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R Recensione

8/10

Polvo

Exploded Drawing

La chitarra elettrica e il suo Paradiso. Questo più o meno sono i Polvo, ennesima band spuntata fra le gocce di rugiada di quell’epifania abbagliante che è l’indie-rock americano.

Come molti conterranei e correligionari, i Polvo hanno un approccio al rock intuitivo, disinibito e coraggioso immediatamente riconoscibile: queste band formate da ragazzini cresciuti bruciandosi i neuroni sotto il sole, o magari contemplando vaste distese nevose (“Snowstorm in Iowa”), sono l’essenza stessa del rock alternativo, l’ultimo bastione della dissidenza culturale, e soprattutto una gran figata.

Non hanno altari cui immolare la propria fedeltà, e al contrario di molti colleghi d’oltremanica non sono schiavi di una scena, tantomeno di un’immagine in copertina.

Antepongo i Polvo a gente come i Built to Spill perché li vedo come più originali e balordi: meno fedeli al vocabolario younghiano, i ragazzi del North Carolina assomigliano più a un incrocio fra i Sonic Youth e i Flaming Lips, con tanto di qualità trascendenti in stile Television.

Le chitarre sanguinano e si prendono sempre la parte principale, come da manuale sonico, ma i continui cambi di passo, i tempi contorti, la bizzarria sonora evocano chiaramente Wayne Coyne.

Exploded Drawing” è un lavoro meravigliosamente antiquato e insieme all’avanguardia. Perché le chitarre duettano come in tutte le rock band che si rispettino, ma gli intrecci sono eclettici e ricchi di sorprese: ora petulanti, ora fragorosi e angolari, ora deformi e psichedelici. La batteria scarna e lontana contribuisce a rendere allucinato il sound, pur senza mai deflagrare nell’acid rock vero e proprio.

Le melodie frastornate sono il fiore all’occhiello: i Polvo si rivelano una combriccola di scalmanati divertenti, e sinceramente non potevamo aspettarci di meglio in ambito sperimentale

Rumore e melodia hanno celebrato il matrimonio almeno al tempo dei Dinosaur Jr, probabilmente prima, e quindi non è che mescolarli sia una gran novità.

I Polvo però festeggiano le nozze d’oro con largo anticipo: perché la commistione trova significati nuovi, mette nel mirino ulteriori obiettivi.

Le strutture melodiche dei vari brani, tutto sommato ordinarie, sono infatti annientate dal rumore, si deturpano, prima si compattano e poi si aprono in ampie volute dalle sfumature country-blues.

Gli arpeggi strampalati, le dissonanze brutali che palleggiano con successioni di accordi sufficientemente comprensibili e regolari dimostrano che l’irrequietezza e l’eclettismo possono ancora essere un valore aggiunto.

I brani sono frastagliati come la costa norvegese e disseminati di trovate provocatorie e geniali: si avvicendano emorragie vocali e solo turbolenti, impennate di volumi e repentini mutamenti d’atmosfera.

Alla fine ti senti strattonato, costretto ad aggiornare repentinamente il listone personale dei dischi alternative-rock preferiti degli anni ’90, e hai in bocca un sapore acidulo ma gustoso: questo significa che questo manipolo di pazzoidi ha centrato l’obiettivo.

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Voto degli utenti: 7,9/10 in media su 7 voti.
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zagor 7/10

C Commenti

Ci sono 3 commenti. Partecipa anche tu alla discussione!
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zagor (ha votato 7 questo disco) alle 21:40 del 21 agosto 2013 ha scritto:

carucci dai, una versione post rock dei dinosaur jr ma senza il talento di mascis nello scrivere canzoni memorabili.

internalvoid (ha votato 8 questo disco) alle 15:59 del 4 febbraio 2017 ha scritto:

ahahahahahahaha

nice meme bro

FrancescoB, autore, (ha votato 8 questo disco) alle 12:23 del 22 agosto 2013 ha scritto:

Il paragone ci sta, però io vedo riferimenti più ampi rispetto ai Dinosaur: come ho scritto, noto ammiccamenti alle bizzarrie dei Flaming Lips, alle lunghe bordate di rumore dei Sonic Youth, anche alla new wave più cristallina. Certi crescendo sono splendidi.