V Video

R Recensione

8/10

Katy B

On A Mission

Riepilogando velocemente: presta la voce per due brani ormai classici (As I con Geeneus e Tell Me con DJ NG) e diventa la "first lady del funky". Produce la hit Katy On A Mission con Benga ed è subito la reginetta delle UK charts. Collabora per un paio di tracce nei Magnetic Man e viene proclamata "the voice of dubstep" (da qualcuno che non aveva ancora inteso la fine del genere). Tutto questo accade a Kathleen Brien, una "normale" studentessa londinese con un talento vocale che non passa inosservato e un karma particolarmente accanito: è compagna di classe di James Blake e Adele.

 

Arriva finalmente il suo primo album, e viene fuori la sua vera abilità, quella di divincolarsi da qualsiasi etichetta e genere fisso, muovendosi a pieno agio nel crossover della scena britannica. Perché dentro On A Mission non sono le evoluzioni degli stili i protagonisti, ma lei: Katy B, una star della dance nel suo momento di forma più smagliante. Un'artista giovane ma completa, che sa raccogliere in sé i frutti della UK garage del decennio passato, filtrandoli attraverso un background fatto di moderno r'n'b. Un nuovo volto femminile, dichiaratamente ispirato a figure soul come Faith Evans e Erykah Badu, con grosse potenzialità per il futuro (parole già spese recentemente, non a caso, per Janelle Monàe, con la quale è opportuno il confronto: chi delle due vedrà spegnersi per prima l'entusiasmo?)

 

Prodotto da DJ Zinc e dallo stesso Geeneus, On A Mission è la perfetta panoramica del fermento dance UK di inizio anni '10. Baby Katy può permettersi di svariare in piena libertà tra il funky classico di Why You Always Here e il popstep di Go Away, che non nasconde le affinità con l'ultimo Skream. Senza disdegnare una hit per i palchi rave come Lights On, featuring con l'altra attrice coprimaria Ms. Dynamite, ma soprattutto ridisegnandosi in pezzi squisitamente pop come Broken Record e Witches Brew, ottimi per le classifiche e per il successo di pubblico. E ovviamente non si dimentica di includere le hit che l'hanno resa famosa, Katy On A Mission e Perfect Stranger, pronte testimoni di versatilità e carisma.

 

Partendo dalla svolta dei Magnetic Man, passando per Darkstar e James Blake, fino alla Katy B di oggi, la regola che se ne ricava è che non c'è più alcuna regola: il dubstep è acqua passata, e chi prova ancora a riesumarlo corre forte il rischio di suonare datato (rischio dal quale non sono esonerati nemmeno i mostri sacri, vedi Burial e il suo recente Street Halo EP). Al suo posto rimane un campo aperto sconfinato, in cui a dominare non è più una tendenza collettiva marcata, ma la personalità dei singoli, ognuno con la propria peculiare visione. E' lo spazio dei creativi, il vero terreno in cui si giocherà la partita dell'originalità nel decennio appena iniziato.

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sfos 7/10
Teo 8/10
loson 8/10
cico 1/10
Cas 8/10
ciccio 8/10
max997 7/10
Wrinzo 7/10

C Commenti

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crisas (ha votato 1 questo disco) alle 0:59 del primo aprile 2011 ha scritto:

Questo album è veramente piatto e manale !

synth_charmer, autore, alle 9:07 del primo aprile 2011 ha scritto:

nonostante la natura lucida e approfondita del tuo commento, e le argomentazioni solide e ben esposte con cui supporti la tua analisi.... naaa non mi hai convinto!

TexasGin_82 (ha votato 4 questo disco) alle 14:52 del primo aprile 2011 ha scritto:

FUNKY CLASSICO "Why You Always Here"???

synth_charmer, autore, alle 15:04 del primo aprile 2011 ha scritto:

RE: FUNKY CLASSICO "Why You Always Here"???

gran bell'esemplare UK funky, già

Filippo Maradei (ha votato 6 questo disco) alle 12:43 del 4 aprile 2011 ha scritto:

Carletto, non prenderla come una ripicca, ma se questa è una delle evoluzioni del dubstep, allora mi tengo ancora più stretto il mio vecchissimo e "superato" Burial: come disco dance non è malaccio, ha qualche buona intuizione ("Disappear", "Katy On A Mission"; "Why You Always Here" veramente vicina alla Monàe), però il resto non è che navighi nell'oro, data la monotona ciclicità e un po' di aridità inside. Ripeto, preso come album pop-dance va pure bene, ma si ferma alle discoteche inglesi.

synth_charmer, autore, alle 12:55 del 4 aprile 2011 ha scritto:

RE:

ancora co'sto dubstep?? Katy tira fuori il cuore della dance UK, lancia per la prima volta il funky in un album in studio, porta alla ribalta il fermento dei club londinesi donadogli una forma pop, e stiamo ancora a parlare di dubstep, ma ti pare la chiave di lettura?? sei paleolitico proprio come Burial e FourTet, va' da loro va!

Filippo Maradei (ha votato 6 questo disco) alle 13:17 del 4 aprile 2011 ha scritto:

Ma sei tu che tiri fuori post-dubstep e i suoi "campi sconfinati di creatività peculiare", non io! La prossima volta non metterlo tra i generi della recensione, che te devo di'... XD

synth_charmer, autore, alle 13:35 del 4 aprile 2011 ha scritto:

RE:

ah ecco, quindi il problema è che per te post-dubstep = dubstep! E pensare che tu dovresti essere confidente col post-rock, diresti mai che post-rock = rock? O magari stiamo parlando non di un'evoluzione (se non in termini cronologici), ma di una cosa DIVERSA?

synth_charmer, autore, alle 13:37 del 4 aprile 2011 ha scritto:

ma poi, una rece di 50 righe, e alla fine ci si concentra sull'indicazione del genere. In un disco come questo poi, che non è categorizzabile in maniera netta. Ah già, dimenticavo, tu le rece non le leggi, leggi solo le cose in grassetto eheh la prossima volta metto genere: Other

Filippo Maradei (ha votato 6 questo disco) alle 13:41 del 4 aprile 2011 ha scritto:

Grazie al cavolo che non sono uguali, ho sempre parlato di evoluzione mica per caso, ma proprio in riferimento alla nascita di un qualcosa di diverso. Ma quindi per te postdubstep = tutto quello che non è dubstep? Perché sennò davvero, non riesco a capire. E' un vaso di pandora che prende tutto per contrasto al dubstep?

Filippo Maradei (ha votato 6 questo disco) alle 13:49 del 4 aprile 2011 ha scritto:

Però poi fai il precisino sulle recensioni degli altri quando sbagliano genere. Ritorno di frusta.

synth_charmer, autore, alle 13:53 del 4 aprile 2011 ha scritto:

RE: E' un vaso di pandora che prende tutto per contrasto al dubstep?

in testa, te lo do il vaso! effattelo un approfondimento no? Che continuiamo a parlare di un genere, il dubstep, che di fatto non vede più nuove uscite da un anno a questa parte: l'ultimo disco di dubstep in senso stretto lo farei coincidere con Triangulation. Poi cos'altro c'è stato di strettamente dubstep? Nulla, a parte il tuo Burial nettamente fuori tempo., poi ci sono state le diramazioni lontane dal mood classico: Mount Kimbie, Pariah, Sepalcure, Floating Points, Brackles, Blake, Darkstar, il popstep di Skream... cazzo ti do anche la discografia da seguire, e seguila no?

Filippo Maradei (ha votato 6 questo disco) alle 14:10 del 4 aprile 2011 ha scritto:

Hai fatto tutto tu, io non ho MAI parlato di dubstep per questo disco, nè di post-dubstep; nella chiusa alla recensione citavi il dubstep (anche se per antitesi), che secondo me era fuori luogo. E poi parli di Blake e Darkstar come dei passaggi intermedi alla materia di Katy, quando in realtà non c'azzeccano nulla, altro che compagni di classe: l'album è un'esposizione finto alternativa della funky-dance inglese, e nient'altro.

synth_charmer, autore, alle 14:23 del 4 aprile 2011 ha scritto:

RE: l'album è un'esposizione finto alternativa della funky-dance inglese, e nient'altro

ok, fine della tua analisi io la mia l'ho fatta nella recensione, inutile che ne faccio pure la parafrasi nei commenti. Anche perché non devo convincere nessuno, io mi limito con le recensioni ad esporre ciò che è avvenuto dopo la fine del dubstep classico. Sta andando così, che colpa ne ho io?! ma vedi te

sfos (ha votato 7 questo disco) alle 18:22 del 4 aprile 2011 ha scritto:

Che sia un'evoluzione del dubstep (comunque chiaramente presente) o no, francamente mi interessa poco, visto che questo disco sfoggia una serie di basi sofisticate e prodotte alla grande, nelle quali Katy B si inserisce con piena sicurezza. Non esiste nessuna pop-star che oggi come oggi se ne può uscire fuori con un disco del genere. Brava!

crisas (ha votato 1 questo disco) alle 0:11 del 5 aprile 2011 ha scritto:

Dubstep ? Ahahhah, mi riascolto un pò NYC di Buriel così mi riprendo da tanta banalità musicale.

crisas (ha votato 1 questo disco) alle 0:14 del 5 aprile 2011 ha scritto:

Buriel -> Burial.

loson (ha votato 8 questo disco) alle 14:47 del 5 aprile 2011 ha scritto:

In generale

Diciamo che del dubstep sono venute alla luce le spinte centrifughe, uguali e contrapposte, che ne vogliono o la definitiva cristallizzazione in sacrario underground, al pari del “fu darkside” (i puristi hardcore, quelli che si spacciano per veri intenditori), o l’affrancamento dalle logiche di nicchia/avanguardistiche verso il definitivo approdo alla forma canzone e, di pari passo, alle charts (forse l’unica posizione che, paradossalmente, abbia davvero a cuore le sorti del genere). L’UK Funky, per fortuna, la “questione morale” non se la pone affatto. D’altro canto quando si addita la “personality crisis” del dubstep odierno, rimproverando al genere d’aver disperso le intuizioni originarie in mille direzioni stilistiche/progettuali, ci si dimentica che l’UK Funky parte da premesse analoghe, se non addirittura più contrastanti; privo di una fisionomia ben definita (vorrebbe essere un complimento), parrebbe soltanto un affastellamento di generi tipicamente anni ’90: trance, garage, tribal, drum’n’bass. Un tuffo nel passato? Magari. In realtà lo scarto rispetto al passato viene garantito dalle strategie produttive/sonore che proprio garage e dubstep, quest’ultimo coincidente con uno stadio ben preciso del continuum Uk Bass, hanno fornito. Magnetic Man e Rusko han fatto qualcosa di analogo, pur partendo da una retroterra dubstep più evidente. Ecco perché mi stupisco quando nei commenti leggo di una totale estraneità del dubstep rispetto al disco (splendido) di Katy B, a meno che del genere non si isoli un idioma sonoro specifico, magari anche abbastanza rappresentativo ma non omnicomprensivo. Le differenza stilistiche, fin dagli albori, sono sempre state piuttosto marcate: Burial uguale a Skream? La musica di Boxcutter perfettamente sovrapponibile a quella di The Bug? La stessa “gabbia stilistica” che suggeriva il dettato letterale (2-step prodotto con tecniche dub) è stata rispettata giusto per mezz’ora e poi forzata per mezzo di infiltrazioni four-on-the-floor, techno Basic Channel e il definirsi della meteora Wonky. Ecco perché non sono d’accordo – ma forse è una pura disputa terminologica – quando la recensione, per il resto ottima, insiste sul superamento del (fu) dubstep; non penso che il dubstep sia morto: molto semplicemente, nell’approcciarsi al mainstream ha dovuto cambiare qualcuno dei suoi connotati, fare proprie esperienze differenti e calarsi in differenti contesti. Si arriverà – ma in parte ci siamo già arrivati – al punto in cui si parlerà di dubstep come pura “metodologia”, al pari del dub. E chissà che non sia sempre stata questa, in fondo, la sua più coccolata ambizione.

loson (ha votato 8 questo disco) alle 14:49 del 5 aprile 2011 ha scritto:

Il disco

Ribadisco i miei complimenti a Carlo, che nella recensione ha toccato molte delle questioni più importanti relative a “On A Mission”, a partire dall’affermazione mainstream dell’UK Funky (definizione bruttina e un po’ fuorviante, ma ormai questa hanno scelto…) e del flirt in atto fra garage e r&b. Continuo a sentire un legame inscindibile e decisivo con gli anni ‘90s, in primis con trance, filiazioni del breakbeat e dance europea mainstream (“Lights On” è un po’ la celebrazione di quest’intera estetica, qui collusa con cadenza dancehall lievemente accelerata). Qua e là fa capolino anche quel tocco acid-jazz tipicamente britannico che, come gli altri stili menzionati, viene ricontestualizzato alla luce della contemporaneità (“Movement”, “Hard To Get” con bei fraseggi di ottoni e rhodes su tessuto deep). Katy canta con voce estremamente duttile, magari non di grossa presenza ma perfetta nell’assecondare di volta in volta le esigenze dei brani. Per di più non cerca mai il virtuosismo o l’effetto circense, e questo è un gran bene. Fra i brani, soltanto “Easy Please Me” e “Go Away” mi lasciano un tantino perplesso (troppo simili, anche melodicamente, a “Perfect Stranger”); le altre sono tutte canzoni strabilianti: “Disappear” con i suoi bassi mostruosi e le infiltrazioni “concrete”; l’estasi di “Broken Record” (ultimo minuto da paradiso); il tessuto sonoro sgranato di “Witches Brew”, per non parlare dei singoli già usciti e giustamente premiati nelle charts britanniche. Caleidoscopio dance-pop impressionante, fantasioso lavoro d’intarsio, “On A Mission” mi pare già un evento. Vedremo come andrà in classifica UK, ma la mia speranza è che possa seguire l’andazzo dei singoli.

synth_charmer, autore, alle 15:33 del 5 aprile 2011 ha scritto:

il superamento del (fu) dubstep

sai cos'è, los? Da una parte mi piace la tua visione che vede il dubstep più come uno spirito estetico che come un sound ben definito, anche perché è vero che non è mai stato un genere uguale a se stesso nel tempo. D'altra parte però, ti accorgi anche tu di quanto l'ascoltatore percepisca le tendenze di oggi come qualcosa di tanto lontano da quel che classicamente si indica come "dubstep" da esclamare "perché, dove lo vedi il dubstep qui??". In questo senso comprendo bene la nascita di etichette come post-dubstep o future-garage, in effetti le evoluzioni dell'anno passato sono state tanto nette da giustificare questa differenza di inquadramento. Da Mount Kimbie in poi, le reinterpretazioni sono state diverse e di diversa natura, ma un filo conduttore lo si può identificare: è finita l'ossessione per l'oscurità, per gli effetti claustrofobici. Il nuovo dubstep si è aperto al mondo, per questo si sta lasciando contaminare da qualsiasi cosa, soprattutto nel versante pop. La vedo come una rivoluzione decisiva, tale da poter parlare di fine di quel che c'era prima. Che poi un macrogenere come "post-dubstep" risulti inadatto a convogliare efficacemente tutto ciò che c'è adesso può essere vero, come più o meno poteva esserlo per "dubstep" prima grande los, mi mancava un tuo parere sul disco e sullla questione. E grazie per i complimenti!

loson (ha votato 8 questo disco) alle 19:10 del 5 aprile 2011 ha scritto:

è finita l'ossessione per l'oscurità

Sì, la penso allo stesso modo. Ma è giusto rimarcare questa inversione di tendenza: mood "positivo", desiderio di aprirsi al mondo, etc. Quello che contesto è il parlare di un "superamento" del dubstep, specie quando determinate (e determinanti) infrastrutture musicali sono rimaste e continueranno a perpetuarsi pure in una deriva più pop del genere. Questo intendo quando parlo di dubstep come metodo più che come sonorità specifica: il grosso delle soluzioni più originali introdotte dal dubstep permane, ecco. Ripeto: per me il Rusko del 2010 (ma anche Magnetic Man e Skream, anche se mi sono piaciuti un filino meno) è stato clamoroso nel convertire i segni del dubstep da "oscuri" a "solari" (meglio: "luminosamente bizzarri" ), il tutto senza troncare di netto il discorso e, anzi, confrontandosi con nuove sonorità pur preservando il modus operandi acquisito nel corso del decennio scorso. So che nell'elettronica dance è la norma lanciare un nuovo sottogenere appena si cambia una virgola del sound: è un bel gioco, spesso utilissimo, e sto al gioco con piacere; però in questo caso sono più riluttante, almeno per il momento. In più, post-dubstep come etichetta non mi piace un granchè. Future garage invece è esaltante, per quanto ci sia ancora grossa indecisione/confusione su chi far rientrare nel carrozzone. Dei nomi letti in giro, Blake sembra il più trasversale, anche se una larga fetta degli intenditori sembra orientato a restringere il campo d'azione a pochi artisti dai tratti sonori conuni e ben marcati: appeal futuristico ok, poliritmie ok, ma soprattutto mood sognante, rarefatto, tastiere evanescenti, sample vocali deformati ma eterei come da prassi ambient-house... Verrebbe da chiamarlo "dream-garage" non ti pare?

synth_charmer, autore, alle 19:25 del 5 aprile 2011 ha scritto:

RE: "dream garage"

secondo me avverrà presto quello che hai predetto tu, questo momento in cui l'estetica sta esplodendo in ogni direzione si trasformerà in uno sconfinare con tutte e due i piedi in terreni che appartengono ad altri, e il "dubstep" diverrà una prospettiva, una modalità di approccio, più che un genere. Blake ad esempio è già in questa fase (il ragazzo è avanti), il suo album è più soul-songwriting che "anything-you-want"-step. Questo mese sta per arrivare Jamie Woon, che sta già portando avanti il discorso di Blake. Anche la stessa Katy alla fine è inquadrabile in questa tendenza: in realtà quelli che coscientemente avevano esportato il dubstep verso dance e mainstream erano stati i Magnetic Man, Katy ha preso tutto ciò come un background da cui partire in maniera spontanea, senza voler "fare" niente di specifico ma seguendo il proprio istinto. Ed è proprio quello che stavamo dicendo, un approccio, un modo di vedere più che un'estetica da seguire non avremo tempo di consolidare l'etichetta che non ci sarà più l'esigenza di usarla!

sfos (ha votato 7 questo disco) alle 19:22 del 5 aprile 2011 ha scritto:

La tendenza principale in UK mi sembra quella di un adattamento delle forme dubstep alla musica pop, e la cosa mi stuzzica non poco. L'anno scorso si era partiti coi Darkstar, quest'anno Blake ha generato un suono asettico, a metà tra la glacialità delle basi e il calore soul, Katy B se ne è uscita con un disco che può portare alcuni caratteri del dubstep in alta classifica, e anche Jamie Woon (su cui sto prep la recensione), ha fuso elementi dubstep, r'n'b, e soul in un formato altamente appetibile. Sono tre nomi che vedo molto legati tra di loro, tuttavia, mi sembra una strada parallela al dubstep, e non propriamente il superamento di esso. Una strada che può avere più appeal sul pubblico medio, a differenza delle atmosfere cupe della prima fase della scena

synth_charmer, autore, alle 19:32 del 5 aprile 2011 ha scritto:

Tre nomi legati tra loro

Vero, e Woon mi sembra quello che tra i 3 si sta allontanando più dai confini. Ma ne parleremo nella tua rece vai sfos, che su Woon mi sa proprio che non sarà facile

Filippo Maradei (ha votato 6 questo disco) alle 20:30 del 5 aprile 2011 ha scritto:

Che casotto che avete fatto, non si raccapezza più niente: dubstep morto, dubstep vivo, dubstep c'è, dubstep non c'è, post-dubstep è tutto ma anche nulla... insomma, sembra che 'sto genere convogli in sé mezzo mondo musicale per quanta gente avete tirato in ballo! E tutto questo per un album, secondo me, che è il più classico dei lavori funky-dance da discoteca. Vado a farmi una doccia va', così forse dopo mi ricordo almeno come mi chiamo!

synth_charmer, autore, alle 21:12 del 5 aprile 2011 ha scritto:

RE:

eccolo, il lettore medio per cui diventa necessario focalizzarsi sulle differenze di percezione complessiva del suono, più che sugli elementi tecnici che legano un disco come questo al continuum post dubstep tu gli parli di sincopi, UK bass e emersione dall'underground, e lui finisce per dire "ma che dice questo, non lo capisco, parla di cose che non c'entrano niente" e finisce per non volerti più leggere. Se magari gli dici "ok, non è dubstep, chiamiamolo in un altro modo" invece è contento! a parte gli scherzi, questa è una cosa su cui c'è da riflettere: se non si riesce ad usare un tono espositivo chiaro a chi non è esperto, è come parlare allo specchio, un gioco fine a se stesso. Certo, poi ci sono anche i casi disperati in cui dopo una crepe pomeridiana metti un po' di 2step evidenziando la componente ritmica e lui ti guarda con l'espressione inebetita è lì che ti trasformi nello strangolatore di Boston (anche se vivi a Roma)

Filippo Maradei (ha votato 6 questo disco) alle 0:38 del 6 aprile 2011 ha scritto:

RE: RE: sincopi, UK bass e emersione dall'underground

Capirai, stessi parlando di massimi sistemi invece che di quattro cazzate terminologiche che trovi scritte nel manuale (musicale) delle giovani marmotte. Detto francamente Ca', parlando con te ho sempre l'impressione che ti rivolga più a un'immagine riflessa di te stesso che a me; sul 2step comunque ti do ragione, inebetito rimango ma mi consolo pensando che c'è sempre chi a momenti non sa manco chi siano i King Crimson o Tim Buckley...

synth_charmer, autore, alle 9:17 del 6 aprile 2011 ha scritto:

RE: RE: RE: sincopi, UK bass e emersione dall'underground

infatti, sono le basi ma qualcuno non è interessato ad approfondirle (nonostante il dubstep lo recensisca pure) e preferisce chiudersi nel castello di carta del "secondo me", che impedisce di vedere le questioni oggettive. Comunque è vero, ogni volta che parliamo di musica mi sembra di parlare a un muro, infatti finisco sempre per rinunciarci e puntare a farti incazzare, cosa che come vedi mi riesce sempre io parlo di ciò che conosco con un sufficiente livello di profondità, perché so bene quanto si può suonare banali e ignoranti a parlare di cose che si conoscono poco redazione, quando vi siete stancati di leggere le bisticciate tra me e Filippo cancellate pure tutto anche il weekend lo passiamo così!

target alle 10:19 del 6 aprile 2011 ha scritto:

Minchia, Los che mi cita l'euro-dance. Mi sono ascoltato, perciò, "Lights on". Ai 2'50'' la tipa rappa esattamente come i Reel II Real. E pure l'attacco vaguely trance ricorda un po' la loro "Go on move" ) L'estetica, in effetti, è quella (più o meno). Ma son cambiato io.

loson (ha votato 8 questo disco) alle 12:58 del 6 aprile 2011 ha scritto:

RE:

Hai capito l'adolescenza danzereccia del Targ! ;D "Ma son cambiato io" ---> Eh, da quando hai preso domicilio in Canada non sei più lo stesso, gh.

loson (ha votato 8 questo disco) alle 13:07 del 6 aprile 2011 ha scritto:

'Mazza quanto litigate, raga. E pensare che fino a pochi mesi fa ero io a punzecchiare Carlo... Beata gioventù. XD @Sfos: sì, Jamie Woon altamente "luvabile". Più "lineare" di Blake, si sente parecchio il retroterra r&b. Ti dirò che i singoli, pur carini, non mi hanno fatto impazzire, ma il disco nel suo insieme pare tanta roba, specie quando il mood si fà più malinconico. E "Gravity" è tipo la canzone più bella di sempre. :* Non vedo l'ora di leggere la rece.

target alle 14:06 del 6 aprile 2011 ha scritto:

ihih, ma adesso qua sembra finita la sbornia, e devo ancora decidere per cosa lasciare la mia 'casetta in canadà' ) al momento mi trovi negli scantinati della Not Not Fun, poi mi stancherò dei ragnetti witch sul muro e delle foto stinte di palmeti controsole e forse tornerò alla perfida Albione (in questi giorni mi sto asco e riascoltando Happy Mondays e World of Twist, per dire...). Certo, cotesta Katy B non m'ingrifa. Lo strato r'n'b mi respinge. Troppo yo. Troppo 'balliamo pure con le luci accese, aho, diggèi, metti n'antra song'. Però si sente, certo, che non è un disco 'piatto e manale' (sic), e che dietro c'è del talento. Alla prossima, bro!

loson (ha votato 8 questo disco) alle 15:03 del 6 aprile 2011 ha scritto:

RE:

@Targ: Ahah, io quella casetta la lascerei anche per un bunga bunga a Fregene... ;D Scherzo, in Canada' ben si sta. Da cinque anni hanno pure la tv. (XD) "(in questi giorni mi sto asco e riascoltando Happy Mondays e World of Twist, per dire...)" ---> Quando dici così mi commuovi. :* World Of Twist sublimi e purtroppo dimenticati dai più. Ti faccio una confessione: della witch house qualcosina mi piaciucchia. O_O @FeR: Te l'ho detto, grazie a 'sto disco sono ringiovanito di dieci anni in dieci giorni. Ringiovanisci anche tu su Rieducational Channel!

FeR alle 14:21 del 6 aprile 2011 ha scritto:

Quando i miei amici indie si esaltavano per il dubstep strumentale, che io trovavo noioso e prolisso, mi ricordo di aver detto più di una volta "aspettate che penetri il linguaggio pop e ne vedremo delle belle". In reazione, c'era addirittura chi si scandalizzava per un'ipotesi del genere. Come volevasi dimostrare, ora del dubstep originario non frega più niente a nessuno, mentre tutti ne sfruttano le istanze per produrre musica come questa Il disco ancora devo ascoltarlo per intero, ma viste le passate collaborazioni di Katy B e i singoli già diffusi sono sicuro che non deluderà. Mitica.

cico (ha votato 1 questo disco) alle 5:37 del 7 aprile 2011 ha scritto:

Sveglia

Che palle...ma proprio a nessuno viene a mente che si tratta di un pesce d'aprile??

TexasGin_82 (ha votato 4 questo disco) alle 15:49 del 7 aprile 2011 ha scritto:

2 maroni

e non sto parlando del ministro degli interni.

Cas (ha votato 8 questo disco) alle 10:51 del 29 aprile 2011 ha scritto:

questo non è proprio il mio genere, eppure trovo impossibile non riconoscere dei grandi meriti a questo album. si tratta di un ponte capace di collegare quanto prodotto dall'underground britannico in questi anni ad un mainstream che non aspettava altro. il sottobosco dubstep (e tutto ciò che ci sta intorno) vede qui il suo trionfo, ma anche la sua definitiva morte (se qualcuno non se ne era ancora accorto). insomma, si tratta di un'importantissima cerniera e di una definitiva consacrazione, rafforzata però da un approccio variegato, come Carlo ha giustamente fatto notare (insomma, non solo dubstep per fortuna...). dischi come questi sono importantissimi, perché permettono contatti, spesso fruttuosi, tra diversi piani di audience, stimolando il fermento sia in basso che in alto. e adesso vediamo che succede

Stefano_85 alle 13:52 del 16 marzo 2021 ha scritto:

Ho ascoltato qualche brano e mi sembra un album piuttosto acerbo, soprattutto dal punto di vista produttivo (è un discorso relativo al sound, che trovo un po' immaturo, basico: proprio non mi convince). Decisamente meglio il successivo "Little Red".