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R Recensione

6/10

Afterhours

Hai paura del buio? (Remastered and Reloaded)

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La bella grandezza

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Hai paura del buio? è certamente uno degli album italiani più belli degli ultimi vent’anni. Checché se ne dica, fu uno shock che ho vissuto personalmente per tempo, con capacità di intendere e di volere, a Milano, quella Milano che si apprestava a bere gli ultimi suoi sorsi piena zeppa di quei giovani d’oggi  così lucidamente descritti da Manuel Agnelli proprio in quest’album. A distanza di 17 anni dalla sua uscita (come passa il tempo!) gli Afterhours ed annesso macchinone produttivo (oggi la major Universal, allora fu la giovane Mescal di Ligabue) lo pubblicano nuovamente con una veste che solitamente si tributa ai classici della musica. Il disco originale è rimasterizzato e contiene le 19 tracce della vecchia versione più Televisione, il brano inedito contenuto nel best of del 2008. Oltre a questo disco è poi presente una versione-carrozzone dell’album dove gli stessi brani sono interpretati da diversi artisti, italiani e stranieri, tutti a diverso titolo legati alla carriera umana e artistica della band, dagli Afghan Whigs (all’epoca i paragoni con la band di Greg Dulli si sprecavano) che reinterpretano Male di Miele (la Smells like teen spirit italiana) ai protagonisti dell’ultima (Marta sui Tubi, Le Luci della Centrale Elettrica, Ministri, Il Teatro degli orrori) e ultimissima (Luminal) scena alternativegoesmainstream italiana. Ma c’è di più e nel tentativo di lanciare in mare una rete enorme tale da acchiappare quanti più pesci possibili, ci sono puntate nel mainstream più limpido (i Negramaro che interpretano Rapace) come delle vere e proprie chicche per appassionati quali Mark Lanegan che fa sua Pelle, in un italiano perfetto e quel mito di Damo Suzuki che s’inventa una nuova Hai paura del buio dando una veste free jazz/jazzcore all’ intro del disco.

La cosa migliore la fanno però (e non avevo dubbi) i Bachi da Pietra, ai quali viene affidato il brano secondo me più bello dell’album, Punto G, che viene reinterpretato da Succi e Dorella proprio come era lecito aspettarselo. Ed è un gran sentire. Coro quasi gregoriano ad introdurre la voce cupa, forte e rauca di Succi, ritmo rotondo, roboante e fluido di Dorella, chitarra elettrica sporca che amplifica nel rumore ogni piccola sfumatura sonora, Agnelli a fare il coro, fino al finale epico ricamato dal violino di Rodrigo d’Erasmo. La seconda cosa più bella, è la versione (in questo caso esclusivamente sonora, solo dei cori sul finale di Agnelli) di Questo pazzo pazzo mondo di tasse affidata alla Fuzz Orchestra e alle vorticose gestualità elettro sonore di Vincenzo Vasi, il mago del theremin, conosciuto per l’attività al fianco di Vinicio Capossela. Terzo momento da segnalare, la versione stravagante e singolare di Elymania affidata ai bravi Luminal.

Le manie di grandezza, in gran parte giustificate, degli Afterhours non nascono certo oggi, ma se non altro con questo disco il loro ruolo di protagonisti e supervisori dell’underground (e non solo) italiano (e non solo) se lo certificano addosso. Se il paragone con una terza puntata di un festival di Sanremo versione alternative ma non troppo potrebbe risultare offensivo, dico allora che è sembrato di assistere all’ascolto del prossimo concertone del primo maggio (gli artisti sembrano scelti dalla direzione artistica di  CGIL, CISL e UIL, manca solo Caparezza, c’è però ancora, in coda, Piero Pelù) dedicato alla memoria dei sempreverdi (ma soprattutto, sempre attivi) Afterhours. E’ sempre bello quando si pubblicano nuovamente dei classici della musica, specie se arricchiti e restaurati. Forse però poteva passare qualche anno ancora prima di autocelebrarsi con cotanta grandeur. Comunque la pensi io però, sarà un successo. E tutto sommato, ci può anche stare.

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