Amor Fou
I Moralisti
Chi sono, e soprattutto, cosa “sono” i moralisti nel paese del monarca-papi, dei Papi-monarchi assoluti in stato “laico”, delle mafie che incancreniscono il tessuto sociale, del clientelismo sfrenato, dei furbi e dei corruttori, del “fotti tu, che fotto anch’io”? Sono i sopravvissuti alle macerie morali che circondano il nostro quotidiano, siamo noi che ogni tanto proviamo ad alzare lo sguardo da terra, cercando di non calpestare escrementi e poltiglia di qualsiasi valore etico sistematicamente distrutto. In quest’Italia canaglia e profondamente a-morale conservare un idealismo puro e libero dai compromessi è oggi quasi un azzardo, un atto di coraggio, un lanciarsi col paracadute e (parafrasando Celine) “avere più pena della propria istruzione”.
I milanesi Amor Fou tornano a distanza di tre anni dall’esordio “La Stagione Del Cannibale” con un concept di neo-realismo contemporaneo intitolato (appunto) “I Moralisti”. Ne avevamo bisogno? Tantissimo. I testi e la voce di Alessandro Raina scavano nell’ipocrisia e nelle zone grigie di storie italiane e, perciò, a volte impunite, drammatiche, ambigue. In una parola, “nostre”.
“Oggi mi dedicherò ad un pensiero unico
che ti liberi da tutto il male e dal potere…
Accettare di non avere sempre voglia di sapere
perché duri solo un minuto la bellezza delle cose…”
Sono storie vicine, familiari e tremendamente reali per poterle ignorare. E i personaggi che abitano questo campionario attuale, e anche crudo, della penisola sono un mosaico potente, uno specchio necessario come lo erano le facce dei perdenti, i mediocri e le puttane delle borgate pasoliniane. Liriche e musica sono spesso un tutt’uno che colpisce al cuore: il prete che rinuncia a un amore-gay impossibile (la straordinaria “Un Ragazzo Come Tanti”, figlia di Tenco), il ritratto criminale tra potere e redenzione nella wave d’autore tendenza National di “De Pedis” e le cicatrici di un’anima tormentata (“Le Promesse”).
Oggigiorno non si usa più “raccontarci”, il cantautore socialmente utile è morto, il cantautore è Morgan cocainomane nel tribunale di Vespa, e la società civile è oppressa e ostaggio della pornografia televisiva. Gli Amor Fou di Raina, Leziero Rescigno, Giuliano Dottori e Paolo Perego hanno, invece, realizzato quel piccolo capolavoro di sintesi autoriale che pochi nel deserto rock italiano aspettavano. Un lavoro di rara suggestione, complessità e coesione. Un’opera di cui probabilmente parleremo tra anni.
Oltre il pop-borghese e musicalmente innocuo dei Baustelle, qui è la carne viva tra post-punk, dark, melodismi retrò e cantautorato doc a marcare la differenza, a definire la cifra stilistica degli Amor Fou e metterli un gradino sopra gli altri. Se il singolo “Peccatori In Blue Jeans”, con quel suo ritmo-beat anni ’60, è la pseudo-filastrocca destinata a fare audience, impressionano lo slancio prog-psichedelico negli 8 minuti dell’evocativa “Filemone E Bauci”, i grotteschi nastri al contrario dello strumentale “A.T.T.E.N.U.R.B.” (dedicato al circense ministro della pubblica amministrazione), il folk-rock de gregoriano che incontra i Wilco in “Cocaina Di Domenica” e il cupo incedere Cure di “Dolmen”.
Una bambina recita alcune frasi di Sandro Penna nel finale de “I Moralisti”: parole di speranza pronunciate da un’innocente, parole “importanti”, che hanno un peso, che vibrano dentro. I moralisti giudicano un mondo che ormai non gli appartiene. I moralisti indossano maschere e speculano su valori abortiti. “I Moralisti” degli Amor Fou ha l’essenza dei veri capolavori.
“Dacci la gioia di conoscer bene / le nostre gioie, con le nostre pene”
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