Beth Gibbons, Polish National Radio Symphony Orchestra, Krzysztof Penderecki
Henryk Górecki: Symphony No. 3 (Symphony Of Sorrowful Songs) Op. 36
Qualche statistica sparsa. Diciassette: gli anni che la separano dallo splendido esordio solista in coppia con Rustin Man (Out Of Season). Undici: gli anni di silenzio discografico dei Portishead accumulatisi dopo il roboante ritorno sulle scene con Third. (Quasi) cinque: gli anni che intercorrono tra lesecuzione dal vivo della Terza di Henryk Górecki (la celebre Symfonia pieśni żałosnych) e la sua distribuzione in formato fisico. Ogni volta che il nome di Beth Gibbons ritorna di pubblico dominio è, di per sé, un piccolo evento. Non è solo la leggenda del periodo doro del trip hop a fare grande la ragazza di Exeter: è, soprattutto, lostinata volontà di centellinare le proprie apparizioni, la ritrosia a riflettori e grandi palchi, un profilo costantemente basso, immerso nella penombra. Questa la differenza tra lei e molte altre antidive degli anni 90: laccuratezza di far suonare e sembrare sempre speciali i progetti cui di volta in volta legarsi. Anche nel caso delloggetto del contendere, una delle sinfonie contemporanee più omaggiate e riprodotte del suo tempo (dalla sfolgorante esecuzione londinese del 1992, resa memorabile dal celebre soprano Dawn Upshaw, alla più recente rilettura di Colin Stetson), la personalità di Beth si erge percepibile. Non è una voce tra tante prestate alle dolenti partiture di Górecki: questa è la sua sinfonia, il suo lirismo, il suo dolore.
Su genesi, attacchi politici e rinascita critica della Symfonia pieśni żałosnych si è detto e scritto tanto qui, per chi volesse, un utile condensato. Più interessante capire come una personalità pop come la Gibbons, per quanto borderline, sia entrata in contatto con lopera del maestro di Czernica. La vulgata afferma che, nel 2013, allindomani di un concerto dei Portishead tenutosi in un festival a Nowa Huta (il vecchio quartiere industriale della Cracovia socialista), lorganizzatore sia rimasto così colpito dal risultato finale da suggerire al Narodowy Instytut Audiowizualny il profilo di Beth come interprete del repertorio di Górecki, allinterno di un più ampio progetto che mirava a far incontrare musicisti occidentali e compositori polacchi (Jonny Greenwood dei Radiohead e Krzysztof Penderecki, Bryce Dessner di The National e Witold Lutosławski). Sembrerebbe la più classica delle sfide impossibili: la sinfonia è pensata per essere cantata da un soprano (la Gibbons è un contralto) e il libretto è rigorosamente in polacco (lingua che Beth non conosce). Come tale, naturalmente, viene accettata. Un severo training tecnico e linguistico di qualche mese permette alla protagonista di arrivare mentalmente e fisicamente pronta alla serata del 29 novembre 2014: la città è Varsavia, la location il Teatr Wielki, laccompagnamento quello della Polish National Radio Symphony Orchestra, diretta nientemeno che da Penderecki.
Il primo movimento (I. Lento Sostenuto tranquillo ma cantabile), noto anche come Synku miły i wybrany (Figlio caro e prediletto), prende ispirazione da un ciclo di canzoni risalenti al XV secolo e provenienti dal monastero della Santa Croce, tra i monti Świętokrzyskie, che mettono in musica lo strazio della Vergine Maria nel rivolgersi al figlio agonizzante in croce. Il noto crescendo orchestrale della semplice melodia, progressivo e costante, ha un effetto così struggente da desiderare non finisse mai: lingresso di Beth al giro di boa della prima metà, annunciato teatralmente dal rarefarsi degli archi e da lievi rintocchi di piano, è rivestito di autentico dramma, ancor più evidente nelle imperfezioni tecniche del canto (lintensità del tono qui e lì si smaglia, soprattutto nella gestione degli acuti). Già profondamente emozionante, la performance acquista di ulteriore spessore con il secondo movimento (II. Lento e largo Tranquillissimo), che prende il nome (Mamo, nie płacz, nie: Mamma, non piangere, no) dalle prime parole dellepigrafe che la diciottenne Helena Błazusiakówna incise, nel settembre 1944, sul muro di una prigione nazista a Zakopane, dove avrebbe trovato la morte: una testimonianza che è al contempo commiato e preghiera, sul cui cuore dolente si susseguono i ricami minimalisti di piano e violini. Lontana dal trovare requie, nel terzo e ultimo atto (III. Lento Cantabile-semplice) Beth dona corpo e voce allanima inquieta di una madre alla ricerca del figlio disperso nelle rivolte slesiane di fine anni 10 (Kajże się podzioł, mój synocek miły?). Dapprima fosca e plumbea, lorchestra acquista col passare dei minuti sempre più levità, sino a ritagliarsi in coda lo spazio per un estatico contrappunto, un valzer rarefatto proposto come conforto ultraterreno (e come tale consono alla richiesta che la donna rivolge ai fiori, di crescere tuttattorno alla salma del figlio per garantirgli un riposo sereno).
Non si potevano avere dubbi sulla prestazione stellare dellensemble polacco, ma la vera sorpresa è, ça va sans dire, Beth Gibbons, che esce dalla performance a testa altissima e con uno status artistico impressionante. Il carattere non accademico dellinterpretazione è compensato dalla vastità del suo spettro emozionale: un orizzonte in cui dolore, nostalgia, speranza e malinconia si fondono in un blocco unico le cui sfumature sono in costante mutamento. Chi conoscesse già lopera di Górecki, o avesse familiarità col polacco, potrà apprezzare limpresa ancor più nel dettaglio. A tutti gli altri, la sensazione di aver assistito, seppur indirettamente, ad un preziosissimo frammento darte, che si spera possa avere un seguito in futuro.
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