voto degli utenti: 7/10 in media su 2 voti.
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