R Recensione

7/10

The Levellers

Levelling the Land

I Levellers del 1600 sono un capitolo minore della storia europea, appena citati anche dalla storiografia più politicizzata. Ad oggi, dopo una breve parentesi di successo all’uscita di questo album, sono un capitolo minore della musica europea..

Ai tempi di Cromwell proponevano il “livellamento” politico, anticipando quei principi che saranno alla base della Rivoluzione Americana., mentre musicalmente anticipano molto poco, ma propongono un sano folk rock di qualità.

Quel che colpisce di più di è la capacità di inserire testi politicizzati, togliendo ogni angolo e superficie di retorica, in una musica senza sbavature e suonata con ottima tecnica. Definiti da alcuni i Clash Celtici, da altri U2 postpunk, riescono invece a brillare di luce propria; basta ascoltarli per capire che i collegamenti citati sopra esistono solo in apparenza (in alcuni cantati i primi, in alcune immagini dei testi i secondi).

Usano frasi di Proudhon e rientrano a pieno titolo nella green anarchy (in italiano si potrebbero dire anarchici di sinistra), senza quindi perdersi in introspezioni musicali e dando spazio a un musica viva mai monotono.

I Levellers suonano musica per divertirsi e far divertire, ed in breve hanno conquistato una schiera di fan irriducibili che, ben prima dell’incontro tra Mark Chadwickla e la China Records, andranno sotto il nome di happy hitchers (i felici autostoppisti),

Il violino si inserisce come ospite ma risulta essere un elemento fondamentale nella struttura musicale dei vari pezzi. Il suono non si fa mai particolarmente duro, preferendo prestare il fianco a melodie più orecchiabile e decisamente distanti dai Sex Pistols, che senza le dovute perplessità vengono citati in alcuni forum di happy hitchers.

La vera radicalità (che storicamente apparteneva ai Diggers, area radicale a sinistra dei Levellers, anche se i due vengono spesso confusi) sta nei testi, anziché nella musica. Tanto che il punto di forza di quest’album è il risultato d’insieme. Viene voglia di libertà ad ascoltare questo cd del 1991, viene voglia di lasciare tutto e cominciare a correre per qualche collina britannica. Non a caso, in tutta la decade di fine secolo, saranno la passione di automobilisti e travellers.

Unico punto veramente negativo è la ballad politica, che suona come qualcosa di già sentito e poco convincente, per quanto pensare di ridurla a una copia di Bob Dylan – come qualcuno cerca di fare – sia esageratamente riduttivo.

C’è sincerità e voglia di suonare, c’è capacità d’insieme, una voce nobile e celtica abilmente gestita… Ma manca qualcosa, forse un corrispettivo di aggressività tra testi e musica.

Sicuramente sono un gruppo da palco live, più che da studi album. Difficile ascoltare Another man’s cause e immaginarsi i componenti intransigenti sulla gestione della loro cassa comune (tengono i fondi condivisi con approccio comunitario, fissando la soglia giornaliera spendibile da ognuno), tanto da causare la fuoriuscita di uno dei componenti “originari” (Alan Miles, presente nel primo album ma già qui sostituito da Simon Friend).

In definitiva possono essere simpatici quanto spontanei, e sicuramente non meritano la segregazione nei sottoscala, perché capaci di un funk rock ineccepibile qualitativamente, ma manca il marchio di fabbrica, quel “in più” che farebbe di Levelling the land un capolavoro.

Un buon cd, che lascia un dispiacere di fondo, un “peccato non abbiano fatto meglio”.

Potendo, per dimenticarsi la malinconia, ci sarebbe da scendere al festival fuori città e lasciarsi trascinare, fra fiumi di birra, in un loro concerto.

Se passate da Brighton proteste essere fortunati…

(Note Finali

- In Inghilterra godono in realtà di un successo ben maggiore rispetto alla media internazionale, soprattutto grazie ai loro concerti

-In realtà non è provata una connessione tra il nome del gruppo e gli omonimi storico-politici, seppure molto probabile

- Un consiglio; provate ad ascoltarlo mentre leggete La banda dei Brocchi di Jonathan Coe)

V Voti

Voto degli utenti: 7/10 in media su 1 voto.
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C Commenti

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otherdaysothereyes (ha votato 7 questo disco) alle 11:01 del 30 ottobre 2008 ha scritto:

Un buon disco...

Il loro migliore comunque, che si destreggia all'interno del super-calderone britannico con agilità: dal punk celtico del Pogues,all'anti-folk di Billy Bragg, fino ovviamente ai primi Waterboys senza rinunciare, come hai ricordato, ai più "classci" U2 e Clash (One way ne è la dimostrazione).