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R Recensione

5/10

Ozric Tentacles

Paper Monkeys

Quello che una volta è stato uno dei gruppi più influenti a livello di space rock psichedelico è oggi "ridotto" ad una famiglia hippie, cosmicamente nomade, capitanata da babbo Ed Wynne (chitarre e tastiere): lo storico fondatore, l’unico rimasto a portare caparbiamente avanti l’antico nome, è ormai attorniato dalla mogliettina Brandi Wynne (di diciotto più giovane) al basso, e dal figlioletto Silas (anno di nascita 1990...) al “major role” dietro le tastiere. L’altrettanto giovane Oliver Seagle siede alla batteria.

La formula perpetrata con costanza fino ad oggi non riesce né a smettere di evocare le antiche suggestioni siderali ma neppure riesce più ad suscitare alcuna sorpresa. Nessuna sostanziale innovazione, nessuna discontinuità col passato: i soliti fantasmagorici loop, si avviluppano (scontato dire che si “avvilooppano”?), come creature di luce si intersecano, creano spirali sonore in costante mutamento, danno vita a entità astrali dai colori cangianti. Un costante senso di smarrimento pervade i lunghi excursus strumentali: è quasi impossibile parlare di composizioni, tanto il frutto di ciò che ascoltiamo pare vicino alla struttura aperta di una jam. Programmazioni elettroniche, fughe di synth, voli di flauti, assoli di chitarre: a ventotto anni dalla nascita degli Ozrics e a ventidue dal seminale debutto di “Pungent Efflugent”, lo spirito rimane sin troppo non adulterato. I pindarici arabeschi da trip mentale, si perdono sia nel significato che nei soliti liquidi giochetti di una elettronica che non ha saputo né contaminarsi, né aprirsi a rinnovate istanze. L’assenza di membri storici del calibro di John Egan (il mitico “Champignon”, forse vero frontman della band, con la sua valigia magica piena di strumenti a fiato), Joie Hinton o Christopher Lenox-Smith,  toglie un po’ di pathos all’immaginario della band e di certo alla perizia strumentale che loro infinite divagazioni richiede, ma sostanzialmente oggi possiamo riassaporare l'eco di quegli stessi inni alla cultura hippie che potevamo ascoltare tanti anni fa. Con gli stessi stereotipi e gli stessi cliché. Il problema vero semmai è che il tempo è passato, mutando ideali e stratificando nuove strutture sonore, mentre la musica degli Ozric Tentacles è rimasta in una capsula del tempo, ibernata in quell’artigianato psichedelico di cui si fecero portavoce, immune ad ogni cambiamento. Sono ormai lontani anche i giorni nei quali hanno preso le mosse i Porcupine Tree (all’epoca in cui erano accasati presso la Delerium Records), e nei quali Wynne & soci erano per Steven Wilson uno dei principali punti di riferimento: brani come Burning Sky o Voyage 34 non sarebbero esisti se non in virtù di quella influenza. Gong, Hawkwind, Tangerine Dream, rimangono ancora la sorgente sonora della formazione di Ed Wynne e ancora oggi sono ben riconoscibili fra le frastagliate coste dei loro paesaggi.

Ora la decisione sta a voi e alla vostra sintonia con i mondi evocati dagli Ozric Tentacles: se avete già esplorato le loro principali capitali e avete proprio bisogno di ulteriori panorami nei quali immergervi, anche la provincia di “Paper Monkeys” potrà offrirvi un punto d’osservazione privilegiato. Anche se vi sembrerà di esserci già stati prima.

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Voto degli utenti: 5/10 in media su 2 voti.
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Marco_Biasio (ha votato 5 questo disco) alle 13:12 del 28 novembre 2011 ha scritto:

D'accordo su tutto. Il disco è più compatto ed interessante di "The Yumyum Tree", ma non cambiando praticamente mai una virgola della solita ricetta spesso ci si annoia o si cade nel cliché. Ne risulta che brani come "Attack Of The Vapours", la title-track o "Will Of The Wisps" sono molto gradevoli, ma altrettanto prevedibili e senili. Da un gruppo del genere certo non ci si attende un voltafaccia clamoroso... un minimo di rinfresco, quantomeno, sì. Dunque, anche se in realtà sufficiente, scalo all'indietro il voto al disco.