R Recensione

8/10

Blood Brothers

Young Machetes

I Blood Brothers sono una delle più grandi speranze del postcore, questo è risultato evidente fin dal folgorante esordio del 2003 Burn Piano Island, Burn , disco al fulmicotone che si faceva forte di una rilettura sui generis e meticcia del genere, un’ispirazione musicale bizzarra, scomposta , trasversale e due vocalist psicotici come Jordan Blilie e Johnny Whitney, quest’ultimo in particolare dotato di un falsetto degenerato e stridente, cacofonicamente affine ad un gessetto strisciato con vigore sulla lavagna. Il successivo Crimes, del 2004, era stato un mezzo passo falso, compensato in parte dal brillante side project di Whitney a nome Neon Golden (in tandem col batterista Mark Gajadhar): con quella sigla nel 2005 è uscito Chandeliers in the Savannah, brillante esperimento di pop malato di hardcore.

E viceversa è un postcore malato di pop questo Young Machetes, la conferma che aspettavamo e che proietta definitivamente i Blood Brothers nell’olimpo dei freak illuminati: i fratelli di sangue affrontano il difficile terzo disco (che clichè) con le idee chiare e gli strumenti affilati, imbrigliando, anche se solo in parte, la loro propensione al caos e sparando a ritmi indiavolati 15 pezzi memorabili. Prima si parlava di postcore, ma prendete la definizione con le pinze: se l’attitudine del gruppo e i riferimenti principali sono vagamente riconducibili a questo genere, l’approccio alla materia è anarchico e sfrenato.

Difficile tenere il filo lungo il corso delle 15 canzoni, difficile tenere il filo anche all’interno della singola canzone: l’attacco di Set Fire To The Face On Fire è in puro Blood Brothers style, un hardcore avvelenato squartato da lame noise e ripartenze metal, We Ride Skeletal Lightning ha un tiro anthemico devastante, figlio dei migliori Pixies, Camouflage, Camouflage cita il già citato Chandeliers nel suo alternarsi imprevedibile tra carica hardcore e ballata pop, You’re The Dream Unicorn! è quasi grind, Split Shine Your Black Clouds fa suoi i ritmi e i suoni del new wave revival di Franz Ferdinand e compagnia, 1,2,3,4, Guitars è un punk funk scuro da far impallidire i Rapture.

Potremmo andare avanti per ore, citando la schizofrenia di Johnny Ripper , egualmente divisa tra noise e pop o le meraviglie del midtempo Street Wars, ma preferiamo fermarci qui, lasciando a voi la sorpresa di scoprire, ascolto dopo ascolto, le mille sfaccetature di un di disco non facile ma enorme, che consacra i Blood Brothers come eredi ideali, anche se alla lontana, di un grande gruppo come i Brainiac: diversi gli ingredienti musicali, identica la natura bizzarra e anarchica della musica. Il futuro è loro, e noi siamo già ansiosi di sapere dove li porterà il prossimo passo.

V Voti

Voto degli utenti: 7/10 in media su 1 voto.
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C Commenti

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Roberto_Perissinotto (ha votato 7 questo disco) alle 16:00 del 17 marzo 2010 ha scritto:

Volenterosi, ma dopo un pò stancano.