V Video

R Recensione

8/10

Gloria

Sabbat Matters

Leggiamo Gloria e sentiamo, come una scia che nuota per la stregonesca sostanza che sembra avvolgere questo Sabbat matters (altro regalo di quest anno della Howlin Banana Records, assieme ad esempio al simpatico Hoorsees, degli omonimi autori), una voce raddoppiata, triplicata, sacrale e corale come può essere quella di un trio di chordettes illuminate dal faro di un bar in un caffè degli anni ’50, ma di notte, in gran segreto, fuori dagli occhi dei buoni cristiani, senza possibilità alcuna di essere bruciate (stavolta), prese da un gran daffare con cori, chitarre, organetti, percussioni, tra fumi d’incenso, colori come quelli che riempiono le visioni di Bitches Brew ed altre diavolerie che, di tanto in tanto, ci fanno dimenticare la croce e ci portano in terre più calde, dove le divinità femminili hanno, magari, piu di due braccia. Il sole c’è, quello glorioso dei riti neopagani, e che ha nel sabbat il momento più movimentato ed eccitato. Non è, come si poteva pensare, una e trina, la musica di Gloria, ma l’estratto di un sestetto di Lione formato da Wendy Martinez, Amy Winterbotham, Marie-Louise Bourgeois, Josselin Varengo, Thomas Cortay, Kid Victrola.

Gli ingredienti sono molti, fusi in un volume con un equilibrio tale da far comprendere a chi dubita (come il sottoscritto) dei tentativi contemporanei di condire la propria musica di suoni poi denominati dai critici con quell’ignobile aggettivo che è vintage (delle rinascenze, dei neo-qualcosa), che si può sbagliare, che si può essere capaci di essere originali con l’uso della tradizione. Su tutto la dominante delle tre voci femminili, essenza viva del gruppo, a scandire quella presenza che ci ricorda i girl group anni ’50 e ’60, che dal doo-wop, all’R&B, al rock & roll, al gospel hanno cantato muovendo le braccia e le spalle simultaneamente, ritmicamente, e hanno influenzato intere generazioni di band. Qui si mescolano a meraviglia, ma non da sole, bensi con un immaginario e con sonorità che sono quelle del garage e della psichedelia (neo e non).

Inutile che scuotiate la testa: è proprio così. Ed io, oltre ai graffi delle chitarre di Night biting e Space rocket, giuro di aver sentito una marimba in Skeleton, quasi a emulare delle bacchette che suonano, felpate, sulle costole di uno scheletrello vudu pericolosamente animato; oltre a linee melodiche particolarmente piacevoli come quelle che, su una base di marcia, scivolano sinuose in You had it all, ho sentito anche dita d’organetto muoversi alla fine di Back in town e una sorta di clavicordo (sperando di non prendere un granchio) in Dance with heart, simile a quello che ho potuto ascoltare accompagnato, ad esempio, alla voce di Victoria Legrand (Beach House) in album dream pop come Thank your lucky stars. Insomma ho sentito e ho visto di tutto. E gloria sia.

Le illustrazioni sono dell’eccezionale Nicole Claveloux, grande autrice di opere psichedeliche nella Francia degli anni Settanta, che probabilmente questi giovani autori, che hanno appena cominciato, hanno letto molti anni fa.

V Voti

Nessuno ha ancora votato questo disco. Fallo tu per primo!

C Commenti

Non c'è ancora nessun commento. Scrivi tu il primo!
Effettua l'accesso o registrati per commentare.