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R Recensione

4/10

Yes

Fly From Here

La copertina è molto, ma molto bella. Il celebre Roger Dean, storico copertinista, la gioca sulle tonalità del verde e vi inserisce anche alcuni riferimenti a sue copertine del passato; sono vere e proprie citazioni artistiche. La versione in vinile evidenzia al meglio il paesaggio, per le semplici e ovvie dimensioni rispetto al CD. Sempre per gli appassionati del vinile, a margine tuttavia aggiungo che il supporto in questione non è il meglio in quanto a stampa ed è imbustato in una carta scadente: un brutto punto a sfavore.

 

La formazione vede oltre ai tre classici Yes Steve Howe, Chris Squire e Alan White, il ritorno alle tastiere di Geoff Downes e il nuovo cantante: Benoit David. Quest’ultimo è la voce di un gruppo denominato Close to the Edge, una tribute band, ovviamente degli Yes. Ha una voce vagamente somigliante a quella di Jon Anderson, meno eterea e meno femminile, per così dire; è un bene, in quanto un imitatore alla Teo Teocoli avrebbe odorato di messa in scena. Dunque una ennesima formazione per quella che è ormai una vera e propria famiglia allargata. Inoltre questo è l’intervallo più lungo tra un album di inediti e l’altro nella storia della band: ben dieci anni.

 

Il produttore di Fly From Here è il celebre Trevor Horn (già cantante di passaggio in Drama), che compare anche come co-autore in molti brani (all’interno della copertina viene fotografato persino con il gruppo schierato, cosa inusuale ed emblematica). Si tratta quindi di una presenza massiccia, oso dire ingombrante, al punto che con un altro produttore il disco probabilmente sarebbe stato migliore. E allora parliamo del contenuto, sebbene non ci sia moltissimo da dire.

 

L’ispirazione non è infinita nel tempo e illimitata nei confini; può aiutare l’esperienza, ma non oltre, come dimostra questo album. I brani scorrono senza grandi acuti, nel senso di momenti musicali di notevole qualità. Certamente il marchio Yes si sente. Il drumming secco e potente, il caratteristico timbro del basso, le pennate, gli arpeggi e gli abbellimenti della chitarra. Ma questo non basta, è solamente il punto di partenza. Chi ha l’onore ma anche l’onere di portare il nome Yes addosso dovrebbe essere in grado di fare molto di più. Non basta neppure un poco ispirato S. Howe per innalzare il livello “tecnico-tattico” del disco. Hour of Need e Solitarie sono pezzi firmati da lui. Il primo è banale ma con un bel testo; il secondo è strumentale per chitarra sola.

 

I brani da FM music, cioè radiofonici, non mancano, anzi abbondano. Nella prima facciata (uso questo termine desueto in quanto l’ascolto avviene dall’LP), sono discrete l’Overture, Fly From Here part I, che è dinamica e contiene dei tipici cambi d’atmosfera, e Fly From Here part II che ne è una logica continuazione, mentre è ridicola Fly From Here part IV, quasi un pezzo da cartone animato. La Fly From Here part V è un mero riempitivo, inutile. Nell’insieme i primi sei brani rappresentano una sorta di suite, legati da un tema ricorrente e da un incerto e titubante filo conduttore nei testi. La seconda facciata di apre con The Man You Always Wanted Me To Be, una canzone che non può avere pretese; invece Life on a Film Set generosamente si può dire rialzi discretamente le sorti del lavoro. L’ultimo brano, Into the Storm, a firma collettiva (compare anche Oliver Wakeman che probabilmente avrà collaborato prima di allontanarsi), porta i tipici cori nello stile Yes, ma è incalzante quanto monotono.

 

Si tratta di un disco decisamente di mestiere, dove l’esperienza pluridecennale di lavoro ha la meglio sull’ispirazione e su quella che dovrebbe essere una costruzione architettonica vasta, variegata e ricca, come nella migliore tradizione. Confrontandolo, in quanto a protagonisti coinvolti e a tipologia musicale, con Drama, perde il confronto. L’acquisto è consigliabile a chi possiede già almeno una dozzina di album tra i migliori del gruppo. E a chi ama le belle copertine.

V Voti

Voto degli utenti: 6,3/10 in media su 10 voti.
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alekk 5/10
B-B-B 8/10

C Commenti

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tramblogy alle 13:59 del 8 agosto 2011 ha scritto:

Le autocitazioni sono il principio del declino...

A partire dalla copertina....autocelebrativa.

skyreader (ha votato 5 questo disco) alle 14:41 del 8 agosto 2011 ha scritto:

Once Were Yes

Le autocitazioni negli Yes sono cominciate negli Anni '70. La pomposità della loro musica è allo stesso tempo il loro pregio e il loro limite da sempre. Quando poi un gruppo inizia a festeggiare prima i 20 anni di carriera, poi i 25, poi i 30, i 35 e i 40, dove pensate possa andare a parare la propria musica? Ciò non vuol dire che non possa esserci qualche elemento salvabile (vedi il pur "tronfio con orchestra" Magnification di circa dieci anni fa, che pure conteneva una perla come "Dreamtime"). Non si può certo provare a paragonare una suite come "Close To the Edge" (forse la migliore suite in ambito prog di ogni tempo) con quella che oggi copre la "prima facciata" di "Fly From Here"... Troppa distanza siderale per cercare quei pochi riconoscibili passaggi in grado di determinare un marchio ispirativo di fabbrica. Fra l'atro il "nucleo principale" della suite "Fly From Here" (quella denominata "We Can Fly") è stata originariamente scritta dai due Buggles (Trevor Horn & Geoff Downes, dai ve li ricordate quelli di "Video Killed The radio Stars"??) e avrebbe dovuto far parte proprio di quel "Drama" (1980) a cui questo "Fly from Here" si richiama dichiaratamente. Non solo: dopo la bocciatura di "We can fly from here" da parte degli Yes per l'inclusione nella tracklist di "Drama" (anche se poi eseguita in contesto live), i Buggles ne realizzarono una versione in due parti proprio per il loro secondo album (un flop), dal titolo "Adventures in Modern Recording" (1982) nel quale era presente tanto una versione alternativa di "Into The Lens" (confluita precedentemente su "Drama"), quanto "Riding a Tide", rielaborata oggi in "Life On A Film Set" sul nuovo "Fly From Here". Quindi rimane persino difficile parlare di identità-Yes in questo lavoro a loro nome del 2011. Però anche in questo, se si vuole, qualcosa lo si salva. E stavolta il brano risponde al titolo di "Into the Storm". Se ciò che c'è da salvare è troppo poco sarà il metro di misura individuale. Ma come si fa a consigliare ad un qualsiasi neofita, anche al più sconsiderato, di farsi una idea di cosa hanno rappresentato gli Yes e la loro magniloquenza a partire da questo "Fly From Here"?? Inoltre ho seri dubbi che gli "Yes di oggi", pur richiamandosi così tanto agli "Yes del 1980" ce la possano fare a riproporre dal vivo una credibile versione di "Machine Messiah", brano-manifesto di "Drama"... E dal fronte del palco infatti arrivano già le prime persanti notizie di delusioni per questo tour...

Totalblamblam (ha votato 3 questo disco) alle 15:13 del 8 agosto 2011 ha scritto:

so peggio dei poo(h)

bart alle 16:43 del 8 agosto 2011 ha scritto:

RE:

No dai! Peggio dei Pooh no!!

alekk (ha votato 5 questo disco) alle 19:37 del 26 febbraio 2013 ha scritto:

eddai mo esagera. volente o nolente sono comunque tra i più grandi gruppi della storia,frutto di un decennio,gli anni 70',dove ci sono almeno 6 album degni di nota. canzoni come close to the edge,yours is no disgrace,perpetual change,and you and i,heart of the sunshine,gates of delirium,roundabout e altri sono classici della musica moderna. poi possono non piacere ma negare la loro grandezza è quantomeno di dubbio gusto.

bart alle 17:01 del 8 agosto 2011 ha scritto:

Piacciano o no hanno fatto la storia del prog. E Close to the edge è davvero un grande disco!

bill_carson alle 17:38 del 8 agosto 2011 ha scritto:

curioso di sentirlo...

non ho mai amato veramente i loro dischi, ma hanno scritto alcuni brani meravigliosi. Roundabout, uno dei miei 6-7 pezzi rock preferiti di sempre.

bill_carson alle 17:39 del 8 agosto 2011 ha scritto:

curioso di sentirlo...

non ho mai amato veramente i loro dischi, ma hanno scritto alcuni brani meravigliosi. Roundabout, uno dei miei 6-7 pezzi rock preferiti di sempre.

skyreader (ha votato 5 questo disco) alle 18:31 del 8 agosto 2011 ha scritto:

Ma scherziamo... Gli Yes sono uno dei gruppi più importanti della storia di sempre. Un disco come "Close To The Edge" (PER INTERO) non dovrebbe mancare nella collezione di nessun vero amante della musica. Una suite complicatissima che però vola alta e fluidissima. Ho sentito dire dai più grandi musicisti che l'idea di suonare dal vivo su un palco la sola prima parte fa venire la tremarella per le enormi possibilità di errore a cui espone. Ma molteplici sono i brani in cui si sono resi intoccabili: una "Awaken" (su un disco più 'tardo' come "Going For The One") è uno di quei pezzi che vale una carriera... per non parlare di "Starship Trooper", "South Side Of the Sky", "Heart Of The Sunrise", "The Gates Of delirium" e certamente "Roundabout"... uno dei pochi gruppi ad aver partorito persino un "disco dal vivo - capolavoro" come "Yessongs"... Ascoltiamo con interesse e curiosità pure tutte le novità del 2011, ma non DIMENTICHIAMO mai brani e lavori che hanno fatto davvero la storia della sperimentazione sonora. Sarebbe una supercialità inconcepibile.

bill_carson alle 21:30 del 8 agosto 2011 ha scritto:

in effetti...

la ristrettezza di vedute di alcuni ascoltatori indie è francamente imbarazzante. ci si esalta per i Band Of Horses, si sbava su The King Of Shits e si smerdano gli Yes.

brother punene alle 15:58 del 2 settembre 2011 ha scritto:

Mi pare che pretendere di più da una band in giro dal 1968 sia impossibile.

Credo anzi che altri dinosauri del rock siano conciati ben peggio.

Qualcuno pensava seriamente che potessero fare un'altro Close to the Edge?

Quello è un disco inarrivabile, il culmine del rock progressivo, insuperato e probabilmente insuperabile.

alekk (ha votato 5 questo disco) alle 19:32 del 26 febbraio 2013 ha scritto:

e ragazzi so'vecchi. so 40 anni che suonano(con varie formazioni)sti yes. c'è in giro di peggio. la storia l'hanno comunque fatta,con capolavori come the yes album,fragile e close to the edge,e altri ottimi dischi come relayer e tales from topographic ocean. su questo album bè....forse meglio sorvolare...una follia senile..