V Video

R Recensione

5/10

Beirut

The Rip Tide

C'era voluto poco tempo per conquistare i Balcani ("Gulag Orkestar") – e noi con loro – avrebbero potuto dire i Beirut, nel 2006; ancora meno per la Francia di Yann Tiersen ("The Flying Club Cup"), saloni aristocratici e scorci romantici, nel 2007, appena un anno dopo. Poi una pausa, silenziosa e malinconica come la strada dopo una parata in festa. Le tende noi le abbiamo comprate, nel frattempo, e scarpe e zaini da campeggio, in attesa di un loro segnale, un indizio di viaggio per tirare fuori il nasone dalla porta di casa; e il preludio alla partenza viene lanciato così, inaspettato, in un "Live At The Music Hall of Williamsburg" (2009) che ci porta dritti nel quartiere portoricano d'America, "East Harlem", tra trombe e tromboni che si stiracchiano, ritmo lievemente sostenuto dal pianoforte e voce ancora nel tepore sonnecchiante. Il singolo che tutti aspettavano? Non del tutto: Beirutiano al 100% senza stravolgimenti di sorta e sufficiente fin da subito a destare l'interesse dei più, il brano affonda pian piano nella mosceria della mediocrità, e dopo un primo momento di entusiasmo generale cede presto il passo a un pizzico di sale e delusione, nascosta dai più con sorrisi sghembi poco convincenti.

L'impressione del caso fu del più classico dei mezzi passi falsi (tutto intero sarebbe troppo), mitigato allora da una non-copertina (scopriremo dopo) che non lascia scampo ai sorrisi, quelli veri (http://imageshack.us/photo/my-images/560/beirutalbumart.jpg/). Passa altro tempo, escono nuovi Sufjan Stevens, The National e Bon Iver che per la gioia dei nostri nuovi scarponi ci portano a spasso tra il Vesuvio, l'Ohio (due volte) e il Minnesota – finché in questo torrido mese d'Agosto "The Rip Tide" emerge dalla bassa marea. E ci racconta del Nuevo México così com'è, con le sue steppe, il suo Four Corners e i suoi nuovi Hidalghi, non a parole, ma con i suoni a tratteggiare leggermente i contorni dello Stato americano. E la sensazione, prima fra tutte e nitidissima, è di aridità a perdita d'occhio: se la piacevole "Santa Fé" c'inganna con quella fisarmonica ferrosa in apertura e quel suo andamento da marcetta divertita, e "A Candle's Fire" scorre via spensierata in mezzo ai richiami acuti di ottoni e alla voce crepuscolare di Zach Condon (leader del gruppo), "Goshen" e "Payne's Bay" (oltre alla già citata "East Harlem") preannunciano un rapido declino, con la prima che sembra non decollare mai nel suo stancante duetto voce-piano, diluito poi alle trombe e alle percussioni, e con la seconda a sfruttare i violini per aprire una lenta e noiosa ballata, ripetitiva persino nel testo ("Headstrong today, I've been headstrong...", ribadito fino alla morte, nella seconda parte); insomma, il fascino del decadente senza il fascino.

 

Quel che resta dell'album, purtroppo, si spalma sulle medesime, banali, sonorità pop-oriented, nella mollezza esangue più totale di "The Peacock", così come nella povertà compositiva di "Vagabond" (spaesata per davvero), sostenuta fortunatamente da una gradevole ripresa Tierseniana per fisarmonica e hand-clapping; a salvare qualcosina ci pensa "The Rip Tide", col suo azzeccato ritornello melodico al tramonto e la voce di Condon per la prima volta davvero coinvolgente ("And this is the house where I, I feel alone, feel alone now / And this is the house where I could be unknown, be alone now / So, the waves and I found a rolling tide / So, the waves and I found a rip tide" sono versi che vengono dal cuore, si sente).

 

Per farla semplice, a "The Rip Tide" mancano fondamentalmente due cose: i singoli di "The Flying Club Cup" (solo tra "Nantes", "Cliquot", "In The Mausoleum" ce n'è per un'intera stagione) e la solidità compositiva di "Gulag Orkestar", vero capolavoro dei Beirut, un tripudio di world-music e folk d'altri tempi (e sì, "Postcards From Italy" è veramente qualcosa di troppo bello). Insomma, quando la nostra banda di paese preferita si dà alla siesta, non ci resta che assecondarla...

V Voti

Voto degli utenti: 7,2/10 in media su 15 voti.
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Teo 6/10
george 8/10
gull 6/10
a3nima 10/10
ciccio 6/10
mavsi 5/10
REBBY 6,5/10
Memory717 8,5/10

C Commenti

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salvatore (ha votato 8 questo disco) alle 12:42 del 30 agosto 2011 ha scritto:

Come accennavo qualche giorno fa nel forum, per me un bel disco, migliore anche del precedente The Flying Club Cup che, a parte qualche brano sopraffino, conteneva diversi momenti di stanca. Io trovo che qui abbiano trovato il coraggio di portare a termine il percorso solo intrapreso nell'album precedente: mettere al servizio del pop tutte le loro intuizioni bandistiche e balcaniche: cosa che non fa rima con impoverimento, anzi.

Insomma, le melodie sono una meglio dell'altra, gli arrangiamenti di ottimo gusto, la voce mai così sincera e poi quelle dosi massicce di malinconia che pervadono l'album dalla prima all'ultima nota... Brano preferito, East Harlem col suo incedere indolente e concentrico, ma non scherzano affatto nemmeno la dolce quiete pianistica di goshen, la solarità merrittiana, giocattolosa di Santa fe e il sentimento de the rip tide. Molto bello l'incipit della recensione...

george (ha votato 8 questo disco) alle 11:53 del primo settembre 2011 ha scritto:

RE:

pienamente d'accordo sull'analisi del disco.

anche se io preferisco the flying club cup!

Giuseppe Ienopoli (ha votato 10 questo disco) alle 1:11 del 2 settembre 2011 ha scritto:

La banda non sta dormendo

Diventerà il mio tormentone of september … mi rivedo sulla spiaggia di fine amore di stagione con la brezza serotina che ti procura i brividi sulla pelle … il bagnino ha già chiuso gli ombrelloni e sistemato tutte le sdraio … adesso le melodie nostalgiche di Rip Tide si impossessano del paesaggio e ti costringono a restare, a guardare lontano e nessuno … le ombre si allungano sulla sabbia e le luci della città si ravvivano per scovarti o forse non si curano di te che te ne stai appollaiato sullo scoglio a far silhouette con la luna … Santa Fe fa sentire i suoi fiati e tu inebetito dondoli il capoccione in Payne’s Bay e vorresti strozzare l’uomo dei piatti che scandisce inesorabile il tempo che si fa incalzante e Port of Call ritma il volo del gabbiano che segue incurante la rotta fino a sparire … adesso sei veramente solo col buio dell’anima, ma è solo un attimo e tutto si rischiara con A Candle’s Fire che lascia una lunga scia d’argento sull’acqua che trattiene il suo moto per non disturbare il soave e lamentoso canto delle sirene di Peacock e in East Harlem capisci che il tuo tempo è scaduto … raccatti gli zoccoli di legno e con essi ti allontani danzando a piedi nudi con Vagabond sulla sabbia ancora calda, ma con gli occhi lucidi e invochi la pioggia per non piangere da solo. Signor Maradei, questa volta forse il “nasone” autobiografico ti ha tradito … hai sottovalutato e mi hai costretto a fare il recensore da stra-pazzo!!

Giuseppe Ienopoli (ha votato 10 questo disco) alle 2:36 del 2 settembre 2011 ha scritto:

... reprise ...

... ma la pioggia non arriva ... guardi il cielo pieno di stelle ... una, due, tre, quattro, cinque ... e ti ricordi che non hai quotato ... aspetti che una ... una sola stella cada per il tuo desiderio insoddisfatto ... ma mai come stanotte cinque stelle stanno bene assieme in costellazione beirutiana e sono il minimo che si possa dare ad una band che ti emoziona anche quando sonnecchia.

Filippo Maradei, autore, alle 10:10 del 2 settembre 2011 ha scritto:

RE: ... reprise ...

Posso capire l'entusiasmo di chi li ascolta per la prima volta (Ian), ma non si fugge al confronto con gli altri dischi: se questo merita 10, allora "Flying Clup Cup" merita 12 e "Gulag Orkestar" 13... anche se alla fine è tutta una sporca questione di gustibus, al solito, non si possono evitare paragoni di sangue; e i paragoni dicono che nessuna canzone di "The Rip Tide" (forse solo l'omonima) vale mezza di "Gulag Orkestar" per arrangiamenti, composizione, testi, voce, compattezza tematica, e soluzioni melodiche. I ritornelli ci stanno, va benissimo la scelta pop (che non è sinonimo in sé d'impoverimento, assolutamente), ma c'è una povertà di idee abbastanza evidente. Occhei le carote, però ogni tanto serve il bastone per tornare a galoppare a spasso tra est e ovest.

Filippo Maradei, autore, alle 10:13 del 2 settembre 2011 ha scritto:

Detto questo, sono contento di averti costretto a scriverci qualcosa: il risultato è brillante, una gioia per le pupille che mettono a fuoco.

fabfabfab (ha votato 6 questo disco) alle 10:44 del 2 settembre 2011 ha scritto:

have you ever seen the rain?

"A Candle's Fire" è una cover del classico di John Fogerty vero? Le melodie il tizio le azzecca quasi sempre ("East Harlem", "Payne's Bay"), "The Rip Tide" è un pezzo eccellente, ma il disco in sè è davvero "semplicistico", soprattutto se paragonato ai precedenti, nei quali non mancavano i passaggi a vuoto (come giustamente notava qualcuno) ma avevano una marcia in più data dagli arrangiamenti, dalle orchestrazioni. La voce è quella e le melodie (ripeto) ci sono, ma la riduzione della strumentazione e degli arrangiamenti ("Santa Fè) toglie quella particolarità "malinconico-drammatica" che distingueva i Beirut dagli altri cantautori indie-pop. Insomma se non fosse così riconoscibile la voce che cantava "Elephant Gun" o "A Sunday Smile", questo disco sarebbe passato quasi inosservato come un Andrew Bird qualsiasi ...

fabfabfab (ha votato 6 questo disco) alle 10:45 del 2 settembre 2011 ha scritto:

RE: have you ever seen the rain?

salvatore (ha votato 8 questo disco) alle 10:47 del 2 settembre 2011 ha scritto:

Vabbé, visto che si danno i numeri (), li do anche io:

Gulag Orkestar: 9

Flying Clup Cup: 7

The Rip Tide: 7,5

Comunque sono d'accordo sulla maggiore omogeneità tematica e musicale di questo album nei confronti degli altri due. Devo però dire che la cosa non mi disturba particolarmente. Se il suono ha perso qualcosa in inventiva e freschezza, ha però guadagnato in corposità e maturità nel maneggiare la sostanza pop. Almeno questa è la mia sensazione.

fabfabfab (ha votato 6 questo disco) alle 10:55 del 2 settembre 2011 ha scritto:

RE:

Sì Sì ma infatti per certi "soggetti", amanti del pop "aperto" dei vari Belle & Sebastian, Magnetic Fields o - perchè no - Jens Lekman (you know who you are ) questo "ripulire" le melodie sarà un valore aggiunto. Non è necessariamente un disco inferiore, è diverso.

salvatore (ha votato 8 questo disco) alle 11:06 del 2 settembre 2011 ha scritto:

Ebbene sì, mi hai smascherato

Comunque è esattamente così: le melodie sono lì, ma sono "ripulite", e questo "ripulire" per me ha un suo perché, sebbene, a volte, i like it dirt :/

Giuseppe Ienopoli (ha votato 10 questo disco) alle 12:02 del 2 settembre 2011 ha scritto:

For Maraday only ... facciamo finta …

Rimani il mio recensore da trenta e lode forever e senza prova contraria … toh beccati questa over dose di carote conigliaccio maledetto! … ma accontentami in questo periodo ipotetico del tipo simulativo che vuoi tu … se facessimo finta solo per comodità di studio che The Rip Time sia l’opera prima dei Beirut … Gulag & Club devono ancora venire, anzi non verranno … quale sarebbe allora la tua disamina e il tuo giudizio? Non rispondermi che se tua nonna avesse le ruote sarebbe un calesse! … vengo e mi spiego … ho amato The Beatles alla follia e li amo platonicamente tuttora … è solo un esempio ragassi! … li ho vissuti fino alla nausea, ho investito e/o sperperato un capitale in lire e in tempo … alla fine della fiera dell’est e dell’ovest mi rendevo conto che anche le loro numerose mediocrità erano quasi sempre una spanna in più rispetto alle cose belle della concorrenza dell’epoca, ma evidentemente tre spanne più giù dei loro stessi lavori migliori.

La valutazione è un mare oceano di criteri e di variabili … esiste anche una valutazione ex ante e una ex post che misurano la ricaduta e la percezione esterna di un’azione, di un progetto agito … prima nelle intenzioni dell’agente e poi nella ricezione dell’utenza … nonostante l’evidente differenza qualitativa con gli spessorati progetti precedenti e rubricati all’unanimità come tali.

Cosa ho detto? … ma … augh! … ho detto qualcosa che sta in terra.

Ritornando a Beirut … se così non fosse … un gruppo che dovesse “indovinare” due incisioni di altissimo cesello dovrebbe abbandonare l’oreficeria e tornare a raccogliere olive sulle colline della Valle del Neto nella convinzione dell’inutilità dell’insistenza. Ogni disco nasce con una sua espressione, diventa un atto unico e irripetibile, testimonianza di quella fase … un po’ come la prole per i generanti … diversi, prodighi o no … ma con un DNA similare che rimanda al grande creatore.

Rispondi Maradé e resta sul pezzo! ... a buon rendere.

Filippo Maradei, autore, alle 12:28 del 2 settembre 2011 ha scritto:

RE: For Maraday only ... facciamo finta …

Certo che rispondo, anche in via definitiva e non ipotetica, se vuoi. "The Rip Tide", tolti di mezzo gli altri due album, rimane la siesta a tutti gli effetti. E ti chiederai: ma di fronte a tanti altri album mediocri del genere, come può non illuminare il mondo anche solo con la fiammella di una candela? Perché manca Beirut ai Beirut, mancano le orchestre, le fanfare, le parate, la malinconia di Brandeburgo e le cartoline dall'Italia, manca il mandolino e gli ottoni al gran completo, manca la voce tremula e grigia à la Matt Elliott, mancano i controtempi delle percussioni... adesso ti sfido, ascolta solo le prime quattro tracce di "Gulag Orkestar" e dimmi come può non esserci il confronto. Non ogni disco nasce come espressione a sé, ma ogni gruppo; e bisogna seguirli, sentirli e valutarli nel loro cammino, nelle loro evoluzioni e involuzioni, come un bambino, quando cade e quando corre felice e nudissimo.

salvatore (ha votato 8 questo disco) alle 14:36 del 2 settembre 2011 ha scritto:

Primo: complimenti a Fil! io personalmente trovo molta difficoltà a decifrare i commenti di Ian, ma io ho un cervello a mezzo servizio quindi sono esonerato.

Secondo: anche a me riesce difficile considerare un lavoro non considerando la precedente produzione di un artista, ma (e continuo al terzo punto)...

Terzo: Viene a mancare la malinconia di Brandeburgo (ma solo qua e là) e si palesa una malinconia universale altrettanto sublime, viene a mancare la cartolina dall'Italia (ma di quella ne ricevi una in tutta la vita), viene a mancare (a questo punto un bel R.I.P. ci sta tutto) la voce tremula e la stessa voce si mostra intima, fragile e disarmata (slurp!), vengono a mancare mandolini, ottoni e orchestre, per lasciare spazio alla sostanza della canzone, denudandola e mostrando il suo corpo perfetto. Io dico, ma credo di averlo sentito da qualcuno, anzi sono quasi sicuro di averlo sentito da qualcuno, ma se così non fosse, pace, che una bella canzone è una bella canzone anche col solo accompagnamento di una chitarra o di un pianoforte.

gull (ha votato 6 questo disco) alle 20:12 del 2 settembre 2011 ha scritto:

Io la penso esattamente come Filippo e Fabio. Anche in merito all'unico pezzo che regge il confronto con il passato (la title-track).

Per il resto, non capisco quest'ansia di semplificazione, di sottrazione, di normalizzazione che ha colpito anche il buon Zach.

Un dischetto anche piacevole, ma distante dallo spessore emozionale che mi aveva tanto colpito.

Harlan1985 (ha votato 5 questo disco) alle 22:02 del 2 settembre 2011 ha scritto:

Noia

A parte il fatto che, come fabfabfab, quando parte "A candle's fire" non riesco a non sentire il pezzo dei Creedence, trovo Beirut e in particolare questo disco di una monotonia mortale. A me pare che manchi il songwriting, e non basta qualche tromba, trombetta o trombone per mascherarlo. Ho letto in giro che viene paragonato a Sufjan Steven: be', date a quest'ultimo una chitarra e tira fuori "Casimir Pulaski Day". Beirut che fa? Sopravvalutato.

Harlan1985 (ha votato 5 questo disco) alle 22:03 del 2 settembre 2011 ha scritto:

RE: Noia

Sufjan Stevens, naturalmente...

Giuseppe Ienopoli (ha votato 10 questo disco) alle 11:19 del 3 settembre 2011 ha scritto:

The Rip? … Time out!

Inossidabile Maradei ormai sai dove colpirmi … davanti a un bambino nudissimo che corre felice chiunque si blocca estasiato e cede il passo al nuovissimo che avanza veloce … ecco potrebbe essere questa un’altra chiave di lettura di Rip … un disco di transizione senza paramenti … sperimentale per la rinuncia alla solita artiglieria ottonata … se sei arrivato in vetta che fai?! … o ti butti giù oppure butti l’occhio sui rilievi circostanti, scegli un’altra cima accattivante e riparti per la scalata che non sarà uguale alla precedente … all’inizio basteranno imbracature leggere e la solita piccozza … poi per la parete ripida ci vorrà dell’altro e i veri scalatori lo sanno. Non sarà la prima band che abbandona i vecchi tratturi per (?) … e se avessero subito un pignoramento giudiziario dei metalli musicali??!! … e se più semplicemente li avessero mandati a lucidare? … lo scopriremo solo vivendo.

Bene … comunque sia, io sono rimasto piacevolmente colpito dalla coinvolgente atmosfera generale del Ripmorfeo***** per me nuova assieme a quella di Loch&Noah … sempre sia lodata SdM***** e bravi voi tutti che la sostenete facendola giorno per giorno … e poi … si adattava perfettamente a fare da colonna sonora al mio cortometraggio muto e giovanile … sono andato a navigare nella discografia Beirut col tom tom Maradei e i conti tornano … la cartoline dalla Calabria, Brandeburgo … tutto coincide e ne sono felicissimo, avrò di che metabolizzare … ormai faccio parte pure io del Beirut Fan Club … però, un po’ alla Salvatore che condivido nell’analisi e mi perdonerà per “l’ermetismo geroglificato” ma involontario, ho capito quasi niente dell’estetica sonora di Gulag singolo … mi sbaglierò di nuovo ma vi si respira un’aria cadenzata da pompe funebri (lo confesso … mi sono toccato …) con tanto di salma imparentata e di amici contriti al seguito con le donne in nero integrale e lamenti di circostanza inclusi … e da questo non mi schioderò, a meno che non mi diciate che è realmente la rappresentazione di un funerale di paese (!?) … mi chiedevo infatti cosa si dicesse nel breve inciso cantato … boh (?) … forse è il parroco officiante.

Finale Ian … chiedo il controllo doping per il milanista (?) Maradei … è troppo forte!

Giuseppe Ienopoli (ha votato 10 questo disco) alle 1:25 del 6 settembre 2011 ha scritto:

The Rip Tide in sciopero?!

Tutto Ok? ...

Giuseppe Ienopoli (ha votato 10 questo disco) alle 22:14 del 6 settembre 2011 ha scritto:

Cum sine verba essem cito.

Citazione testuale e adattata:

- Insomma, quando il nostro recensore di città preferito si dà alla siesta, non ci resta che assecondarla ... -

Filippo Maradei, autore, alle 0:24 del 7 settembre 2011 ha scritto:

Mi sveglio dalla siesta solo per bere il mio thè freddo e dirti qualche parolina sghemba, Ian: più che scalata a una vetta sconosciuta, mi sembra un ruzzolare bianco e tondissimo; la valanga è scongiurata, ma l'atterraggio non è dei più felici comunque. Purtroppo per i Beirut, quando si sottrae (lavoro non di pulizia, ma d'impoverimento, il loro) i numeri in gioco cambiano, ma in negativo. Qui mancano idee e capacità compositive, inutile girarci intorno... e se questo significa avere un po' di felicità sparsa, beh rivoglio la mia malinconia funebre (giustissima la tua osservazione estetica su "Gulag Orkestar", tutto Euripide ai tempi delle "troiane").

Giuseppe Ienopoli (ha votato 10 questo disco) alle 17:16 del 7 settembre 2011 ha scritto:

Sei tu o sono io il capatosta calabrese??!

… se puéde Pedro, se puéde … il risveglio con il thè freddo rimanda ai due messicani estivi in siesta pubblicitaria … dormi pure tranquillo e asciutto … se ci si accapiglia anche per i dischi il mondo sarà popolato da calvi e i parrucchieri per sbarcare il lunario diventeranno tagliatori di teste!

In verità ti dico che un giorno The Rip***** ti piacerà … magari devi solo aspettare di trovarti anche tu post naufragio Titanic-o su di uno scoglio “vespero” con gabbiano cenerino e senza Rosy … e avere bisogno di una musica recensita male! … ma tu eviterai rigorosamente di farlo sapere in giro e tanto meno a me.

Ar-ringhio così … pacatamente e poi mi rimetto alla clemenza della corte.

Mi par di capire dalla giudicanza stellare che ogni Beirut che si rispetti abbia quattro o cinque diamanti caratati e il resto sia zirconato … se questo è … anche in Tide il buon Zach***** è in regola con l’abbonamento al suo cliché abituale … ebbene sì … abbiamo i quattro pezzi jewels: 1) A Candle’s Fire 2) East Harlem 3) The Rip Tide 4) Vagabond … e per i poteri conferitimi dallo Stato aggiungerei anche … 5) Payne’s Bay e Port of Call … se tanto mi da tanto siamo a posto … almeno quattro stelline più piccoline del solito non si possono negare,su … cribbio!!

… chissà cosa pensa Lezabeth Scott**** di The Rip? Aspettiamo in maestatis e con impazienza la sua quota … le dovrebbe piacere molto … mi sembra confezionato su misura per lei … musica ad effetto “sasso nello stagno” … melodie a cerchi concentrici in espansione … e danze di libellule turchine in ogni dove.

Usuale P.S. … evita di fare l’imperatore romano con il pollicione versus e Addio … *Aggiove bel gladiatore balcanicus … per contrappasso alighierico potrebbe invertirsi la situazione e allora … “Ave Caesar! … recensuri te salutant!” … ite Maradeus … ormai missiva est in latino … a proposito il new Ian me gusta muchissimo … fa tanto Jethro Tull*****+* e io adoro … fermo! … non mi rompere anche questi!

Giuseppe Ienopoli (ha votato 10 questo disco) alle 19:47 del 7 settembre 2011 ha scritto:

Notifica di smarrimento

Nella catalogazione dei jewels mi sono dimenticato di Santa Fe ... pertanto i diamanti puri passano a cinque ... ma allora di che stiamo parlando!? ... salutiamo il disco più bello dei Beirut!!

Giuseppe Ienopoli (ha votato 10 questo disco) alle 13:10 del 16 settembre 2011 ha scritto:

Maggioranza assoluta

... chi tace acconsente!?? ... sono tutti d'accordo con Ianuapolis tranne me!

REBBY (ha votato 6,5 questo disco) alle 10:10 del 21 settembre 2011 ha scritto:

A parte la ormai quasi definitiva scomparsa della "componente balcanica", che tanto aveva caratterizzato in particolare il primo sorprendente album, a livello di songwriting e soprattutto di melodie, a mio giudizio, non è che siamo poi così distanti dal solito Beirut. Sono più che altro gli arrangiamenti, oggi più scarni o meno pomposi, ad essere cambiati nel corso dei suoi tre LP. La direzione, come già detto da altri, è quello di uno spostamento progressivo della barra dal folk, talvolta quasi etnografico, al pop, pur sempre di ispirazione principalmente mariachi. Nel complesso lo trovo disco piacevole con due chicche: la title-track e Santa Fè. Ah il voto, io sarei per un 6,492813 eheh

Giuseppe Ienopoli (ha votato 10 questo disco) alle 12:34 del 21 settembre 2011 ha scritto:

Con serietà ed applicazione l’alunno supera il maestro

Lezione/lozione … ecco la dimostrazione pratica e inconfutabile senza trucco e senza inganno di funzionamento ineccepibile del marchingegno docimologico da noi proposto alla macchina pubblicitaria – avvicinatevidonneavvicinatevi!! - … il disco prima della cura: The Rip Tide 6/10 *** … il disco dopo la cura: The Rip Tide 6,492813/10***,°°°°°° … il colpo d’occhio, il gusto, la libido e la ricrescita del valutatore e, immancabilmente noi con lui, sono evidentemente aumentati … più folto appare il crine nella zona occipitale con imminente necessità di codino dandy e pericolo reale di forfora “mariachi” … esperimento riuscitissimo e al di sopra di ogni più rosea aspettativa.!! Si è altresì capito cosa effettivamente mancava a The Rip per avere i numeri del capolavoro … mancavano i numeretti e adesso li ha con tanto di virgolaghignata!! … con questa tifoseria diventerà presto patrimonio dell’umanità come qualcuno ha già profetizzato … questa volta si finisce in gloria ma senza esclamativo, soprattutto senza rancore e con autentico allegro ma non troppo divertissement per la freddurina fuori stagione … ah … ah = ahah.

Giuseppe Ienopoli (ha votato 10 questo disco) alle 14:38 del 21 settembre 2011 ha scritto:

... non stiamo qui a smacchiare i giaguari!!

... "la ricrescita del valutatore e, immancabilmente noi con lui," ... prima della cura ... "la ricrescita del valutatore, e immancabilmente noi con lui," ... dopo la cura.

REBBY (ha votato 6,5 questo disco) alle 17:32 del 21 settembre 2011 ha scritto:

Io, Giuseppe, da ragazzo mi divertivo con un altro Maurizio (Ferrini), lungocrinito come me eheh quindi: Lo dice il ragionamento stesso, non capisco ma mi adeguo.

Giuseppe Ienopoli (ha votato 10 questo disco) alle 0:39 del 22 settembre 2011 ha scritto:

C'era un ragazzo ...

... puoi farcela ancora ... a divertirti intendo ... poi non è importante capire quello che scribacchio io ... sai tante cose di tuo senza doverti adeguare ... su fatti forza! ... per il resto stai tranquillo ... a Maradei non riferirò mai che The Rip Tide ti piace più di quanto dici. In gamba eh! ...

REBBY (ha votato 6,5 questo disco) alle 8:32 del 22 settembre 2011 ha scritto:

"diventerà il mio tormentone of september"

Non si può dire che non ci avevi avvisato. "Abbiamo le mani legate", "Ci sono cose che non si possono dire". eheh

Giuseppe Ienopoli (ha votato 10 questo disco) alle 11:22 del 22 settembre 2011 ha scritto:

October è alle porte!

Non potevo immaginare … i problemi effettivamente ci sono e sono più gravi di quanto pensassi … prova a parlarne al parroco del tuo paese … fammi sapere comunque, non lasciarmi senza nuove … magari per iscritto e in codice … fai finta che parli di Rip, Zach, Zapotec, Sufjan, Goshen, Headstrong today, I’ve been Headstrong ad libitum … io capirò o mi adeguerò.

REBBY (ha votato 6,5 questo disco) alle 11:42 del 22 settembre 2011 ha scritto:

"io capirò e mi adeguerò"

U t t'hannu mai cridutu e mancu mo ti cridunu, e a genti si cumporta come si tu u ci fussi. Nuntereggaepiù, ma il cielo è sempre più blu. "...quando chi mantiene un sorriso cogli questo suo paradiso...". "Beati i bulli di quartiere perchè non sanno quello che fanno".

Giuseppe Ienopoli (ha votato 10 questo disco) alle 15:25 del 22 settembre 2011 ha scritto:

Sull’orlo di una pesante crisi o l’insostenibile leggerezza dell’essere?!

Come calabrese sei (tu) poco credibile e da sottotitoli … comunque bravo! (eheh … ) da Manzoni! … hai colmato una lacuna di SdM recensendo Rino***** … siamo gente generosa e tollerante noi … per ripagarti “adeguatamente” ti farò avere una foto con dedica autografata di Miss Italia*****+* … per assonanza, a Sinopoli sono cittadino onorario … la potrai appendere in bella vista nella tua cameretta e fare pensierini più languidi. Per oggi riposati … rilassati con 5 ascolti no stop di The Rip Tide volume 6,492813 dopo la merendina pomeridiana … “riguardati” … il tuo specchio non io ti dirà che sei sempre il solito e uguale solo a te stesso! … tutto sommato una garanzia ... paisà!

REBBY (ha votato 6,5 questo disco) alle 15:41 del 22 settembre 2011 ha scritto:

"poco credibile e da sottotitoli"

Roger. Te la devi prendere col Sig. Antonio Buscema, avendo io usato le sue parole (Poesie crotonesi - Quannu ti viju mpinnutu a chista cruci...). Passo e chiudo.

Giuseppe Ienopoli (ha votato 10 questo disco) alle 15:51 del 22 settembre 2011 ha scritto:

Tutto passa!

...!

Giuseppe Ienopoli (ha votato 10 questo disco) alle 18:22 del 6 ottobre 2011 ha scritto:

Di ritorno dalla necropoli dei vivi e della retorica … che sollievo i colori!

Maradei19!! … non ho mai invidiato alcuno e tu, come al “solito”, ti classifichi primo! ... sarai con Zach in Romebeirut e io no!! … sarebbe stato bellissimo poter dire “e io con loro e con la mia fedele handcam” … unica consolazionesadica … dovrai sorbirti almenosperosicuramentesaràcosì quasi tutto The Rip Tide live! … gongolerò ma con trista invidia raddoppiata. Rappresentami ti raccomando … informa Zach della mia esistenza in ammollo alla Cerri … digli pure che al mio paese c’è una banda scalcinata e zapoteca da zachteca … se vorrà castingzzarla come merita allerterò il sindacoconlafasciaincorporata all’ingresso principale … pagheremo le spese di trasferta ovviamente e in più una fornitura annua di peperoncini BdS-Kr red fire! … tali da scatenare on the witty Seadei un prossimo reczumami altro che una “bassa marea” da risciacquo d’olive brown!! … lucky man mandami almeno una personalized postcard from Beirut Animal Social Club! … la metterò sotto il lingottone SdM-Xmas e sarà tutto, senza falsa retorica, very very white!

Giuseppe Ienopoli (ha votato 10 questo disco) alle 23:14 del 6 ottobre 2011 ha scritto:

Mi devi una spiegazione!

Maradei sei un imbroglione! ... un'ora fa mi ha chiamato personalmente Zach e ha categoricamente smentito che sarà a Roma per il 19! ... abbiamo pure discusso della tua recensione di The Rip Tide e mi promesso che non verrà più nella Capitale se non gli porgerai pubbliche scuse! ... adesso regolati di conseguenza!

Filippo Maradei, autore, alle 23:45 del 6 ottobre 2011 ha scritto:

RE: Mi devi una spiegazione!

Ehmmm... ma io non ho detto niente! XD

Giuseppe Ienopoli (ha votato 10 questo disco) alle 10:38 del 7 ottobre 2011 ha scritto:

Recensori stitici!

… non te la puoi cavare così a buon mercato e con la “solita” faccina XD … intanto becchi un provvisorio 2 scolastico in logica dell’informazione (materia fondamentale del tuo piano di studi) … poi spero che il 19 per giusta punizione sarai in prima fila c/o l’Animal … immagino che la chamber flaming sarà addobbata a crisantemi e con incensi in ogni dove … scusa Filippo … che tu sappia è di rigore anche l’abito scuro? … da parte mia, a parziale risarcimento, non ti leggerò con biasi(m)o per 19 giorni a partire da oggi!!

Giuseppe Ienopoli (ha votato 10 questo disco) alle 1:33 del 5 dicembre 2019 ha scritto:

- Cosa racconteremo di questi cazzo di anni... DIECI? -

... molto dipenderà dal livello di loquacità di ognuno, ma facciamo che in elenco ci siano i Beirut ... !