Bruce Peninsula
A Mountain Is A Mouth
Mi rendo conto che per un gesto del genere potremmo ritrovarci tutti attaccati al termosifone di una Questura con uno straccio in bocca. Però facciamolo lo stesso: noleggiamo un pullmann, andiamo in Canada (ma in Canada lavorano ancora o si dedicano solo alla musica?) e preleviamo i Bruce Peninsula. Sono un mezzo esercito: ci sono Misha Bower e Matt Cully, che hanno fondato la band sui banchi di scuola nel 2006; cè Neil Haverty, loro coinquilino e primo membro associato del collettivo; poi cè la sezione ritmica formata da Andrew Barker (basso) e Steve McKay (batteria); ed infine altri sei musicisti noti come il coro.
Dunque: li carichiamo tutti sullautobus e li portiamo in Italia. Domenica mattina partiamo presto e ci fermiamo a Roma, in piazza San Pietro. Li sistemiamo tutti e undici sotto il balcone più famoso del mondo, facendoci spazio tra rappresentanze colorate di Comunione e Liberazione, stanchi gruppi di gitanti polacchi e ricche signore con splendidi animali morti sulle spalle e orridi animaletti vivi in braccio. A mezzogiorno in punto uno di noi (chi vuole avere lonore?) si arrampica sul terrazzino, ruba il microfono e grida God is Love!!! One, two, three .
A quel punto i Bruce Peninsula iniziano ad eseguire uno dopo laltro i brani di A Mountain Is A Mouth, loro album desordio: cominciano piano, con religioso rispetto, ma già al terzo minuto di Inside, Outside introducono un tema percussivo che si trasforma in una forsennata danza gospel condotta dalla voce di Neil Haverty (immaginate un Tom Waits ringiovanito) e da imponenti cori femminili.
Tutta la piazza osserva divertita la scena, mentre il coro attacca la successiva Steamroller, pezzo di chitarre funky il cui suono ricorda da vicino certe idee di Sufjan Stevens o dei Danielson. La gente intorno inizia a ad avvicinarsi lentamente, mentre Neil Haverty assomiglia sempre di più ad un predicatore quando, tra handclapping furiosi e progressioni rock, grida con la sua voce roca la frase To lets die out!. A seguire, 2nd 4th World War ha lincedere apocalittico di certi vecchi brani di Nick Cave, solo che questa sembra cantata da un Mark Lanegan reclutato per lultima Crociata.
La calca intorno al gruppo è impressionante, ci sono persone che ballano, ridono, pregano, battono le mani e si abbracciano. Neil Haverty intona Satisfied praticamente a capella, accompagnato solo da un tamburo che più che suonato sembra preso a calci per poi essere definitivamente distrutto e sostituito da un vigoroso battere di mani. Il tutto dura un minuto appena, ma è pura follia, undici voci e ventidue mani che si incontrano e si sovrappongono magnificamente. La piazza è in delirio, una massa unica di persone con le mani e gli occhi rivolti al cielo. Anche le suore e le guardie svizzere hanno ormai perso ogni compostezza formale e si sono uniti a questo rito liberatorio.
Shutters prova a calmare gli animi, a concedere una tregua, ma perde la sua missione nel momento in cui il prog gotico iniziale finisce per deragliare in un mantra degno degli Yeasayer. Ci riesce invece Weave myself a dress, spiritual-folk song interpretata da Misha Bower, che rimanda ad un bucolico incontro tra Karen Dalton e gli Akron Family. Ma è solo una breve pausa, perché la sarabanda riprende con ancor più energia nei due minuti e mezzo di Crabapples, climax di fervente spiritualità mista a richiami tribali, e nella successiva Shanty Song, incredibile preghiera folk-prog durante la quale si manifesta ancora una volta il contrasto-incontro tra la voce bluesy di Haverty e la collettiva potenza del coro femminile.
Cè estasi mistica diffusa quando, sulle note gospel-folk di Drinking all day, la band inizia a ritirare gli strumenti per lasciare il finale al coro angelico di Northbound, Southbound, vera e propria ninna-nanna ad un passo dal Paradiso.
Un trionfo. Perché nella vita, a volte, bisogna dimenticare le preoccupazioni, le penitenze, i doveri, i rimorsi e le questioni morali, ed abbandonarsi alla passione, al calore, alla gioia ed alla follia. Perchè non è sufficiente respirare per dichiararsi vivi.
Stasera si replica, Signori: appuntamento a mezzanotte in una birreria alla periferia di Milano. Il successo sarà lo stesso. Che la musica, si sa, è lunico vero linguaggio universale.
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