David Bowie
Blackstar
L'uomo che cadde sulla terra, che con una chitarra in una mano ed una spada laser nell'altra, insegnò il rock all'umanità, scomparve per riapparire saggio o più pazzo, inventò la new-wave, si riappropriò del soul psichedelico, fece un movimento magico tra Kether e Malkuth, è tornato nuovamente sulle scene, per restarci. Riassunto delle puntate precedenti: dopo lo scialbo Reality, mediocre raccolta di pop-rock easy-listening fatto uscire nel lontano 2003, con la scusa di esibirsi dal vivo, il Duca Bianco, ovvero David Robert Jones, meglio conosciuto come Bowie, era totalmente scomparso, senza lasciare traccia.
Alcuni scatti rubati dai paparazzi più incalliti lo ritraevano fare il dito medio con una copia di giornale sotto il braccio per le strade di New York, tre anni fa o giù di lì, per poi ritornare nella quiete familiare. Le notizie poi della sua precaria salute (si sottopose ad un'angioplastica subito dopo l'uscita di Reality, trattamento che lo spinse ad interrompere forzatamente l'attività dal vivo) non fecero altro che alimentare il chiacchiericcio intorno alla sua figura, dandolo già per spacciato o con un piede nella fossa.
Niente di tutto ciò. Con un'abile mossa da navigato businessman, ecco che il giorno del suo compleanno, l'otto gennaio del 2013, David Bowie annuncia un nuovo disco, The Next Day, con una copertina raffigurante lo scatto leggendario del grande mimo, allievo di Lindsay Kemp, che ha riconsegnato quella posa plastica all'iconografia rock - sto parlando di "Heroes" - cancellata da un logo bianco. Come se non bastasse, il singolo apripista, Where are we now, ballad melanconica con tanto di video retrò - nostalgico, ricorda gli antichi fasti berlinesi e le scorrazzate con Iggy Pop per ripulirsi dalle sostanze iniettate per anni nelle vene e rinverdire la propria immagine per risalire la china ed inaugurare una nuova stagione di successi.
Il resto è già storia, con un bignamino Bowiano che ci restituisce una delle più grandi rockstar del pianeta in tutta la sua smagliante forma. Da qui la raccolta Nothing has Changed, annunciata appena un anno dopo, arricchita da una chicca: un drum 'n bass lunare, con tanto di big band (la Maria Schneider Orchestra) ed un testo da Murder Ballad di un Nathan Adler allampanato che, deluso dal tradimento della sua amata, decide di ammazzarla.
Sue (or in a Season of Crime) esce anche come singolo, con un'altra b-side preziosa: 'Tis a pity she was a Whore, funk sporco virato nu jazz, dalle parti di Black Tie White Noise, cantata con una voce dall'oltretomba o da una brughiera lontana. Allora cosa pensi? Pensi che a David non basti, vuole puntare tutto e sbancare nuovamente: ecco quindi che, il 19 Novembre 2015, viene annunciato Blackstar, singolo e video, colonna sonora di un nuovo telefilm marchiato BBC, The Last Panthers, nonchè titolo della nuova raccolta di inediti che uscirà l'otto gennaio del 2016.
Ok, cerchiamo di stare calmi; niente panico, torre di controllo chiama Major Tom, rispondi? No, ormai è poco più di un relitto ed ha in mano un teschio nero, raccolto da una donna con la coda di pantera che conduce il cimelio in un luogo sicuro, per un nuovo rito, un sacrificio umano ad una creatura mostruosa. a metà strada tra Nyarlatothep e Cthulhu, che corre invasata, assetata di sangue.
No, non è un delirio, nè ho fumato qualcosa, è semplicemente il video di Blackstar, favoloso mid-tempo drum 'n bass, con interludio jazzy ed una coda che ricorda The Secret Life of Arabia mescolata a Little Wonder. Qui David Bowie appare come un messia, con una benda sugli occhi ed una Bibbia Nera fra le mani, premonitrice di una catastrofe imminente.
Secondo singolo: Lazarus, annunciato il 17 Dicembre, corredato da un altro video meraviglioso: David Bowie incatenato in un letto di un ospedale psichiatrico con benda sugli occhi e due minuscoli bottoni cuciti sopra, che si leva da uno stadio di pre-morte, guarda stentoreo nella telecamera, mostrando tutte le sue rughe e cicatrici, per poi scomparire nell'anta di un armadio, come tornasse in un'altra dimensione.
La musica è parimenti meravigliosa: una ballad Cure-style, epoca Disintegration, con basso rotondo, chitarra in power chords stoppati e sax stellare a far da contorno.
Bello avere certezze nella vita. Eh sì, perchè le restanti cinque composizioni - eccezion fatta per Girl Loves Me, giocattolino elettro, tra Boards of Canada e Kendrick Lamar, tra le recenti influenze-infatuazioni del nostro - si stagliano su livelli di ispirazione assoluta. Le due vecchie conoscenze, Sue or in a season of crime e 'Tis a pity she was a whore, acquistano qui maggior vigore e potenza, con una prepotente sezione ritmica - Tim Lefebrve e Mark Guiliana - e i sax spaziali, ai limiti del jazz libero di Donny Mccaslin, che, insieme a Ben Monder, Jason Lindner e James Murphy, costituiscono la spina dorsale di questo lavoro incredibile. La crème newyorchese jazzistica di nuova generazione che suona rock e drum'n bass alla massima potenza.
Chiudono il programma, unite da un beat di batteria elettronica, Dollar Days, ballad Harrisoniana, con un solo di sax che si leva nello spazio infinito e I Can't Give Everything Away, quasi una Never Let me down 2.0, con tanto di armonica e testo poetico sul rimpianto e la caducità dell'esistenza.
Questa vorrebbe essere una nuova epifania, l'ennesimo capitolo memorabile di una carriera folgorante che ha ben pochi eguali nella storia del pop e del rock ed invece è un addio, un triste epitaffio.
Il dieci gennaio, appena due giorni dopo dall'uscita di Blackstar, David Bowie ritorna nell'empireo delle stelle.
Si scopre che da diciotto mesi portava a spasso il morto, come ci aveva fatto sapere in Where are we know? appena due anni prima.
Un cancro al fegato ha alzato un muro invalicabile tra la sua vita, che sembrava eterna e la sua illusione di poter sconfiggere la morte.
Poco importa, perchè è stata comunque sconfitta. Come tutti i più grandi creativi hanno fatto attraverso la loro arte, anche David Bowie riconsegna alla storia la sua opera artistica, che è eterna.
Bye Bye spaceboy, you're sleeping now. Planet earth is blue and there's nothing I can do.
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