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R Recensione

6,5/10

Warpaint

Warpaint

Nelle interviste che hanno preceduto l’uscita dell’album la frontwoman Emily Kokal parla di compromessi, dell’equilibrio che bisogna mantenere all’interno della band. Come nella copertina di questo Warpaint, dice, che ritrae le quattro componenti sovrapposte in un gioco di trasparenze, bisogna diventare tutt’uno senza sopraffarsi. Gli stessi compromessi nel sound di questo sophomore della band losangelina che non lo rendono un disco pienamente compiuto, nonostante una direzione chiara. Troppa complessità ricercata che non sempre nasconde della sostanza.

Warpaint è un disco lento, costruito per non essere facilmente penetrabile al primo ascolto, rifuggendo consapevolmente un certo tipo di melodia che non fosse inabissata nel flusso ambientale che caratterizza il nuovo corso.

La scelta è stata di sottrarre e di fatti ci ritroviamo di fronte a un lavoro diverso dal disco d’esordio; evaporato il folk e messe in secondo piano le chitarre a favore dell’asse voce/sezione ritmica e dei synth, il post punk abulico delle Warpaint si è fluidificato, ma gli anestetici non hanno ancora terminato il loro effetto. Anzi, i mille cambi di sfumature delle canzoni sono pigri, ovattati, le texture sono squadrate ma si sviluppano lente e ipnotiche, come guardare un caledoiscopio sotto effetto di morfina. Fra vaneggiamenti dub, sottofondi di fruscii e note dissonanti che non fanno che esaltare i momenti in cui il flusso degli strumenti collima con la voce, rivelando pieghe di dolcezza, quella che ascoltiamo è, appunto, una virata verso territori ambient.

La batteria modifica la propria rigidità post-punk su ritmi downtempo  negli episodi più interessanti e radicali (“Hi” quasi Portishead, la molle e ovattata “Teese”) e dovunque la sensazione è quella di una lenta evoluzione. Prendiamo “Biggy” che si apre con un riff sghembo e dondolante, sorretta da un basso ossessivo dal passo circospetto e che ad ogni ripresa si arricchisce di dettagli, si espande e poi si richiude sullo stesso ostinato, infine se ne dimentica fra i riflessi dei synth in chisura.

La figura di Nigel Godrich, pubblicizzata come produttore, è in realtà intervenuta solo in fase di mixaggio in due canzoni: “Love is To Die” e “Feeling Alright”. La prima, con la sua strofa à la Beach House  e il cambio di chiave nel ritornello è un riuscitissimo singolo, un po’ summa del disco e la seconda, retta interamente dal basso mentre le chitarre si limitano a rifinire, potrebbe essere indicata come ponte ideale con “The Fool”, insieme a “Keep It Healty”, marcetta eterea dove le chitarre giocano ancora un ruolo importante. La scossa “Disco//Very” è funk scuro e ossessivo, piuttosto fuori posto, che trova la sua nemesi nella successiva “Go In”, eccessivamente drogata e priva di mordente.

La parte finale è quella in cui ci si spinge più lontano dalle origini, fino al retrogusto industrial di “CC”, al synth pop cinematico di “Drive” e alla ballata onirica “Son”, ad alto gradiente melodico, per chi ha attraversato il trip fino alla fine.

Warpaint si apre con un passo falso, un inaspettato dietro le quinte, l’“Intro” in cui la batterista sbaglia il pattern con tanto di imprecazione ma, nonostante un certo sentore di incompiuto, il disco non è definibile come tale; semmai è un disco di transizione, che necessita di qualche ascolto per disperdere le nebbie in cui è avvolto e rivelare, per fortuna, che il nuovo ne è la parte più interessante.

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Voto degli utenti: 6,7/10 in media su 9 voti.
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target 6/10
4AS 6/10
bonnell 6,5/10
Cas 5,5/10

C Commenti

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target (ha votato 6 questo disco) alle 20:27 del 7 febbraio 2014 ha scritto:

Si rialza nella parte finale, ma resta un mezzo passo falso. Splendidi suoni a coprire canzoni molto incerte. Bravo Vito, davvero.

4AS (ha votato 6 questo disco) alle 12:31 del 10 febbraio 2014 ha scritto:

D'accordo con target, suonato bene ma manca il salto di qualità. Tutto piacevole ma poco incisivo

bonnell (ha votato 6,5 questo disco) alle 11:16 del 12 febbraio 2014 ha scritto:

Mi soddisfa. 6,5

bonnell (ha votato 6,5 questo disco) alle 11:17 del 12 febbraio 2014 ha scritto:

Anche perchè il punto forte è proprio il suono.

casadivetro (ha votato 7,5 questo disco) alle 16:20 del 10 marzo 2014 ha scritto:

Buon disco, davvero.

hiperwlt (ha votato 7 questo disco) alle 10:14 del 26 marzo 2014 ha scritto:

Dislivello notevole, in termini di qualità, tra i brani ("Feeling Alright", "Hi", "Love is to Die" i punti più alti; quando si procede troppo a rilento il disco nel suo insieme sembra sgretolarsi) di un disco coraggioso per sottrazione ed aggiornamento (l'uso del'elettronica ha il suo perché, ma a volte risulta forzata) della sua estetica. In linea con l'ottimo Vito