Uochi Toki
Il Limite Valicabile
Ogni recensione o discorso sulla musica mi fa un male incredibile.
E allora va bene, vi dico di me. Al liceo, avevo lossessione, un autentico culto pagano, per la parola. Isolarla sul foglio bianco, totem oscuro nella neve, mi procurava dannata eccitazione. Vederla volteggiare nel nulla, riempire il vuoto con il suo umile esserci. Restarne frastornato. I viaggi mentali che ho fatto, su una sola parola finita da un punto. Ebbi lingrata idea, agli orali del quinto anno (ma quale maturità scientifica?), di portare una tesina intitolata La forza della parola, la potenza dellespressione. Mi procurai dei cartelloni bianchi, e su ognuno ci appiccicai, distanziando bene i versi, le parole di alcune poesie di Ungaretti. Frammenti minuscoli di buio oscuravano, inondandolo, il candore di un metro quadrato di carta. La commissione liquidò il progetto come bizzarria di un sognatore vanesio (ok, non dissero proprio così), e spostò il discorso, con la scusa di unattinenza perlomeno discutibile, sulle formule fisiche inerenti il peso specifico, o giù di lì. Io portavo la commissione sui miei territori, lei mi trascinava per i capelli sui suoi. Eccolo, nella lotta al confine di una guerra persa in partenza, il mio limite valicabile. Gli Uochi Toki non sono dissimili dallermetismo di Ungaretti. Il poeta riempiva di immagini, in dieci parole, la pagina bianca di un libro, o del mio cartellone; Napo e Rico, proporzionalmente, adoperano lo stesso numero di immagini per vocabolo, dispiegandole in un ettaro di basi candide e lerce.
La parola può rivelarsi delinquenziale, offensiva, indignata oppure saggia. Ma non è mai vile. La parola può divenire intangibile, quasi sempre. È proprio su questo logorante paradosso che il nuovo lavoro degli Uochi Toki si innesta: Il Limite Valicabile è nella impossibile coesistenza di comunicazione e non-comunicazione, che trova la sua indicibile soluzione nel sancire linadeguatezza della parola e la vittoria inappellabile del non verbale. Gli Uochi Toki. Non verbali. Ci si goda lossimoro. Sicché, il mio descrivere, attraverso intangibili, per quanto adorate, parole, un doppio imponente album come questo, va da sé, è impresa titanica e senza dubbio limitante.
Giunti al decimo album, questi due alchimisti del pensiero ci hanno regalato dischi sbalorditivi (limpatto inaudito degli esordi, la magniloquenza del "Libro Audio", 2009), altri più aneddotici ("Cuore Amore Errore Disintegrazione"), sino al ludico "Idioti" del 2012. Nel mezzo, collaborazioni, sperimentazione, magnifici singoli venduti soltanto ai concerti, unaura nerd coltivata per sbaglio, e leco ripetuta e avvincente di miliardi di parole, concetti imponenti, flatulenze pregne di sottintesi, eloquentissimi silenzi, deviazioni e percorsi ragionati e coerenti. E una logorrea spaventosa: parlata quella di Napo, suonata quella di Rico, immaginifica quella degli Uochi Toki insieme. Il primo dei due capitoli de "Il Limite Valicabile" si fa riconoscere semplicemente come Un Disco Rap, giustamente introdotto da "Un Pezzo Rap": lavvicinamento a questa musica, limpatto violento con lelettronica, gli Autechre, la storia che introduce la storia che introduce la storia che introduce un nuovo disco, un gatto che segue solo la sua coda ma nel frattanto si ribalta, capovolgendosi, percorre chilometri, giunge altrove. Frequentissimi, poi, i dialoghi sotto forma di featuring, che diventano alloccorrenza flirt, scontri, reincarnazioni: con Sin/Cos per "Dont Legislaizah", tutta singulti, bleep tribali e la cara vecchia droga, con Campidilimoni per la meno efficace "Bim Bum Cha", Murubutu per le memorie dal sottosuolo di "Rest In Peace, Rest In Poetry", ovvero lomaggio a Leopardi più libero e coraggioso che possiate udire, o il tellurico teletrasporto di "Uranium Age Crew" con un imponente Zona Mc; e, più di tutto, con Miike Takeshi nelle claustrofobiche frantumazioni di "Talento e Merito Tradotti in Inglese Diventano Altre Cose", quindici minuti di apnea fisica e decolli mentali. Da pazzi, infine, il talento cristallino di Napo in "Dialectatron punto VST", una interregionalizzazione in tempo reale, e la prodigiosa mancanza di tatto della conclusiva Shake Your Assets, in cui riceverete spiegazioni interiori a quesiti irrisolti a posteriori.
se ci fosse un secondo disco, finito questo: è con queste parole che si conclude la prima metà de Il Limite Valicabile. Il secondo disco cè, fisicamente, eppure forse no, oppure forse forse. Si intitola La Fine DellEra Della Comunicazione ed è un parto per gemmazione da appigli circostanziali: le basi si fanno liquide, oppure terrose, come a dire gutta cavat lapidem, la voce soffoca, oppure affoga, rincorrendosi per astrattismi, dove astratto, però, non vuol dire inesistente. Un percorso in parte sperimentato, in parte scandagliato, negli ultimi esperimenti sulla breve distanza di Distopi e Cystema Solari, ovvero la ricerca di altri luoghi, altri idiomi. La materia diviene magmatica ("Whole Grain"), minimale ("Una Cena"), armata di "Urina Spray", apocalittica ("Vai a FFT"), infine mistica nel manifesto del "Corpus Sonico", che si conclude con la sentenza se volete qualcosa di astratto ma TANGIBILE dovrete aspettare la fine dellera della comunicazione. Di qui in poi Napo tacerà, e il paradosso viene fissato nel nucleo pulsante di "LFDEDC", nei cortocircuiti di "Voglio Sentire le Urla del Re", scientemente scelto come singolo, e nelle derive sintetiche colme di storie, iniziazioni, battiti dali, trasporti, scatoloni mentali delle restanti tracce.
Ho sbagliato tutto, mea culpa: tornassi indietro, vi racconterei "Il Limite Valicabile" stramazzando sulla tastiera, in preda allincomunicabilità. Non è tardi.
vbhggthbrvouhtfvbldfjignjgdfnblghrbnrgbnljgnbjirnbsijvifrvjhgiuthgbvuythwsopuirhvbhghugruthburtnhburtbnutrgbntrgnbljuknbvlgrjesvnbuirlbnvolrhnbrlejnbiregnirgofbnuirgnbinisolvhbgoibhuitwoheryohvevenfwjuhvotebrhtsbvnrowhbvnlgngthbrvouhtfvbldfjignjgdfnblghrbnrgbnljgnbjirnbsijvifrvjhgiuthgbvuythwsopuirhvbhghugruthburtnhburtbnutrgbntrgnbljuknbvlgrjesvnbuirlbnvolrhnbrlejnbiregnirgofbnuirgnbinisolvhbgoibhuitwoheryohvevenfwjuhvotebrhtsbvnrowhbvnlgn.
Mi si conceda comunque il punto a fine frase. Non sarò mai uno Uochi Toki, ahimè.
Tweet