R Recensione

8/10

Fog

Ditherer

Fog. Nebbia. Mai nome fu più azzeccato per un gruppo. Si, perché la creatura di Andrew Broder, ormai gruppo a tutti gli effetti, ancora una volta dà alle stampe un disco in grado di dare parecchi grattacapi al malcapitato recensore di turno, alle prese con un oggetto sfuggente e sfaccettato, giano bifronte musicale restio a farsi imbrigliare dalle parole.

Faccenda ordinaria, si dirà, perché di dischi facilmente incasellabili i Fog non ne hanno mai fatti: eppure questa volta la faccenda si fa ancora più spinosa:questo Ditherer è disco dalla natura fuorviante, che ama presentarsi sotto le sembianze di un normale disco (indie) rock per poi rivelarsi, ad un ascolto più attento, calderone scoppiettante di suoni ed influenze in attesa di esplodere da un momento all'altro.

A fiancheggiare Broder e soci nell'impresa figura un cast di lusso: i Low Alan Sparhawk e Mimi Parker, Andrew Bird, Dosh e Why?, tra gli altri: quadretto quantomeno schizofrenico, in linea con la tendenza fieramente trasversale del gruppo di Minneapolis. Eufemisticamente, che "trasversale" è un termine che rende a stento il senso del pot pourri musicale attuato su questi solchi: canzoni legate blandamente assieme dall'amore per le scenografie sonore noise-psichedeliche e da una continua fusione di tradizione e modernità. I Fog non si curano più di tanto di trend e mode passeggere: pensano solo a confezionare canzoni pop-rock. A modo loro.

Aprendo le danze con una We Will Have Vanished che richiama i migliori Tv On The Radio e che si affida nel finale ad un'amabile fraseggio strokesiano e spruzzando la serrata I Have Been Wronged con coretti beatlesiani e divagazioni prog. Imprigionando i Radiohead in un gospel tribolato da ritmi meccanici e ipnotizzando gli Of Montreal in una spirale di noise pop.

Riscoprendo la classicità rock dei '70s in una titletrack indecisa tra nostalgie progressive, timidi accenni di groove e code sinfoniche e bagnando con gocce di slide una splendida Your Beef Is Mine a metà tra Wilco e Verve. Uno degli apici pop del disco, peraltro.

L'altro arriva subito dopo, a segnare il punto più altro dell'intero albm: i Fog si scoprono romantici e sposano Thom Yorke alla tradizione americana, prima di perdersi in una deriva mantrica e terminare sotto le raffiche dei feedback. Semplicemente meraviglioso.

Ormai pago, il gruppo si affida per la chiusura di What' Up Freaks? a cristalline atmosfere country rock , e pare di sentire dei Flying Burrito Brothers a spasso sulle praterie cosmiche già battute dai Grandaddy. Chiusura perfetta per un disco che alza, e di molto, le quotazioni del gruppo.Perdersi nella nebbia non è mai stato così bello.

V Voti

Voto degli utenti: 7,3/10 in media su 3 voti.
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zanmat 10/10

C Commenti

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SteveRogers (ha votato 8 questo disco) alle 7:49 del 30 ottobre 2007 ha scritto:

Consigliato

Bel disco. Concordo con la recensione e con il voto del recensore.