A Classifica dischi 2015 - Mauro Molinaro

Classifica dischi 2015 - Mauro Molinaro

1. Sufjan Stevens, “Carrie & Lowell

Fa parte, "Carrie & Lowell", di quella schiera di dischi in cui qualsiasi nota, ogni verso, ogni melodia, immobilizza; bellezza e angoscia al medesimo, estremo grado. Disco che fa un male terribile, ma che respingere è impossibile - tanta è la purezza, la luce emanata. "Should Have Known Better", perfezione assoluta; "Fourth of July", abisso ossessivo di addio e luce accecante; e poi "No Shade in the Shadow of Cross", "Dead with Dignity", "Eugene"... Ma inutile elencare oltre: capolavoro. Già senza tempo.

2. Jamie xx, “In Colour

Elettronica come pop visionario, come anima (il nucleo garage/indie DIY), "In Colour": che, ancorata al corpo, tende nostalgica, e macchiata dalla club culture, al sublime. Sulla dicotomia minimal/massive, di quella che comunque rimane dance music UK, tutto è armonia. Estasi. 

3. Lower Dens, “Escape From Evil

Sotto l’egida dei Beach House, “Escape From Evil” è disco di fascinosa decadenza pop anni '10, in cui gli elementi in gioco (il dream pop più cristallino, il krautrock, gli scenari “Drive” arredati wave, il synth pop, gli sbuffi jazzistici della ritmica e la teatralità di certe pose) comunicano alla perfezione nella cinematica dei brani. Esaltati al contempo da una produzione sopraffina, in alta risoluzione.

4. Julia Holter, “Have You In My Wilderness

Con “Have You In My WildernessJulia Holter raggiunge la sua forma definitiva: ossia l'alternarsi, con strascichi classicheggianti e misura intellettuale, di momenti più easy listening e melodici a quelli sperimentali/elaborati. Superiore.

5. Yumi Zouma, “EP II

Ancor meglio del primo, di EP - che già appariva inattaccabile. Il meglio dell’electro/dream pop di questi anni passa anche per la Cascine; e i neozelandesi Yumi Zouma sono la punta di diamante della scena tutta.

6. Everything Everything, “Get to Heaven

Una spinta più fisica e lucida, qui, rispetto alla normalizzazione del pathos pop di “Arc”. Sempre complessi, massimalisti, gli Everything Everything: ma capaci come pochi altri di coniugare strati rock, nevrosi teatrale, melodie e aperture elettroniche da drama pop contemporaneo.

7. Beach House, “Thank Your Lucky Stars

Altro disco immenso dei Beach House. Un ritorno alla familiarità melodica altezza “Devotion”, tastiere come scintille, Legrand imperiale. Se “Depression Cherry” faceva dell’abbandono e del dilatarsi degli spazi il suo punto di forza, in “Thank Your Lucky Stars” è l’essenziale, il modo in cui vi si giunge, ciò che spicca.

8. Jessica Pratt, “On Your Own Love Again

Tra passato folk imponente e posa cantautoriale moderna, Jessica Pratt scrive un disco come “On Your Own Love Again” che è pura ricorsività di flussi armonici in fingerpicking. È voce gallinacea, anche; fanciullesca, per messa a nudo di un dream folk ripulito, di traboccante eleganza. Scevra di lustrini, abbellimenti ridondanti. 

9. Viet Cong, “Viet Cong

Semplicemente: il disco post punk del 2015. E “Continental Shelf” già classica.

10. Verdena, “Endkadenz Vol. 1

Capolavoro dei Verdena, al pari di “Requiem”. “Endkadenz Vol. 1” è un continuo debordare dal principio di realtà su strutture stratificate, sganciate da tutto. Con il demone di Alberto Ferrari, più bipolare e isterico che mai, a farle deviare nel caos di trame cangianti e ossessive. 

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FrancescoB alle 11:43 del 10 gennaio 2016 ha scritto:

Diversi nomi comuni. Apprezzo tutti i dischi postati; i primi tre, in particolare, anche per me quest'anno si posizionano molto, molto in alto.