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R Recensione

7/10

Dargen D'Amico

CD'

Ho messo in moto il ciclo della mia morte artistica, e non riesco più a interromperlo”. Così Dargen D’Amico si esprimeva sul suo blog circa un anno fa, nell’annunciare la pubblicazione solo in formato digitale del progetto D’ (parte prima e parte seconda). Un’affermazione certamente sintomatica di uno stato di frustrazione (per la sfiducia delle etichette discografiche in merito alla sua nuova direzione artistica) ma insieme una fiera trasposizione di se stesso, della sua arte, in questo progetto, da pubblicare così com’era stato pensato e realizzato, senza compromessi o aggiustamenti. Un coraggio artistico assoluto, ben enucleato negli interstizi di un’opera incompromissoria e rischiosa. Un vero e proprio salto nel vuoto, con le origini rap / hip-hop, diluite ancor più che in passato, con materiale elettronico, leggerezza pop, ritmi sghembi (c’è spazio anche per il reggae!), inediti omaggi ai neomelodici (!) e massicce dosi di vocoder.

Come uscirne vivi? Chiedere a Dargen, per favore, solo lui può sapere come sia riuscito, e chissà con quali alchimie, a rendere digeribile, ed anzi a lunghi tratti avvincente, questa ardita miscellanea che lui stesso ha battezzato, forse non senza ironia, “emo-rap”. Oggi è finalmente tempo di pubblicare in formato fisico tali sforzi produttivi, con un pezzo lasciato per strada (“Prendi per mano D’amico”, tra l’altro gradevolissimo divertissement) e ben quattro bonus track. Ecco quindi che D’pt.1 e D’pt.2 sono diventati questo unico CD’. Il progetto, presto detto, è monotematico (almeno ad una superficiale disamina), trattando del sentimento per antonomasia, da sempre abusato: “tratta solo d’ cuore, d’amico e soprattutto d’amore”: amore, amore ed ancora amore, quindi (così, giusto per aggiungere anche a livello contenutistico un ulteriore elemento di rischio! Che abbia voluto sfidare se stesso il buon Dargen?): “Devo ricordarmi di tenerla alta la guardia, perché poi altrimenti poi ah no accidenti, l’ho abbassata per un attimo e niente da fare anche per oggi mi sono innamorato” (“Van Damme - Saddam”). C’è da dire che a livello musicale, così come in passato, c’è tantissima roba in ballo. Si va dal rap convenzionale (si fa per dire, ovviamente) di “Nessuno parla più” (in collaborazione con Fabri Fibra e Danti) e “Brano senza titolo” (con i Two Fingerz e Ghemon), a pezzi che lambiscono territori quasi (quasi eh!) da musica leggera italiana, per giunta parecchio neomelodica, quali in particolare “Odio volare” (con Daniele Vit) e “Bere una cosa”, non proprio il mio pane, lo ammetto.

Il meglio, a mio parere, viene quando le sue qualità liriche impazzano, anche su basi più morbide, come in “Perché non sai mai (quel che ti capita)”, con un bellissimo testo su una ritmica sghemba e riuscitissima. O come in “Malpensandoti”, in cui Dargen rende reale e tangibile uno stato d’animo intimo, nell’attesa dell’arrivo dell’amata, misto tra ansia e speranza: “Vado all'ingresso e faccio per entrare. Il meccanismo automatico, le porte che si aprono per farmi passare mi fa pensare: qualsiasi addio anche tra due porte è traumatico”. Capacità liriche ed emozionali davvero fuori dal comune. Quando, invece, i ritmi diventano più sostenuti vengono fuori pezzi come "Van Damme (Saddam)”, con la sua progressione irresistibile: “ho lanciato gambe all’aria, come il can-can, i soldi sono niente se non mi fai pendant, e se resto al buio muoio come Pantani, come bande a Los Angeles se sbagli bandana e se sopravvivo invecchio triste come Santana e comunque muoio male uguale come Giancana”, oppure come “In loop (la forma del cuore)”: “metto la carne in quello che scrivo chi mi ascolta mi vede era meglio se mi vestivo”, o infine, come la poliedrica “Mi piacciono le donne”, con il suo brillante testo, tra ironia (“Mi piacciono le Donne che, che si fingono matte, ma mi scende tutto se, se si sono rifatte, perché se il seno l'hai voluto grande, gigante, chissà cosa ti aspetti dalle mie mutande”) e amarezza (“mi piacciono le Donne che, anche se non sembra, vengono dalla merda e hanno pillole di riserva e sul polso hanno un ricordo fresco coperto da una benda”). Il pop/neomelodico-rap-reggae (?!) di “Ma dove vai (Veronica)” viene replicato anche nella nuova “Orga(ni)smo(uni)cellulare”, ma in quest’ultima l’innesto neomelodico su ritmo reggae diventa realmente indigesto, almeno per il sottoscritto, mentre in “Un dio a parte (un poeta e un pò no)” troviamo un classico pezzo di Dargen, in cui si mette a nudo (e un pò no), nel suo tipico gioco di verità/finzione, in cui vengono fuori al meglio le sue capacità liriche e creative. Ma non è finita, nell’ottima “L’amore è quell’intertempo”, riesce magicamente a restare in bilico tra sentimento ed ironia “L'amore è quell'intertempo, in cui qualcuno ti, trattiene e ti, tira in una stanzetta (...) e allora ti, giri e baci e benedici chi, ti stima ma svanisce e scopri che nessuno ti stima o ti tira e ti si era solo, impigliato il maglione nella maniglia”, mentre nella curiosa “Gocce di cielo”, si abbandona ad una simil-filastrocca infantile.

Non è un’opera semplice questo CD’, nonostante l’apparenza, ma Dargen D’Amico è abituato a soluzioni ardite, che richiedono giudizi non affrettati. Si viene, però, ampiamente ripagati dal candore della scoperta di qualcosa di unico, pur dentro soluzioni musicali poliedriche e rischiose (qui, più che in passato, realmente abbondano innesti musicali che in mano ad altri, non dotati della sua indubbia classe, farebbero scivolare tutto nella tamarraggine ed ancora più giù!). A me, anche in questa nuova veste, convince e piace parecchio. Tra l’altro ha l’indubbio pregio di evitare la ripetizione di quanto già sperimentato per i precedenti (notevolissimi) lavori, cambiando pelle ad ogni nuova uscita. Un 7,5 pieno e convinto. Avercene di artisti così.

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Voto degli utenti: 7,5/10 in media su 1 voto.
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Giz91 7,5/10

C Commenti

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fabfabfab alle 23:46 del 14 aprile 2011 ha scritto:

Bella recensione, Simone. Neanche tanto facile. Il disco l'ho ascoltato con poca attenzione, quindi non posso giudicare. Ma tu hai sentito il disco dei Macrobiotics, quello con DD e Nick Sarno che fanno cover di De Andrè, Vasco Rossi...?

gull, autore, alle 14:14 del 15 aprile 2011 ha scritto:

Onorato dalla tua attenzione, Fabio. Si, non è stato facile per me scrivere di un genere (uno, cento, mille generi!) che non conosco affatto! Insomma, ho un pò pisciato fuori dal vaso, se mi passate l'espressione. Spero di non avere scritto troppe cavolate!

Il disco dei Macrobiotics non l'ho ancora ascoltato (tranne "la guerra di piero", molto bella). Sono ancora alle prese con i tre disconi pubblicati a suo nome, talmente pieni di splendida roba che li ho in rotazione da un paio di mesi e non mi so staccare!

Giz91 (ha votato 7,5 questo disco) alle 17:35 del primo febbraio 2013 ha scritto:

Ottimo voto, io darei un mezzo voto in più perché emotivamente mi ha colpito molto. Non al livello di "Di Vizi Di Forma Virtù", ma un mezzo capolavoro anche questo.