Zeus!
Motomonotono
È lanno della capra, una risata ci seppellirà: bando alle ciance e squillino le trombe, allora!, riversiamoci in massa a ballare la tanz debil trogloditica di fine Impero. Allucinazioni o meno, Luca Cavina e Paolo Mongardi a Copacabana se la spasserebbero, altroché. Immaginateli, allora, i carrozzoni di caricature e smutandate, di brasileiri in preda a furore bacchico che si gettano in strada, credendo forse di udire la carica del funk, il calore della musica popolare. Ma no hay banda, no hay orchestra, la cattiveria è un mero facepaint e limmagine che si fissa è, piuttosto, quella di due individui barbuti, sunglasses inforcati a mo di rockstar daltri tempi, a sudare e sobillare anime. Phase Terminale (lultimo di una sfilza di titoli geniali) è stolida e inappuntabile: il basso di Cavina è ispessito a tal punto da sembrare una maligna chitarra fuzz, un residuo antebellico sabbathiano, laddove invece Mongardi rinfocola gli irregolari incastri del collega (un perfetto 5/4: ci avevate fatto caso?) con una ritmica balzellante interamente imperniata sul botta e risposta tra rullante e cowbell. Niente meno che una samba riedita e ricucita in salsa math-core (!), una Turbo Pascal al massimo grado. E il phaser? Quello arriva nella seconda parte, contaminando lorgiastica ripresa del tema principale, un martello kraut-noise scagliato nello spazio (i Battles sotto benzedrina?) dallimpeto crescente.
Se anche non vi ritenete critici provetti, qualsiasi prefisso premettiate a core va bene: è il nocciolo che ci interessa, per lappunto. La sostanza. Lhardware. Motomonotono (laccento cade sul primo no) è, in verità, un monumentomonotono: al pragmatismo e allesuberanza. Si riveda il giudizio, specialmente su quel monotono che, ad una prima lettura, si carica quasi esclusivamente di accezioni negative (giacché il mondo non conosce lingue neutre e litaliano, di per sé, è ben polarizzato). Il senso intimo del disco è la ripetizione, la reiterazione, laffondo in più riprese, il perfezionamento progressivo del primo colpo. È cosa assai diversa, quandanche non antitetica, dalle barocche fasi di accumulo e spiazzamento di Opera e dalla ruvidezza intrinseca del primo Zeus! (sono già passati cinque anni: incredibile). Gli Zeus! di Motomonotono giocano da subito a carte scoperte: non vi sono segreti da celare. Se è vero che al mondo vi sono poche certezze, tra queste vè sicuramente il fatto che la Rota contenuta nel Metamorphosplit con gli Ornaments non è stata una sperimentazione isolata: si lavora alacremente di aggiunta e sottrazione su un corpo principale che non subisce variazioni di rilievo. Tantè che il meltdown che fa collassare in un colpo Forza Bruta Ram Attack è annichilente perché in nessun modo preconizzato dal nervoso pesticciare di basso e batteria, la violenza cartoonistica di All You Grind Is Love (un bloodbath grind dal tiro terrificante) quasi ritagliata di prepotenza in mezzo agli scampoli di un discorso altro, devoluto ad altro.
A gioco e sollazzo, dispendiosi sotto il profilo fisico (basti per tutti il metal matematico delliniziale Enemy E Core, la più vicina allugola arrossata del s/t), viene garantita continuità e (apparente) semplicità desecuzione, grazie allo straordinario interplay tra i musicisti allopera (uno dei migliori duo che lItalia abbia mai sentito in ventanni) e alla loro intelligenza nella scrittura. Quando viene seppellita lascia di guerra sfoderata con fierezza, al contrario, sul complicato tip-tap à la Lightning Bolt di Colon Hell nascono episodi come la lunga Panta Reich (applausi a scena aperta), landscape ambient deformato da interferenze industrial, il linciaggio hardcore di Rococock Fight (con una seconda metà tutta tribalismi e suggestioni orrorifiche), e librida Shitfing, Moonchild zorniani versione panzer prog-core dove i riff di Cavina sono lame che squarciano i compatti tam tam di Mongardi (brano strepitoso). Sono ulteriori ampliamenti di uno spettro sonoro fattosi già ricco collaccumularsi degli anni, dei concerti e delle prove studio, necessari a controbilanciare certe fragilità di metà scaletta (la pestona Krakatoa).
Ci si rende conto, dopo numerosi ascolti, che ogni disco degli Zeus!, volutamente e a suo modo imperfetto, completa armoniosamente il precedente. Va così a formarsi una catena di fuoco che brucia e purifica, meraviglia e intrattiene. È assodato: non cè più alcun ostacolo sulla strada dei nostri eroi.
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