Danger Mouse & Daniele Luppi
Rome
Il progetto “Rome” nasce cinque anni fa dalle menti di Danger Mouse (Gnarls Barkley) e del compositore italiano Daniele Luppi. I due si conoscono da tempo, Luppi aveva suonato le parti di pianoforte nel primo album degli Gnarls Barkley, e la collaborazione era proseguita nel progetto “Dark Night of The Soul” dell’anno scorso. Poichè di Danger Mouse sappiamo tutto, sarà bene presentare Luppi, che è un personaggio curioso (a proposito, come al solito quelli bravi li facciamo scappare): grande studioso e appassionato di musica per il cinema, ha composto numerose colonne sonore per documentari e film indipendenti (si ricorda, uno a caso, “Inside Deep Throat”) e un omaggio ai grandi compositori italiani (Piccioni, Morricone) intitolato “An Italian Story”. Italia nel mondo, si diceva una volta, e andate a scoprire chi dovrebbe ringraziare tale Mike Patton per la brillante riuscita del suo “Mondo Cane”.
Fermi lì perché ce n’è ancora. Per la realizzazione di “Rome” i due hanno chiamato a raccolta gran parte dei musicisti che collaborarono con Ennio Morricone negli anni ’60 e ’70 (Gegé Munari, Antonello Vannucchi, Gilda Buttà, i Cantori Moderni di Alessandro Alessandroni), hanno scelto due voci soliste d’eccezione (Jack White e Norah Jones) e deciso di suonare tutto con strumenti vintage dell’epoca (il basso di Fabio Pignatelli dei Goblin!) e registrarlo direttamente su nastro nel noto “Studio Forum” di Roma (fondato da Morricone, Piccioni, Trovajoli e Bacalov).
Sebbene non possa esprimere interamente il potenziale fornito da tale premesse (ma d’altronde, come potrebbe?), “Rome” è davvero un disco in grado di trascendere i limiti imposti dal sistema di fruizione musicale moderno, fatto di brani singoli, apprendimento veloce e altrettanto veloce oblio. “Rome” riesce, in poco più di mezz’ora, a prendersi il tempo necessario per mettere in opera il suo affascinante proposito: conciliare le ariose e ricche ambientazioni morriconiane con le pretese di modernità dei suoi protagonisti (Danger Mouse, Jack White e Norah Jones) creando una fusione tanto complessa sulla carta quanto naturale nella resa finale.
Un disco del 2011 che inizia presentando il proprio “tema” è una rarità: “Theme of Rome” è puro e totale “spaghetti western”, basso portante, polvere a chili e la voce di – udite udite – Edda dell’Orso. La successiva “The Rose With the Broken Neck” è il pezzo migliore del disco (e dell’anno in corso): cinematica nell’incedere, con un tema cantato in coppia da Norah Jones e Jack White e "doppiato" dal glockenspiel. L’effetto è lo stesso creato dai pochi artisti (Portishead, Air) che sono stati capaci, spesso con alterni risultati, di attualizzare l’immensa lezione del Maestro italiano.
La presenza di Morricone è ingombrante (com’è ovvio che sia), soprattutto negli intermezzi strumentali che riproducono la struttura usata dal compositore per la creazione delle sue storiche colonne sonore: così, si alternano tra i brani malinconici carillon (“Morning Fog (interlude)”), diversivi vagamente orientali (“Her Hollow Ways (interlude)”), liquidi frammenti ambient (“The World (interlude)”) e sfide western (“The Matador Has Fallen”). Ma la sostanza è da tutt’altra parte: “Roman Blue” è uno “strumentale” imponente ancora ricco di richiami alla settima arte, ma “Two Against One” (vero e proprio “pezzo di bravura” di Jack White), “Black” (Norah Jones in salsa simil-Air), “Problem Queen” (ancora la Jones, questa volta virata pop alla maniera di Feist) e “The World” (epica cavalcata – perdonatemi – “indie-western”) sono canzoni in senso stretto. E che canzoni.
Ben lontano dall’essere un semplice omaggio alla musica del passato, questo è un disco che – quasi senza volerlo - assolve una funzione importante: ricordare al mondo che l’Italia non è fatta solo di ladri e pagliacci.
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