V Video

R Recensione

7/10

Queens of the Stone Age

Era Vulgaris

Due anni fa ci eravamo augurati che “Lullabies To Paralyze” non fosse l’assestamento definitivo del sound del gruppo. Oggi, dopo aver sentito “Era Vulgaris”, si può affermare tranquillamente che di cambiamenti ce ne sono stati abbastanza per non rimanere delusi.

Premessa: Homme è chiaramente un volpone e sa come attirare l’attenzione mediatica su di sé. Ha chiamato a collaborare per il disco artisti del calibro di Mark Lanegan (e questa non è una novità), Trent Reznor e Julian Casablancas.

Bene. Trent viene coinvolto nel pezzo omonimo “Era Vulgaris”, che alla fine è stato pubblicato solo nelle versioni inglese e giapponese e che tra l’altro è un brano a dir poco telefonato.

Casablancas compare come voce e chitarra in “Sick Sick Sick” (tra l’altro primo singolo del disco) ma alzi la mano chi ha sentito una nota della sua ugola o un suo riff caratteristico.

Insomma, a questo punto si poteva anche lasciarli a casa a comporre nuovi brani, possibilmente migliori di quelli ascoltati ultimamente.

Detto questo e aldilà di queste inezie, va premesso anche che “Era Vulgaris” è un album particolare, quasi a due facce. Da un lato la tendenza verso un suono hard rock molto duro e pesante, dall’altra la ricerca di accurate melodie morbide e vellutate. Il tutto ancora inframmezzato di residui stoner, anche se ormai siamo distanti anni luce non solo dai tempi dei Kyuss, ma anche solo dall’album omonimo di una decina di anni fa e da “Rated R”.

Un altro fattore che spunta fuori saltuariamente è l’autocitazionismo, ossia la tendenza a specchiarsi eccessivamente nel proprio passato offrendo schemi, ritmi e anche canzoni (è il caso di “Make It Wit Chu”, ripresa da quel gran calderone delle Desert Sessions) già sentiti e superati. Si percepisce chiaramente la difficoltà di Homme di uscire dai binari e avventurarsi in nuove direzioni. D’altronde va detto che arrivati al quinto disco può essere comprensibile la volontà di ancorare il proprio sound al proprio passato musicale, specie se glorioso come quello dei QOTSA. Homme ha comunque cercato di ovviare al problema con un ritorno ad un suono rock primordiale, in cui al cuore della composizione trova la sua posizione di prestigio un riff o un assolo intrigante ripetuti ossessivamente fino allo sfinimento. Difficile se questo denoti una mancanza d’ispirazione o l’unica ancora di salvataggio ancora possibile per la band, fatto sta che ci si immagina Homme nella sua cameretta, a buttar giù qualche decina di riff elementari, grezzi e talvolta anche storti.

Quello che poteva essere l’affondamento del transatlantico diventa però una scelta azzeccata. O almeno in parte, dato che alla fine il punto debole del disco non sembra risiedere nei brani più tirati bensì nei momenti più mosci e lenti, e soprattutto nel modo di cantare di Homme. E’ questo soprattutto il punto debole di “Turning On The Crew”, vortice acido potente al punto giusto prima dell’entrata del cantato eccessivamente molleggiato. Ed è questo pure il problema nei coretti di “Sick, Sick, Sick”, che sfigurano rispetto all’ottima sfuriata chitarristica. E nonostante lo stile elegante e impeccabile, francamente “ballate” come “Into The Hollow” non risultano certo fondamentali.

Anche “Make It Wit Chu” viene alleggerita eccessivamente dalla sua precedente struttura lo-fi e appare come una versione scialba e rammollita rispetto all’originale. Ed è un peccato anche che “Suture Up Your Future” si dilati così a lungo su quei ritmi così ballonzolanti senza nerbo prima di arrivare all’accelerazione finale in un crescendo altrimenti davvero notevole.

Aldilà di queste scelte stilistiche discutibili c’è da dire però che le cose davvero riuscite non mancano. In ordine di apparizione troviamo l’accattivante e sensuale “I’m Designer” in cui aggressività e ritornello “popular” riescono finalmente a coniugarsi ottimamente. C’è poi lo splendido cambio di ritmo di “Misfit Love” con la sua chitarra quasi industrial ed il riff conturbante che apre a successivi splendidi intrecci di chitarre e ad un Homme che mette per un attimo da parte il tono passionale-romantico per tornare ad essere il sornione istrionico di sempre.

Si può notare come le strutture ritmiche non siano eccessivamente elaborate, anzi tendano a una circolarità continua sopra la quale a rendere la melodia sia quasi unicamente il cantato. Questa semplicità artigianale di fondo non deve però essere pregiudizialmente vista negativamente, tanto più che “Battery Acid”, scossa energica travolgente e dirompente, di fatto è uno dei veri gioiellini del disco. Così come “3’s & 7’s”, quasi un collage di tre canzoni diverse incollate assieme in maniera schizofrenica, a tratti confusa, ma con un risultato finale notevole. “River In The Road” è un altro splendido pezzo tirato: fulmineo, duro, scattante, con una batteria inebriante e l’ennesimo ottimo intreccio di chitarre spezzettate. La chiusura non è da meno: “Run, Pig, Run” è l’ultima mazzata prepotente di cui non si può dire nulla se non che quel “yuuuhh!” di Homme ormai è decisamente anacronistico.

Difficile tirare le somme allora. Come già detto l’impressione è comunque di un album frammentato, spaccato in due parti, cui una riuscita ottimamente, l’altra solo a metà.

D’altronde non si trovano mai cadute eccessive e anche nei punti meno avvincenti non si sente l’esigenza di passare alla traccia successiva. Il confronto con il precedente “Lullabies To Paralyze” è sicuramente vinto, anche se il distacco dai capolavori storici della band appare ancora notevole.

Rimane solo da sperare che il percorso futuro sia quello di “Battery Acid” e “Run, Pig, Run” e non di “Into The Hollow”. Non si potrebbe mai accettare un disco pop-rock convenzionale dai Queens of the Stone Age.

V Voti

Voto degli utenti: 5,8/10 in media su 11 voti.

C Commenti

Ci sono 7 commenti. Partecipa anche tu alla discussione!
Effettua l'accesso o registrati per commentare.

Giuseppe Pontoriere (ha votato 7 questo disco) alle 10:25 del 11 giugno 2007 ha scritto:

Beh...

Album discreto, sicuramente meno accattivante di Rated R. 3's & 7's è sicuramente la canzone più forte di quest'album, mentre secondo me Sick Sick Sick stona abbastanza.

Marco_Biasio (ha votato 4 questo disco) alle 10:59 del 11 giugno 2007 ha scritto:

Scusami

Recensione scritta benissimo, come al solito. Di cui però non condivido praticamente nulla: questo disco mi ha fatto precipitare la mascella talmente in basso che nemmeno ti puoi immaginare. Ad un primo momento non mi sembrava nemmeno la stessa band che ha scritto album come "R". Canzoni scialbe, pretenziose, senza un briciolo di inventiva. Bocciati senza possibilità di ripresa.

Alessandro Pascale, autore, (ha votato 7 questo disco) alle 11:14 del 11 giugno 2007 ha scritto:

niente di cui scusarti

d'altronde mi rendo conto come sia difficile fare paragoni tra gli due album dei Qotsa e i precedenti tre. Il paragone è improponibile. Io continuo a vederci qualcosa di buono cmq

Ivor the engine driver alle 11:29 del 11 giugno 2007 ha scritto:

mah....

....ho sincera paura di ascoltarlo, difatti sto rimandando il download da un mese....lullabies mi provocò deiezioni bollenti, non oso immaginare questo. Spero di no, ma il singolo per ora è quasi peggio di Icky Thump degli Stripes. Ma forse sono io che cerco dei QOTSA che non ci sono + da prima di Rated R (che all'inizio mi fece incazzare come una bestia). Unico rimpianto: esserseli persi al New Age nel dic 98.

ThirdEye (ha votato 1 questo disco) alle 1:43 del 8 agosto 2008 ha scritto:

Non sono piu loro....Aridateme Rated R!!!

Roberto_Perissinotto (ha votato 7 questo disco) alle 13:31 del 14 maggio 2009 ha scritto:

Calmi!

Anche a me al primo ascolto ha fatto una brutta impressione, ma poi è cresciuto canzone per canzone...non è di sicuro all'altezza dei loro lavori iniziali, ma viste le premesse (Lullabies) mi aspettavo peggio. Credo che le scelte musicale siano buone, peccato per la voce di Josh Homme che a volte non riesco proprio a digerire; mi è piaciuta anche la bonus track "The fun machine took a s**! & died": 7 minuti allo stesso tempo sensuali e ruvidi, bella prova!

LongWayToStoner alle 23:33 del 13 agosto 2015 ha scritto:

Sia questo disco che Lullabies sono stati fortemente criticati...ma a me piacciono abbastanza entrambi!Era Vulgaris assolutamente con alcune canzoni fuori posto,inadatte,o semplicemente brutte.Ma altre davvero belle.

Così come Lullabies To Paralyze!