A Sunny Day In Glasgow
Sea When Absent
Ma come potrà mai essere una giornata assolata in quel di Glasgow? Di sicuro è dannatamente strana, con quella luce pallida che destate sembra non tramontare mai, i raggi del sole che irradiano parzialmente la pelle e le nuvole sempre presenti in un angolo a minacciare la rabbuiata. Una sensazione bislacca a cui gli A Sunny Day in Glasgow hanno cercato di dare voce attraverso la linfa artistica della loro musica.
Sea When Absent gioca al contrasto tra gli estremi: prendi lo shoegaze puro e duro senza fronzoli né capricci dei My Bloody Valentine (eh sì, il termine di paragone sono sempre loro) ma sostituisci il malumore livido e plumbeo con un retaggio più catchy, a metà tra la stravaganza indie pendente, la gioia puerile, il casino adolescenziale e qualche spruzzatina di psichedelia a rendere tutto meno intellegibile di quanto possa essere nella realtà. Perché la realtà dei fatti è che la band dalle mille provenienze con base in quel di Philadelphia, ha avuto un passato burrascoso, caratterizzato da aspirazioni dream pop e da tante di quelle dipartite nella line-up che alla fine il suono, a partire dal secondo Lp - Ashes Grammar - è radicalmente cambiato. E lintento di Sea When Absent è di sicuro quello di palesare una rinnovata cifra stilistica che da qui in poi dovrebbe caratterizzarli. Dunque niente paura se dietro la console siede Jeff Zeigler (Kurt Vile, War on Drugs): quello che potrebbe sembrare lintento di indirizzare la propria proposta verso lidi più standardizzati è più che altro un valido aiuto nel dedalo di suoni.
La chiave di volta in Sea When Absent sta nel dualismo che parte dalle due ugole femminili (Jen Goma e Annie Fredrickson) per poi infrangersi fatalmente nelle interpretazioni che ne conseguono: smaccatamente pop nelle melodie della Fredrickson e coraggiosamente alternative in quelle della Goma. Due facce speculari che si attorcigliano, convivono placidamente nei brevi minutaggi e intessono una tela di suoni ammalianti allinterno di ogni singolo brano.
Deflagrazioni rock, distorti fuzz e avanguardismi melodici alla Satomi Matsuzaki in Bye Bye Big Ocean, ardite dissonanze glitch di In Love with Useless che sfruttano il pre ritornello per creare bizzarre interferenze sui pitch vocali; cori ipnagogici in Boys Turn Into Girls (Initiation Rites) con le chitarre sature a ricordare i fasti degli M83. La batteria si scompone in geometrie asimmetriche, i distorti tuonano e i synth scivolano soavemente su una materia multi cellulare che è in continua mutazione. Pochi i passi falsi durante lo svolgimento (The Things They Do To Me), più che altro piccoli incidenti di percorso che mostrano il lato massimalista e immaturo della band, quello propenso alla sperimentazione a tutti i costi. Ma i giochi ormai sono fatti e la sensazione che si ha, ascoltando Sea When Absent, è proprio quella di una giornata assolata in quel di Glasgow, magari tra il cemento delle coree narrate da Welsh in una giornata tiepida ma allo stesso tempo umida. Disagio e tepore allo stesso tempo. Strani contrasti rassicuranti.
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