Hüsker Dü
Warehouse: Songs And Stories
Tra i sodalizi artistici e umani più intensi e fecondi dellintera epopea del rock americano, lavventura di Bob Mould e Grant Hart arriva al capolinea nel 1987. Leroina che divora il batterista e i velenosi strascichi di unamicizia ormai prosciugata non impediscono al leggendario trio di Minneapolis il bassista Greg Norton, oggi celebrato chef, ne è sempre stato il collante di sfornare il proprio canto del cigno. Un monumentale doppio album di venti canzoni e storie, il definitivo trattato universitario di sensibilità melodica applicata al noise nellanno in cui i Dinosaur Jr. di Youre Living All Over Me raccolgono il testimone spostando ulteriormente i confini di ciò che da lì a poco sarà chiamato indie rock. Tanto che in un altro album cardine del genere del 1987, Ifn dei fIREHOSE, in copertina appare proprio una foto sul muro con l'aspetto da operaio della Chrysler di Bob, i baffi da sparviero di Greg e i lunghi capelli unti di Hart, icone indelebili del decennio. E mentre debutta un gruppo di Boston formatosi pochi mesi prima dopo aver reclutato con un annuncio in bacheca universitaria una bassista donna per band in stile Hüsker Dü, ovvero i Pixies.
Sedata la supersonica velocità degli esordi, mitigate le divagazioni lisergiche del capolavoro Zen Arcade e allentato lo sfavillante muro del suono coevo a quello dallaltra parte delloceano messo in piedi dai Jesus and Mary Chain - di New Day Rising, Warehouse prosegue sulla strada più levigata asfaltata dal debutto major di Candy Apple Grey. Senza che un briciolo di onestà e ispirazione venga perduta anche se i puristi che rimproverano al gruppo un ammorbidimento eccessivo tuttora non mancano con un album che porta alle estreme conseguenze il loro discorso artistico mutando irreversibilmente lessenza intima dellhardcore, abbinando le sue aspre meccaniche al lirismo cantautoriale lancinante e romantico della premiata ditta Mould & Hart, con lultimo duello rusticano a colpi di songwriting vinto dal primo 11 a 9, tra pochissime cadute di tono. Approdo simile nello stesso periodo lo trovano pure i cugini Replacements nel passaggio da Tim a Pleased To Meet Me, altrettanto cruciali nellinfluenzare due lustri e passa di rock alternativo a stelle e strisce.
Lapertura è davvero da infarto con la trascinante These Important Years, la Born To Run dellautore di Celebrated Summer. La sei corde elettrica di Bob smussa quel suono da McGuinn inghiottito nelle spire del feedback metallico grazie a un dinamico senso della canzone e allasciutta interpretazione del paffuto leader. Splendido poi il testo, manifesto generazionale che invita a mutare in azione lappassionato velo malinconico e il malessere coltivato in quegli anni dagli Hüskers. Tutti i brani autografi di Mould sono sullo stesso registro: una raccolta di inni avvincenti, ricettaccoli di riff uno più memorabile dellaltro. Svetta in particolare la corsa nella notte di Ice Cold Ice, con quellincipit granitico, il gelo di Minneapolis metropoli industriale, alienante e inquinata da smog esistenziale evocato nel minaccioso Barren Lands And Barren Minds e un refrain irresistibile. E poi il classico folk-rock byrdsiano trasfigurato (come dimenticare del resto la cover di Eight Miles High...) di No Reservations e Turn It Around o ancora il bedsitting commovente, intriso di prodromi emocore, di Standing In The Rain, Its Not Peculiar e della vibrante Bed Of Nails. E le sorprendenti armonie del singolo Could You Be The One?, coinvolgente ballata elettrica alla Come As You Are in sfortunato anticipo sui tempi con versi quali Sometimes I don't mean that much to you / And I don't even know what I'm hiding for.
Meno monocorde e più attenta a miscelare sperientalismo e orecchiabili stilemi sixties la scrittura di un Hart che finalmente gioca ad armi pari col suo eterno amico/rivale, oltre a deliziare come di consueto dietro le pelli da autentico mago dei piatti. Si ascoltino il trottante nervosismo di Charity, Chastity, Prudence And Hope, quei gioiellini di pop rock luccicante che rispondono al nome di Too Much Spice e Youre A Soldier, la scanzonata e suadente verve di She's A Woman (And Now He's a Man) o le scariche adrenaliniche di Tell You Why Tomorrow, con tanto di coda bizzarra, e Actual Condition. Fino al suo apice, quella She Floated Away in cui laggressività melodica fuori controllo si sublima in un maelström rumoristico degno di J Mascis.
Il sipario cala con gli ultimi assi gettati sul tavolo. Up In The Air, perfetto power pop al calor bianco di Mould e brillante anticipazione della sua futura carriera negli Sugar, e che, tramite una freakerie di riverberi, sfocia nella You Can Live At Home di Hart, babele nel cui tourbillon chitarristico e percussivo svetta la linea di basso di Norton insinuante e propulsiva. Il ritorno a casa del ragazzino di Zen Arcade, il sigillo alla poetica delladolescenza targata Hüsker Dü immortalato in una frase ripresa nel booklet che ne riassume il senso: Revolution starts at home, preferably in the bathroom mirror.
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