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R Recensione

8/10

Felix Da Housecat

Kittenz and Thee Glitz

Diciamoci la verità: quasi tutti vedono la techno come un genere minore, musica alla quale non è il caso di dare particolari attenzioni. Conta poco il fatto che sia un genere vivace e ricco da quasi 30 anni (la sua nascita viene usualmente collocata a metà degli anni '80). Viene pressocchè ignorata la vastità di tendenze e sfumature che incorpora (basti pensare alle diversità che separano l'intelligent-techno di Aphex Twin, il drum 'n' bass degli LFO, il Big Beat dei Prodigy, l'ambient-techno dei Plaid, la minimal techno dei Pan Sonic, per fare solo pochissimi riferimenti). E del fatto che sia il genere da clubbing per eccellenza, nessuno fa riferimento.

E' una provocazione, ma neanche tanto. La techno è sempre stata circondata da un certo alone di indifferenza. Altrimenti, non si spiegherebbe come di un disco del calibro di Kittenz And Thee Glitz, capolavoro assoluto del genere, si parli così poco.

Con quest'album, Felix Da Housecat mette in atto una clamorosa rivoluzione stilistica all'interno del genere techno. Se vogliamo fare un paragone con un ambito che nessuno mai si è permesso di ignorare (già, le provocazioni continuano), è esattamente lo stesso colpo di scena a cui abbiamo assistito con l'uscita di Nevermind dei Nirvana, 10 anni prima. Entrambi gli album hanno dato voce per primi alle energie che circolavano sotto pelle da qualche tempo, convogliandole in un preciso e azzeccato canone espressivo. In entrambi i casi, la risultante fu la  nascita di un sottogenere di grande impatto, che verrà presto coltivato da una fitta selva di artisti: come da Nevermind nasce il grunge, con Kittenz And Thee Glitz prende vita l'electro-clash. E come Nevermind contiene la canzone più rappresentativa del grunge, l'amatissima Smells Like Teen Spirits, esattamente allo stesso modo in Kittenz And Thee Glitz abbiamo l'inno incontrastato dell'electro-clash, Silver Screen (Shower Scene).

Inutile a questo punto sottolineare come Kittenz And Thee Glitz sia un disco perfettamente riuscito. La tracklist non ha un solo momento di debolezza, da una partenza incredibilmente esplosiva con Harlot, di una potenza sonora ineguagliabile, ad una chiusura lenta e defatigante con Runaway Dreamer. Felix mischia sapientemente ritmi robotici penetranti presi in prestito dai Kraftwerk (vedi brani come Magic Fly), sfumature soul incarnate dalla voce maschile di Harrison Crump (Pray For A Star è emozionante e ipnotica allo stesso tempo) e una certa carica erotica dovuta all'intervento di Miss Kittin in pezzi come What Does It Feel Like? e Happy Hour, oltre alla già citata Silver Screen. Nel variopinto mix è presente anche una certa dose di synth-pop classicamente anni '80 (Walk With Me può ricordare gli OMD) e una componente tipicamente disco (l'eredità di Giorgio Moroder si sente ad esempio in Sequel2Sub). Il tutto è rivisitato in nuove avveniristiche formule che alla fine suonano come vere e proprie invenzioni: al di là delle singole influenze presenti, tracce come Harlot o Happy Hour sono risultati mai sentiti prima.

E' un disco dalle mille sfaccettature, che accoglie diverse anime sonore e le rielabora in un impasto innovativo e futuristico. E' la techno che cambia pelle, e sembra farlo a frequenza regolare, sempre nell'anno "1" di ogni decennio: nel 1981 ci furono le primissime uscite della micidiale compagnia di Belleville May-Atkins-Saunderson, nel 1991 c'è "Frequencies", che segna l'esordio degli LFO e l'evoluzione consapevole della bass-heavy techno. Il 2001 ci ha donato questo gioiello, un faro che ha illuminato il percorso di tutto il decennio. E' anche vero che non bisogna illudersi, ma personalmente tenderò ancor più gli orecchi verso le novità che potranno presentarsi nel 2011.

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Voto degli utenti: 7,5/10 in media su 1 voto.
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