R Recensione

7/10

Riverside

Anno Domini High Definition

Dopo l’ultimo “Rapid Eye Movement” ( 2007 ) che chiudeva la trilogia denominata “Reality Dream",”tornano i polacchi Riverside con “Anno Domini High Definition”.

Il disco esce sotto l’egida dell’etichetta  Inside Out, nota per essere specializzata in progressive-metal.

Rispetto agli LP precedenti il “sound” si è fatto più duro e graffiante ma ha perso parte del fascino gotico che lo pervadeva.

Il suono che ne esce è comunque di grande impatto e a tratti epico, anche se  si nota una certa tendenza a usare soluzioni “standardizzate” e meno creative.

I riferimenti sonori ricordano non poco gli ultimi Porcupine Tree ( quelli di “Fear of a Blank Planet” ) e anche gli Opeth, celebre death-metal svedese che si è avvalsa del contributo di Steven Wilson in fase di produzione.

L’album è composto da cinque tracce ed inizia con delle tenui e malinconiche note di pianoforte che introducono l’iniziale “Hyperactive” : il brano si evolve poi in un compatto e duro stile di matrice prog-metal.Il pezzo non è in realtà memorabile.

Delle pulsanti note di basso del leader  e cantante Mariusz Duda ci conducono nei meandri della seconda  traccia “Driver to destruction”, che si avvale ancora di sonorità molti dure. Si rivelano ottimi gli assoli del chitarrista Piotr Grudzinski .

Dopo due pezzi che sinceramente non ho trovato entusiasmanti finalmente il disco incomincia a decollare grazie alla splendida “Egoist Hedonist”, apice creativo dell’album assieme alla successiva “Left Out”.

Il pezzo è diviso in tre sezioni e l’atmosfera ricorda molto gli ultimi Porcupine Tree . Notevole l’interplay fra i musicisti che trovano un mirabile equilibrio fra chitarre, tastiere, basso e fiati. Il brano alterna momenti duri ad altri più onirici sottolineati dal sapiente uno delle tastiere. Da segnalare ancora gli ottimi assoli di chitarra,  molto liquidi e psichedelici .

L’inizio di “Left Out” deve molto invece ai momenti più sognanti e pacati degli Opeth ed è sicuramente uno dei momenti migliori del disco. Assieme alla finale “Hybrid Times” è il brano più lungo dell’album. La parte finale è molto tirata con in evidenza  tastiere e chitarre molto dure.

Ancora un pianoforte malinconico è utilizzato per introdurre la lunga ( oltre 11 minuti ) “Hybrid Times”, che alterna momenti duri ad altri più atmosferici e sognanti caratterizzati dall’uso delle tastiere.

Sicuramente un buon pezzo che chiude degnamente un buon disco di prog-metal che ha nella parte centrale i suoi momenti migliori.

Non resta che aspettare la futura evoluzione musicale di questo gruppo polacco oramai consolidato.

V Voti

Voto degli utenti: 5,7/10 in media su 3 voti.
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rael 4/10
luca.r 5/10

C Commenti

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BigMike (ha votato 8 questo disco) alle 15:43 del 13 agosto 2009 ha scritto:

Tutto quello che è stato costruito con i precedenti tre album è a mio parere giunto ad un livello superiore, speriamo non ancora il massimo pero ....ottimo disco, intriso di ottimi arrangiamenti e di ispirazione verso grandi quali opeth, pink floyd ecc