Lucio Battisti
Umanamente Uomo: Il Sogno
Tempo fa mi è capitato di leggere su un quotidiano che stimo (ma ammetto di aver vacillato, sul momento) che Battisti, di fatto, è esistito solo con Mogol. Un brivido di terrore mi ha percorso la schiena, e vi giuro che la sera, prima di addormentarmi, lo stomaco ancora farfugliava. Una bestialità assoluta, scovata per di più sulla pagina culturale (ma forse dovrei mettere le virgolette) di un giornale importante.
È da un bel po' che la cosa mi rode.
Ma la vendetta è un piatto che va servito freddo. Quindi eccola: il merito della grandezza di Lucio (indovinate un po') è quasi tutto di Lucio.
È lui ad aver reso più grandi prima Mogol e poi Pasquale Panella.
Entrambi parolieri validissmi, pur nella loro enorme diversità, senza dubbio. Ma che senza il supporto del genio di Poggio Bustone non hanno proprio sempre regalato perle indimenticabili, arrivando in determinate occasioni a toccare veramente il fondo: Essere una donna di Anna Tatangelo può ferirti come una spada (e l'ha scritta Mogol), e pure l'ermetico avanguardista partenopeo non è esente da brutture (il pur simpatico Minghi non vale un'unghia di Lucio, per quanto mi riguarda, eppure suoi testi sono in larga misura opera del poeta).
Forse che il segreto stia, allora, nella superiore capacità di Lucio di ricavare il meglio dai suoi collaboratori, di sublimare le loro intuizioni?
Un esempio? Umanamente Uomo: Il Sogno è un disco immortale della fase Mogol, pubblicato quando il duo viaggia a pieno regime (e vende come nessuno, nel 1972), ma il merito è quasi tutto della grandiosità di Lucio, del suo genio in pieno fermento, del suo proverbiale coraggio visionario.
L'artista volteggia ad altezze siderali e carica di pathos e intensità le liriche certo belle ma comunque a tratti piuttosto normali del fido scudiero: pensare che il segreto di un disco tanto bello stia in Mogol è veramente fuorviante e riduttivo.
E Penso A Te è un pezzo sin troppo celebre, che meriterebbe fiumi di inchiostro: io mi limito a dire che le liriche, certo ben strutturate e interessanti, diventano un capolavoro assoluto soltanto perché le interpreta Battisti.
Che pare vivere i suoi pezzi, più che limitarsi a cantarli. Lui è il protagonista, lontano dall'amata ma incapace di dimenticarla. Non fa che pensare a lei, e tutto sembra vero, autentico, un nodo nello stomaco. La voce stremata e quasi afona di Lucio possiede un potere magico, che risulta persino difficile descrivere. Un potere che però è tutto, perché la forza della canzone si nasconde tutta dentro le vibrazioni delle sue corde vocali (per inciso, si tratta di un brano che non esito ad inserire nella mia personale, ipotetica top ten dell'autore).
Il pezzo che dà il titolo al disco è un morbido folk strumentale impreziosito da carezze orchestrali, che non ha bisogno delle parole per inchiodarci alla sedia. Comunque Bella, con qualsiasi altro artista al microfono, potrebbe suonare come un pezzo degno dell'Ariston. Invece è elegante e insieme poderoso, sfibrato ma anche luminoso.
I Giardini Di Marzo è un altro pezzo di storia della canzone italiana, quasi il suo David di Michelangelo. Cupa, ripiegata dentro le paure più oscure dell'animo umano, è anche un inno alla forza dirompente dell'amore sul quale non mi dilungo, lo conosciamo tutti a memoria (e questo è quasi ingiusto: si finisce per considerare banale qualcosa che invece è divino).
Umanamente Uomo: Il Sogno è un lavoro importante perché segna forse la prima, vera rottura rispetto al Battisti degli esordi (fatta in parte eccezione per Amore E Non Amore dell'anno precedente). E non è un caso che si tratti del primo disco pubblicato per la Numero Uno, dopo gli anni con la Ricordi: Lucio vuole sentirsi libero e comincia a fare terra bruciata intorno a sé, anche se non mancheranno negli anni a venire successi da copertina (ma da questo punto di vista il meglio è già alle spalle).
Sognando E Risognando, in tal senso, è indiziaria: è un pezzo articolato e imprevedibile, che sprigiona idee ed energie di matrice quasi progressive (seguendo le intuizioni de I Giardini Di Marzo, in tal senso), pur senza dimenticare le radici pop.
Nessun dubbio, quindi: il futuro di Questo Inferno Rosa e de Gli Uomini Celesti è davvero alle porte.
E del resto, il progressivo, costante inasprimento dei rapporti con i media (che si fanno burrascosi proprio nel 1972) è una nube oscura che già lascia presagire strappi violenti.
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