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R Recensione

5/10

This Will Destroy You

New Others Part One

Per un momento “Tunnel Blanket”, pur nelle sue fisiologiche imperfezioni di primo abbozzo, aveva illuso sulla possibilità di imprimere una minimalistica svolta electro-ambient al frusto canovaccio del post rock strumentale. I This Will Destroy You del 2011 sembravano dover essere quei cavalieri dell’apocalisse per mano dei quali la tanto agognata metamorfosi di genere sarebbe stata portata a compimento: se non fosse che, col senno di poi, i quattro di San Marcos, Texas non avevano né il coraggio né, probabilmente, la stoffa necessaria per una scelta così impegnativa e radicale. A quattro anni dalla prima ritrattazione del modesto “Another Language”, arriva quindi il definitivo passo indietro, con un “New Others” mai così stereotipato nelle intenzioni e nei risultati.

Relativamente poco da annotare, se non che il “new” del titolo, pur facendo immaginare svolte inconsuete, codifica in verità un solido ritorno reazionario alle convenzioni stilistiche dei grandi classici, cui i This Will Destroy You aderiscono in difetto di spirito critico. “To Win, Somebody’s Got To Lose” è il classico, apprezzabile lento da debuttanti, imperniato su melodie epiche e strati sonori per accumulo: prescindibile è dir poco. “Allegiance” gioca la carta della folgorante, sensoriale albedo ambient-glitch, senza troppo impressionare: estenuanti sono invece il rugginoso e decadente crescendo di “Weeping Window” (con striature drone che assomigliano a violini scordati) e il banalissimo piano post rock conclusivo di “Go Away Closer”. Non che il peccato direttamente imputabile sia quello, soggettivo, di mediocrità: c’è, purtroppo, una tendenza ricorsiva, oggettiva, ad adagiarsi sull’alloro, a svicolare per scorciatoie risapute. Il talento si percepisce ancora, tra gli assordanti muri di suono shoe-metal di “Syncage” (con coda in fallout dark ambient) o le evoluzioni armoniche della lacrimosa sinfonia sintetica di “Like This”, ma è una ben misera consolazione.

Di gran lunga il peggior disco studio della band, seguito a brevissima distanza da un secondo volume – annunciato a sorpresa – solo appena migliore.

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