Lower Dens
Escape From Evil
Escape From Evil. Tentativi di fuga da un inferno privato (ci sono cose dentro di me su cui sto ancora lavorando, che mi hanno afflitto per molto tempo da Pitchfork) e, musicalmente, da un trascorso estetico (dream pop/kraut sci-fi) in perenne ricerca di un baricentro, mai davvero aderente alle profondità intellettuali e alle ambizioni della texana Jana Hunter leader e voce; a tre anni da Nootropics tornano così i Lower Dens, da Baltimora, riaffacciandosi sulla scena con un disco che è, finalmente, osmosi perfetta di derivatismo pop portato agli estremi e rinnovamento (dal flavour, perché no, Art Pop) del loro sound.
Il gruppo, che dei Beach House condivide la spinta a far ruotare i pezzi entro poche ma solide idee melodiche e ritmiche, pone qui più attenzione tanto alla scrittura di un pop (Madonna anni ottanta una delle influenze citate) compatto, che sa di cromatico (gli 80s da evocazione lynchiana nell'apice To Die in L.A.; il disperato indie pop allo zucchero filato, nei moti beachhousiani di Quo Vadis?), quanto allo svolgersi delle dinamiche, nei vapori wave, in soluzioni ossessive.
Sottratte le insistite anedonie strutturali (nonché vocali), così come una quantità significativa di riverberi e di saturazioni, ne esce oggi un lavoro di fascinosa decadenza pop anni '10 (Still Corners, Chairlift), in cui gli elementi in gioco (il dream pop più cristallino, il krautrock, gli scenari Drive arredati wave, il synth pop, gli sbuffi jazzistici della ritmica e la teatralità di certe pose) comunicano alla perfezione nella cinematica dei brani, esaltati al contempo da una produzione in alta risoluzione.
Idealmente, il disco si anima lungo gli estremi di sincretismo pop (da capogiro To Die in L.A., Quo Vadis?, Ondine) e, aumentato il minutaggio, sui binari motorik di un dream pop scuro, in cui i residui revival post punk donano alle composizioni vigore (si prenda Electric Current, con quelle progressioni à la Warpaint; oppure Youre Heart Still Beating, con quel suo acido di lame chitarristiche, su di ottave, e le accelerazioni cardiache della batteria), così come le vampate new wave stati ultra narcolettici (Slowdive e The Cure altezza "Disintegration", in I Am the Earth).
A metà strada Suckers Sangri-La (i soliti Cocteau Twins), chitarre distorte e ombre wave sparse ovunque e Company (tra strofe in odore Toy e ritornello di pop teatrale, scenicissimo); si stagliano dalla gestalt, invece, due pezzi in particolare: il synth pop svuotato nel bianco di Non Grata" e la circolarità (tra Violens e stagione jangle folk, The Smiths, e armonizzazioni psych) di una Société Anonyme che chiude col botto il lavoro.
Sulla voce di Hunter: di Victoria Legrand ricalca, da plagio, le frequenze di un timbro fondo e certe pose espressive; incredibile come la portata scenica e androgina risulti, al contempo, estremamente personale e riconoscibile.
Disco, Escape From Evil, come salto di qualità di una band fino ad oggi media; e di un dream pop che si sta scoprendo, giorno dopo giorno, sempre più decadente.
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