R Recensione

9/10

Dr. Dog

Fate

Cosa pensate di una band i cui componenti si fanno chiamare Taxi, Tables, Text, Trouble e Thanks? Che hanno una vera ossessione per la lettera “T”, innanzitutto. E se vi dicessi che un ex-membro si faceva chiamare Lawyer ed ha abbandonato la musica per fare l’avvocato a tempo pieno? Se affermassi che il loro quinto album, “Fate” (dichiaratamente ispirato all’opera di Giuseppe Verdi La forza del destino”), ha esordito al numero 86 nelle charts statunitensi, ed è un piccolo capolavoro?

Non prendetemi per pazzo. I pazzi sono i Dr. Dog.

Negli ultimi anni questi cinque ragazzi di Philadelphia sono stati in tour con gente come My Morning Jacket, Clap Your Hands Say Yeah, The Strokes, The Racounteurs e The Black Keys. (Quasi) il meglio dell’indie-rock moderno. Ma tra i solchi di “Fate” di moderno in senso stretto c’è ben poco.

Da tempo la critica mondiale aveva intuito che il “destino” dei Dr. Dog li avrebbe portati a pubblicare un disco così.

Fate” è un viaggio continuo, senza pause e senza tregua. Una malinconica macchina del tempo proiettata negli anni sessanta. Un vero e proprio juke-box d’epoca: soul bianco, folk-pop, country, cori come se piovesse, blues (“Hang On”, “The beach”) e pianoforti honky tonk (“The old days”). Tutto interpretato con sorprendente sensibilità moderna ed arrangiato con l’aiuto di una formazione allargata composta da oltre quindici elementi.

L’ascolto delle undici tracce di questo album è piacevole e impegnativo al tempo stesso, sospeso com’è tra leggiadria pop (“Uncovering the old”), svenevolezze soul (“Army of ancients”) e irresistibili filastrocche ritmiche (“The rabbit, the bat and the reindeer”). Tutto al posto giusto, emozionale benché accademico, talmente sopra la media che per trovare la traccia migliore si deve rasentare la perfezione in “The ark”, laddove gli anni ’60, tra chitarre blues e vocalizzi appena sporcati, si avvicinano al decennio successivo.

Il richiamo al passato è talmente evidente e compiuto, che non servirebbe nemmeno fare i nomi. Anche perché quei nomi sono davvero ingombranti: Pavement, David Bowie, Tom Waits, The Band, Beach Boys, The Beatles.

Credetemi, non ho esagerato io. Hanno esagerato i Dr. Dog.

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Voto degli utenti: 7,2/10 in media su 16 voti.

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isgibbbo (ha votato 8 questo disco) alle 0:53 del 20 settembre 2008 ha scritto:

Concordo. Davvero bello

Ai livelli di "easybeat", 2005...

Sorprendente?

rubens (ha votato 9 questo disco) alle 10:33 del 21 settembre 2008 ha scritto:

Straordinario

Easybeat non l'aveva considerato nessuno, perchè era stato tacciato di derivativismo (come se avesse senso in questo decennio) ma questa volta hanno davvero sbancato: se passano un'altra volta sotto silenzio generale dichiaro sciopero della fame

Questo disco è entrato in heavy rotation nel mio stereo da una settimana e non riesce più a trovare la via d'uscita. Per me uno dei migliori dell'anno in corso.

Dr.Paul (ha votato 6 questo disco) alle 14:30 del 26 settembre 2008 ha scritto:

per certi versi ricordano degli architecture in helsinki piu ammerecani, hanno fatto anche una cover degli AIH mi sembra di aver letto!, carino ma non troppo!

fabfabfab, autore, alle 14:44 del 26 settembre 2008 ha scritto:

Sì, hanno rifatto brillantemente "Heart it races" degli Architecture ... , però non riesco proprio a mettere le due band sullo stesso livello.

Cas (ha votato 7 questo disco) alle 13:29 del 27 settembre 2008 ha scritto:

d'accordo con dr.paul, il disco è carino ma non ci sento nulla di esaltante...

Alessandro Pascale (ha votato 7 questo disco) alle 13:03 del 28 settembre 2008 ha scritto:

smaccatamente 60s

un'operazione di revival curatissima per carità, ma non mi sembra di poter andare oltre un 7 abbondante. Alcuni pezzi straordinari ma spesso si scade in un citazionismo esasperato.

target (ha votato 7 questo disco) alle 21:23 del 28 settembre 2008 ha scritto:

Cito peasy in toto. Tra il 7 e il 7,5.

Franko (ha votato 5 questo disco) alle 16:03 del 6 ottobre 2008 ha scritto:

insomma...

fabfabfab, autore, alle 16:30 del 6 ottobre 2008 ha scritto:

RE:

mi sembra un'analisi approfondita.

REBBY (ha votato 6 questo disco) alle 16:27 del 8 ottobre 2008 ha scritto:

Classic american rock con qualche inserto country, qualche venatura blues, qualche interpretazione soul (e fin qui mi sembra

tutto normale per il classic american rock),

uno spruzzo talvolta abbondante di Lennon/Mc

Cartney, qualche per me ottimo intervento di

tastiere elettriche e qualche intervento

orchestrale leggero, per me prescindibile.

Come per i Fleet Foxes si tratta di un album

ben cantato (i cori, come dice Target, la sesta T,

sono caratterizzanti), ben prodotto e ben suonato.

Come per i Fleet Foxes si tratta, a mio giudizio,

di un compitino perfettino, curato, ma che nel mio

caso non riesce ad arrivare al dunque: emozionarmi

Fa eccezione la meravigliosa The ark. Non male

anche The breeze.

Truffautwins (ha votato 10 questo disco) alle 2:29 del 30 ottobre 2008 ha scritto:

questi sono bravi

Fate attenzione, questi sono bravi. Caldeggiato!!!

Disorder (ha votato 5 questo disco) alle 11:54 del 7 dicembre 2008 ha scritto:

6,1

"Credetemi, non ho esagerato io. Hanno esagerato i Dr. Dog."

no credimi, hai esagerato tu.

fabfabfab, autore, alle 12:02 del 7 dicembre 2008 ha scritto:

RE: 6,1

Punti di vista

Disorder (ha votato 5 questo disco) alle 12:36 del 7 dicembre 2008 ha scritto:

meh "non fare brutto", mi sembra un pastiche di influenze mediocramente rielaborate vabbè

simone coacci (ha votato 7 questo disco) alle 12:11 del 11 dicembre 2008 ha scritto:

Spassosi. Stanno un po' alla Band come i Fleet Foxes a CSN. Rispetto ai secondi il suo è più pieno, compatto, ritmato, meno aereo e vocale e, nell'insieme, anche un pelino più "conservatore".

Le belle canzoni, comunque, non mancano. Un gradino sotto ma mi piacciono.

simone coacci (ha votato 7 questo disco) alle 12:12 del 11 dicembre 2008 ha scritto:

* il suono

target (ha votato 7 questo disco) alle 20:44 del primo dicembre 2016 ha scritto:

A sorpresa due giorni fa è uscito un loro nuovo disco. L'ho ascoltato con diffidenza, pensando che fossero ormai in una fase calante. E invece. Non dico che sia il loro album migliore, ma è davvero un bel disco, scritto e registrato live in pochi giorni, evidentemente di grazia; i proventi della vendita digitale vanno al Southern Poverty Law Center.