Binker Golding
Abstractions Of Reality Past And Incredible Feathers
Davvero impressionante, persino per la nostra epoca di lastricati e fibra ottica, la rapidità con cui il sassofonista londinese Binker Golding è riuscito a bruciare le tappe e ad imporsi come uno dei nomi di punta della rinascita contemporary jazz dOltremanica volto e mente di una società multiculturale in cui sforzarsi di distinguere e separare le parti che compongono lintero è diventato, prima che dannoso, addirittura e semplicemente inutile. Esordio in sordina come sessionman dellonesta voce soul di Zara McFarlane (ruolo che ricoprirà anche negli anni a venire, oltre che per la McFarlane, per Joy Ellis e Sarah Tandy fra le altre): successiva formazione di un dirompente duo (assieme al batterista Moses Boyd, a sua volta leader di formazioni compartecipate da Golding) dalla centralità artistica già indiscutibile, con il quale registra tre dischi in quattro anni fra studio e live; unulteriore incisione, ad inizio 2019, con il giovane pianista e tastierista Elliot Galvin (Ex Nihilo). Oggi, infine, il salto di qualità definitivo, a capo di una band scintillante (Joe Armon-Jones al piano, Daniel Casimir al basso, Sam Jones alla batteria) che, in Abstractions Of Reality Past And Incredible Feathers, interpreta un pugno di composizioni interamente autografe.
Di tutti i progetti cui ha messo mano, questo quartetto rivela forse lanima più classica e tradizionalista di Golding, la cui scrittura (sebbene ispirata, a detta del diretto interessato, dallacid jazz novantiano) si rannicchia qui allombra di un perimetro che taglia in due unampia zona tra bop e jazz modale. Quello che sembrerebbe il preludio ad un disco già ascoltato troppe volte negli ultimi anni si trova a fare i conti con linvidiabile freschezza melodica delle head di Golding (particolarmente accattivanti le striature soulish nel jazz hop di Exquisite She-Green e lexotic-gospel di Fluorescent Black) e con la generale tenuta delle improvvisazioni singole, con un particolare plauso allottima mano di Armon-Jones (il jive swingato da trapezisti incastonato nellomaggio mingusiano di I Forgot Santa Monica, ancora Exquisite She-Green, la serpentina evansiana che vivacizza la narrazione un po ruffiana di You, That Place, That Time). Il rifarsi a un pantheon di modelli irraggiungibili assomiglia, se si vuole, al personale tentativo di Golding di ascendere ad un livello superiore di autorità istituzionale, oltre il plauso critico del momento: aspirazione sicuramente legittima, ma non del tutto alla sua portata. Se, in qualche modo, gli onnipresenti fantasmi di Sonny Rollins e John Coltrane convengono senza troppi sussulti in un elaborato bop di metà tracklist (Skinned Alive, Tasting Blood), non ancora indolore è la transizione ad un affresco dal respiro quasi orchestrale che, fatta eccezione per leccelsa caratura dei solismi nevrotici di Golding e Armon-Jones, è lontana dalla magniloquente quadra del primo Kamasi Washington (Strange-Beautiful Remembered).
Per quanto fosse lecito aspettarsi qualcosina in più, Abstractions Of Reality Past And Incredible Feathers non fa altro che riconfermare un sospetto che covava da tempo: non si può più ignorare il nome di Binker Golding.
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