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R Recensione

7,5/10

Filippo Gatti

La testa e il cuore

Filippo Gatti è uno di quei nomi che tutti dovrebbero ricordare, ma che per la maggioranza resta tutt’ora poco conosciuto. Già leader e fondatore della rock band Elettrojoyce, collaboratore e produttore artistico per artisti quali Bobo Rondelli e Riccardo Sinigallia, arriva oggi al suo terzo disco come solista, “La testa e il cuore”. Un disco importante, in cui ritroviamo le caratteristiche essenziali del suo stile compositivo, a cavallo tra canzone d’autore e rock, tra suoni acustici ed elettronica. L’album si presenta quasi come un concept: non c’è una vera e propria storia da raccontare, ma la sequenza dei brani fa pensare ad un viaggio, con il suo inizio, il cammino percorso, e l’approdo finale.

Un viaggio che inizia con un brano d’atmosfera: con solo poche note di piano e chitarra, “Gli accordi di Leonardo” introduce l’ascoltatore in questo viaggio dai sapori quasi cinematografici e dai suoni avvolgenti, quelli di “Il re di Lampedusa”: registrato in una session improvvisata, in cui spiccano i suoni del violino e quelli elettronici, con un testo che dice molto senza essere troppo esplicito (“per non finire sotto terra attraversando la marea, una vita vale mille lire”), e con un doppio campionamento, quasi un botta e risposta, tra Pietro De Acutis (poeta in ottava rima) e Trump. Questa capacità di giocare contemporaneamente con i suoni acustici ed elettronici (non a caso tipica anche della musica di Riccardo Sinigallia) la ritroviamo in altri brani del disco, come in “Il Maestro e Margherita”, con un bel violino che si apre sul finale, in “Da soli non si può stare”, una splendida riflessione sul rapporto sentimentale, e in “I tuoi si sono scale al buio”, dove sulla base elettronica si appoggiano i suoni acustici di piano e chitarra e un testo molto interessante. Un brano che musicalmente può ricordare il miglior David Gray.

Se nella ballad “Amore perdonami”, dove la ricerca della canzone perfetta diventa una splendida dichiarazione d’amore, prevalgono i suoni acustici, con “Le Sirene e le Stelle” la batteria elettronica, poche note di piano e uno splendido violino accompagnano la voce di Gatti in una canzone intensa e profonda, forse una delle migliori del disco. Una canzone  speculare a quella che apre il lavoro: entrambe infatti sono canzoni di viaggio e di mare, ma dove la prima racconta la partenza e l’ansia del viaggio, la seconda descrive la sensazione di serenità seguente all’arrivo. La voce registrata di un venditore di un mercato di Dublino in “Epifania in un mercato di Dublino” introduce al brano finale, “Uh! La rivoluzione”, che chiude il disco così come è iniziato, con accompagnamento di piano e diamonica.

Un disco originale, lontano dagli stereotipi della classica canzone d’autore, che racchiude in se due chiavi di lettura: ad un primo ascolto, è una raccolta di bellissime melodie e canzoni dall’animo pop, ma ad un ascolto più attento scoprirete un cantautore attento alla parola, con una scrittura poetica, capace di contaminare canzone d’autore e sonorità rock.   

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