R Recensione

7/10

The Blue Öyster Cult

Imaginos

IMAGINOS: IL “CULT”:

“Imaginos” è un disco “cult”, assolutamente, se mai ce n’è uno. Ha tutto per esserlo: innanzitutto è un album concept il che non guasta mai a livello di fascino. Poi, è fuori catalogo da una vita e quindi di relativa reperibilità. Inoltre, è assai poco amato dai suoi autori ed esecutori (parziali, vedremo dopo…) che ne parlano malvolentieri, lasciando piuttosto confusi genesi e significati e contribuendo in tale modo ad accrescerne il fascino. Infine, ebbe una gestazione tormentata e complessa, dilatata nel tempo e negli aspetti, coinvolgente addirittura lo stesso nome del gruppo (contenente il vocabolo “cult”, per sopramercato!).

IMAGINOS, LE PREMESSE:

Sandy Pearlman è stato lo scopritore, il manager, il produttore dei Blue Oyster Cult per quasi vent’anni ed anche il paroliere nella loro prima fase, l’uomo che alla fine degli anni sessanta progettò questa formazione newyorkese come veicolo per le sue visionarie ossessioni verso l’occulto ed il fantascientifico, già al tempo da lui condensate in una raccolta di scritti intitolata “Imaginos”.

Imaginos” è quindi nato prima dei BOC, scelti e battezzati da Pearlman per musicare e cantare questa saga, nel quale si parla anche del famigerato “Culto dell’Ostrica Blu”. Le cose sono andate ben diversamente dai piani iniziali perchè quest’opera ci ha messo vent’anni ad uscire, costituendo anzi il canto del cigno della collaborazione fra Pearlman ed il gruppo ed assumendo quindi un ruolo basilare, ancorché storpiata, mutilata, sabotata e stravolta dagli eventi, dagli interessi commerciali della casa discografica, dalle tensioni in seno alla formazione.

Episodi questa saga infatti (“Imaginos” doveva essere un LP doppio, con novanta minuti di musica e una quindicina di titoli) sono andati a spargersi negli album antecedenti, considerando il gruppo ormai accantonato questo progetto e venendo loro buono attingere ogni tanto alle sue musiche e relativi testi, per completare le scalette delle loro uscite discografiche.

IMAGINOS, IL CONCEPT:

Pearlman immagina che il corso della storia sia stato, e sia, influenzato e controllato da forze soprannaturali (le Ostriche Blu…) tra l’alieno ed il divino non si capisce bene, che si servono di esseri umani modificati da loro (Imaginos, il protagonista principale, è uno di questi) per intervenire sulle vicende politiche, scatenare guerre, indirizzare dominazioni ed egemonie, il tutto in un’ottica piuttosto negativa e malvagia.

Le liriche delle varie canzoni del disco ci vanno giù pesante, inquadrando la religione Voodoo del centro America come primigenio culto verso gli invisibili (“Les Invisibles”) dei/alieni, i quali non riuscendo ad evitare che la successiva dominazione spagnola, per cupidigia di oro, spazzi via le varie civiltà americane a loro devote, si vendicano pilotando la Gran Bretagna verso la distruzione del potere spagnolo. Artefice di ciò John Dee, un consigliere di Elisabetta I, influenzato da uno specchio magico di ossidiana pervenuto dal Messico, una “porta” per mettersi in contatto con gli Invisibili.

La storia collega tale iniziativa ad un piano più generale di stabilizzazione dell’Europa, culminato con lo scoppio della Prima Guerra Mondiale, e descrive il passaggio dall’oro alla tecnologia come strumento più moderno di corruzione e manipolazione mondiali (in particolare nel brano “The Siege and Investiture of Baron Von Frankestein in Vesseria”. Ma la maggior parte dei testi descrive le vicende di questo Imaginos, ricattato in punto di morte dagli alieni che lo salvano, ma ottengono di farlo diventare un loro agente. 

IMAGINOS, IL DISCO:

Quest’opera non sarebbe potuta esistere se uno dei cinque musicisti della formazione, e precisamente il batterista Albert Bouchard, non l’avesse presa a cuore in maniera quasi compulsiva, scrivendo la maggior parte delle musiche e tentando di realizzarla per proprio conto insieme al suo produttore Pearlman, specie dopo che, nel 1981, se n’era pure andato dal gruppo.

La soluzione sembrava perciò essere quella con Bouchard a cantare tutta la saga e pubblicarla a suo nome, aiutato nelle esecuzioni dagli scarsamente interessati suoi ex-compagni, ma solo in qualità di ospiti. Succede però che la casa discografica non ritiene il batterista un cantante all’altezza, pone il veto ed anzi chiede di pubblicare l’album a nome Blue Oyster Cult, beninteso interpretato dai due cantanti di ruolo della formazione, Eric Bloom e Buck Dharma.

Bouchard prova allora a far cantare alcuni pezzi ad un tizio più bravo di lui, certo Joe Cerisano la cui interpretazione del brano “The Siege and Investiture of Baron...” effettivamente finirà sul disco, e continua a sfidare tutto e tutti coinvolgendo altri musicisti, più o meno esterni all’entourage dei BOC e meno recalcitranti dei suoi vecchi compagni. Il risultato è un guazzabuglio di tastieristi, chitarristi, coristi a spasso per il nastro magnetico master del disco.

Si giunge così al 1986, i BOC sono pressoché fermi, “Imaginos” sta lì, quasi pronto ma non accettato dalla casa discografica, un poco bastardo dati gli apporti di innumerevoli musicisti e pure mutilato nella sua struttura di racconto, dasto che negli ultimi anni ha perso ulteriori pezzi (“Shadow of California” è finito nell’album del 1983 dei BOC “Revolution by Night”, il testo di un’altra canzone di Bouchard finito invece in “When The War Comes” sull’ultimo album “Club Ninja”.

Eric Bloom, il grande cantante della formazione, decide allora di tagliare la testa al toro, entra in studio ed in quattro e quattr’otto reinterpreta due terzi della scaletta, con la sua fantastica voce acida e potente, perfetta per quest’opera. La Columbia pubblica immediatamente l’album, ma molte cose sono oramai compromesse ed è con esso che la formazione perde il contratto discografico.  Si rifarà viva sul mercato soltanto undici anni dopo.

IMAGINOS, IL GIUDIZIO:

Insomma, “Imaginos” è il concept album, progressivo ed immaginifico, dei Blue Oyster Cult, la ragione stessa per cui sono stati inizialmente lanciati nel firmamento musicale dal loro produttore. Evidentemente, la maggioranza di loro si sentiva più che altro una band di rock’n’roll, per quanto geniale e peculiare, interessata fino a un certo punto ai deliri fantastici del loro produttore. L’opera è stata quindi a lungo osteggiata e rimandata, all’occorrenza saccheggiata e riciclata, infine pubblicata in una forma parziale, pure barbarizzata dall’intervento di musicisti esterni, e come se non bastasse con l’ordine dei brani sconvolto dalla casa discografica, più interessata a certe presunte sinergie musical/commerciali che al rispetto della cronologia della storia.

Un simile disco emana quindi suggestioni profonde ma anche parecchi rimpianti, essendo, da un crudo punto di vista, un mezzo aborto. A ciascuno la propria sentenza: la mia, dato che prediligo personalmente sempre l’effettiva riuscita musicale, vocale e strumentale a qualsiasi altro concetto per quanto profondo e suggestivo, è di discreta bocciatura. Poteva essere il “Tommy” o il “Dark Side Of The Moon”, dei BOC, non lo è stato affatto e per chiara volontà loro, in realtà non interessati alla faccenda (escluso il batterista).

Pearlman sbagliò in un certo senso gruppo, avrebbe dovuto affidare le sue visioni ed i suoi poemi a musicisti molto più progressive e meno rock’n’roll, ma invece gli siamo grati tutti per aver scovato, messo il nome Blue Oyster Cult e lanciato proprio loro cinque, uno dei migliori e più influenti gruppi rock di sempre, come altri loro dischi meglio dimostrano.

V Voti

Voto degli utenti: 8,5/10 in media su 2 voti.
10
9,5
9
8,5
8
7,5
7
6,5
6
5,5
5
4,5
4
3,5
3
2,5
2
1,5
1
0,5
imaginos 10/10

C Commenti

Ci sono 3 commenti. Partecipa anche tu alla discussione!
Effettua l'accesso o registrati per commentare.

imaginos (ha votato 10 questo disco) alle 13:04 del 25 luglio 2009 ha scritto:

Il Disco

Questa è la migliore recensione che io abbia mai letto sulla mia band preferita.

Migliore perchè esauriente , completa e frutto di ricerca , non solo perchè rende giustizia a chi merita.

Zeman alle 11:43 del 2 settembre 2012 ha scritto:

Gran disco, peccato per l'indegno rifacimento di Astronomy.

PierPaolo, autore, alle 19:17 del 5 novembre 2015 ha scritto:

Mah, tanto per allungare il brodo dei commenti qui decisamente ristretto, dico che i miei preferiti dei BOC sono "Fire of Unknown Origin", "Cultosaurus Erectus", "Mirrors" ed "Heaven Forbid". Trovo i primi lavori anche troppo selvatici, nel senso che suonano parecchio confusi anche se pieni di vitalità.